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L'agente immobiliare? L'altra faccia della medaglia… La mia versione

Ormai é all’ordine del giorno. C’è poco lavoro, il posto fisso è un sogno fruibile da pochi eletti con tanti santi in paradiso e per migliaia di giovani costruirsi un futuro è un po’ come fare una cinquina al lotto. Difficile? No praticamente quasi impossibile. Se no avrei certamente detto “un terno al lotto”! Ma in tutto questo è sempre importante rimanere attivi, in gioco. Tra alti e bassi qualunque essi siano.
Come già detto nell’apposita rubrica, il lavoro di agente immobiliare può dare grandi soddisfazioni, forti guadagni, ma prevede anche impegno, costanza e tanti sacrifici. È un lavoro atipico come tantissimi altri. Di base si guadagna poco e si lavora tanto, il timore è sempre quello di non riuscire a fare a pari, una volta arrivato il “fine mese” (quando incalzano spese, conguagli e si tirano le somme tra guadagnato e speso, ndr).
Certo, detto così fa molta paura, scoraggia esageratamente. Sono certo che attireró le ire funeste di tanti lettori – soprattutto quelli più indignati col “sistema” proponendo la “mia versione dei fatti”, ma purtroppo o per fortuna la mia esperienza personale non è altro che positiva.
Arrivo a Firenze e inizio a lavorare come magazziniere in un negozio di accessori. Un contratto di tutto rispetto, considerato che si trattava di un apprendistato a 3 anni, i classici 1000 euro, ma per fortuna con tredicesime, quattordicesime e contributi e tutto il resto. “Di tutto rispetto” in confronto a quanto offerto in genere di questi tempi. Il problema vero e proprio è che il datore di lavoro usa molto spesso questo “vantaggio” come arma a suo favore. E così al minimo errore partono gli insulti, ti fanno sentire in colpa, “c’è un sacco di gente che farebbe carte false per avere il tuo posto…” et cetera et similia. Amen… Fortunatamente non ero in quella condizione, lavoravo in un gruppo di persone molto affiatato e non potevo lamentarmi. Ma sono stato costretto per svariati motivi a lasciare tutto.
Scarseggiando i fondi, era davvero difficile ritrovare un posticino che garantisse una stabilità simile al precedente. Anzi era diventato impossibile. Unica soluzione? Reinventarmi! E così ho pensato a quei ruoli che tantissima gente non vuole ricoprire a causa del pregiudizio di “troppo lavoro sottocosto” e l’impossibilità di futuro e crescita.
Non so voi, ma a distanza di tre anni e mezzo, posso dirmi soddisfatto (e anche pienamente) di quel che faccio. Ho imparato un mestiere, caratterialmente ho smussato tanti aspetti, ma cosa tanto più importante, posso con orgoglio andare fiero della mia crescita personale e professionale. Tanto è dovuto anche e soprattutto al mio capo e i miei collaboratori, un team affiatato e vincente, che tutto hanno fatto tranne che “demotivarmi”. E ultimo ma non meno importante, mi ha dato da mangiare!

Purtroppo il posto fisso ormai è un miraggio. La realtà la sappiamo in troppi ma “ci va bene così”. Non posso dar torto al ministro che ci definiva choosy, effettivamente ce lo meritavamo tutto. Ci fa comodo stare a nanna fino a tardi, a casa da mamma e papà e poi “rappresentare il popolo dei precari” lanciando in piazza due fumogeni, bruciando cassonetti e mettendo a ferro e fuoco interi quartieri. Non lamentiamoci, il precariato esiste e poco possiamo farci. Reinventiamoci! Male che va ci avremo provato, ma comunque sia andata sarà stato un successo! Ovviamente senza annullarsi e annichilirsi. Ma un po’ di buonsenso ci aiuterà a sfruttare la situazione per quella che è, traendone solo i vantaggi. Un po’ di ottimismo non guasta mai. E anche di coraggio…

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