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"Immigrazione e terrorismo"

migrantiNicole Lynn Mansfield, 33 anni, nata in una famiglia battista di Flint, nel Michigan, e morta in Siria al fianco dei ribelli. Michael Adebolajo, 28 anni, nato a Londra, oggi in carcere per aver ucciso un soldato britannico inneggiando ad Allah. I fratelliTsarnaev, nati in Cecenia ma vissuti negli Stati Uniti fin dall’adolescenza, autori di un clamoroso quanto indiscriminato attentato alla Maratona di Boston.
Sono tutti ragazzi giovani e occidentalizzati, di seconda o terza generazione d’immigrati, che in comune hanno solo la volontà di modificare radicalmente la propria vita, forse alla ricerca delle proprie origini o forse nel disagio di non sentirsi integrati nella comunità che li ha adottati. E che, improvvisamente, attraverso la violenza trovano uno scopo o meglio uno sfogo a quel bisogno di ribellarsi, comune ai giovani di tutto il mondo.
Il terrorismo è comunicazione, interesse, opportunità, dinamicità. Posti questi aggettivi nella definizione è possibile studiarlo, analizzarlo, scompattarlo e combatterlo. Si è scoperto, che la radicalizzazione del soggetto è dovuta ad una mancanza della nostra società. Cani sciolti che per motivazioni personali autogiustificano i loro gesti e trovano nel movimento islamista un gruppo dei pari, un mezzo utile a coprire con l’ideologia motivazioni personali nate nelle nostre strade. Stiamo assistendo ad un mutamento, non più terroristi immigrati, “diversi”, in parte riconoscibili da tratti caratteristici da cercare nella miriade di dati raccolti e di fonti all’opera. Ma giovani costituenti la nostra società, indicatore di un parziale stravolgimento del fenomeno dovuto anche alla incapacità della realtà di riferimento di accettare, integrare e valorizzare culture diverse.
In tutto questo la rete, i social network e i canali informativi online arrivano ad avere un’importanza fondamentale: ponte di collegamento per gli indecisi, mezzo di informazione utile all’auto radicalizzazione, sito di formazione per veicolare i propri problemi. In un articolo del 28 maggio del Ministero dell’Interno riguardo ai flussi migratori verso l’Europa, nel quale il Ministro Alfano ha ribadito che l’obbligo di accogliere le persone che chiedono protezione fuggendo da condizioni di vita drammatiche nei loro paesi è soprattutto un obbligo dell’Europa come soggetto politico e istituzionale, e non di un singolo Paese.
Di fronte ai quasi 40.000 sbarchi registrati nei primi 5 mesi dell’anno, e alla previsione che «il trend migratorio sia in crescita», anche a causa della maggior instabilità politica del Nord Africa e della situazione di frammentarietà in Libia, Alfano chiede alla comunità internazionale di «farsi carico di andare in Africa per fare l’accoglienza primaria in loco, prima che i richiedenti asilo, partano».
Il rischio che alcuni esponenti di Al Qaeda si nascondano fra i disperati che approdano sulle coste della Sicilia è ormai cosa più che reale: uno dei leader della jihād in Africa, Ibrahim Harun Adnan, è stato infatti catturato a Lampedusa ed estradato negli Stati Uniti.
secondo le analisi delle agenzie occidentali di intelligence Harun Adnan è uno dei leader dell’integralismo islamico in Africa. La missione del terrorista risale all’estate del 2011. È il 24 giugno quando Harun Adnan viene fermato appena sceso da un barcone di migranti approdato a Lampedusa e proveniente dalla Libia. Gli investigatori si rendono subito conto di avere catturato un personaggio di rilievo. Il caso viene affidato alla Procura antiterrorismo di Palermo e agli investigatori della Digos. I magistrati siciliani formulano nei suoi confronti l’accusa di terrorismo internazionale. Harun passerà da un carcere siciliano all’altro, per poi essere trasferito nella casa circondariale di Benevento. Agli operatori della Digos, Harun ricostruisce la sua carriera nel mondo jihadista. Il suo battesimo del fuoco sono i campi afgani. Harun Adnan appartiene alla prima generazione di qaedisti. Sui campi di addestramento circondati dalle montagne afgane è presente già prima dell’11 settembre 2001. Agli investigatori racconterà ogni dettaglio della sua militanza nelle rete fondata dallo sheik Bin Laden.
Adnan ha raccontato di volere organizzare un attentato a Roma. Nel 2012 è stato estradato negli Stati Uniti. Ma una volta finito oltreoceano, su tutto quello che lo riguarda è scattato il segreto di Stato.
L’accoglienza a queste donne ed uomini rimane una necessità morale, bisogna però soffermarsi a non rinunciare mai alla protezione e alla sicurezza del popolo italiano.
Vincenzo Priolo

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Written by Vincenzo Priolo

Vincenzo Priolo è nato ad Agrigento il 5 dicembre del 1981. È laureato in scienze politiche e delle relazioni internazionali e ha frequentato nella sua carriera svariati corsi di specializzazione in materia di Sicurezza e Difesa. Ha maturato esperienze notevoli e di responsabilità in settori pubblici e di rappresentanza. Coordina il magazine Yepper fondato sulla base del giornalismo partecipativo. Ama viaggiare, cucinare ed intrecciare nuovi rapporti di collaborazione e amicizia con persone di altre culture e religioni.

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