di Barbara Vaglio
Metti un salentino a tavola e capirai quanto il pranzo rientri nella categoria “rituale”, con tanto di pietanze e lieta goliardia.
Come per ogni regione o area geografica d’Italia ben delineata da usi e costumi, anche il Salento ha una fitta rete di tradizioni e ricette che di nonna in nipote passano come prezioso dono o eredità.
Durante l’estate salentina, si sa, il ritmo delle sagre è così cadenzato da assumere le sembianze di una danza, i piedi si muovono spontaneamente, poi saltellano fino a farsi trascinare di buon grado come nelle balere più colorate e briose.
Dalle piazze dei paesini, fulcro delle sagre, i tavoli e gli stand si presentano affollati, c’è chi attende il suo turno in fila e chi si rallegra per una porzione generosa di pittule e polpette. La festa non si esaurisce con il finire dell’estate, la danza forse rallenta un po’ e si sposta all’interno, nelle case.
Sono numerosi i piatti salentini degni di nota e d’assaggio, si volesse creare una traccia emozionale sarebbe facile dire quale pietanza curi il mal d’amore o spazzi via il malumore, quale altra infonda energia anche in un vecchietto.
E proprio pensando ad Epicuro, a quanta importanza avesse il cibo nella vita umana e la sua incidenza sullo stato di salute, occorre tramandare con riserbo i piatti della tradizione che gelosamente qualcun altro ha custodito fino a noi.
Per il Salento ecco una summa dei suoi piatti forti, delle sue chicche, in un’infografica redatta da Nelsalento. Dai piatti tipici come “le fave bianche e le cicorielle selvatiche” o “lu purpu alla pignata” ai cibi di strada da consumarsi sciuè sciuè come il rustico e la puccia leccese, per finire con i dolci tra mustazzoli, pasticciotti, cupeta e spumoni e con i vini Primitivo e Negramaro, è tutto un trionfo di gusto di cui bearsi beatamente (passi la ripetizione).
in Cultura
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