in

9 maggio: Mussolini annunciava la nascita dell'Impero

Il 9 maggio del 1936, Benito Mussolini proclamava la sovranità italiana sull’Etiopia con queste parole: “Ufficiali, sottufficiali, gregari di tutte le forze armate dello Stato in Africa e in Italia, camicie nere della rivoluzione, italiani e italiane in patria e nel mondo, ascoltate! Con le decisioni che fra pochi istanti conoscerete e che furono acclamate dal Gran Consiglio del Fascismo, un grande evento si compie: viene suggellato il destino dell’Etiopia oggi, 9 maggio, XIV anno dell’era fascista. Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente e la vittoria africana resta nella storia della patria integra e pura come i legionari, caduti e superstiti, la sognavano e la volevano. L’Italia ha finalmente il suo impero!”.
L’Italia aveva dunque il suo impero: l’Etiopia andava ad aggiungersi ai possedimenti coloniali conquistati in precedenza, ovvero i territori corrispondenti alle attuali Libia, Somalia ed Eritrea. Si trattava di un’enorme estensione di territori, ma di scarso valore economico e acquisiti a caro prezzo.
La conquista dell’Etiopia costo’ all’Italia le sanzioni economiche decretate dalla Società delle Nazioni ed un quasi totale isolamento sullo scenario internazionale, che spinse il regime fascista verso la rovinosa alleanza con la Germania nazista. L’impero si rivelo’ inoltre di effimera durata.
L’Africa Orientale Italiana (AOI) che includeva Etiopia, Eritrea e Somalia fu persa già nel 1941, 5 anni dopo la conquista dell’Etiopia, in seguito all’offensiva delle forze britanniche e del Commonwealth. Con l’ entrata in guerra dell’Italia, i collegamenti tra l’AOI e la madrepatria erano stati completamente tagliati, poiché le forze alleate avevano bloccato l’accesso al canale di Suez alle navi italiane.
Di conseguenza, la capitolazione dei circa 90.000 soldati italiani isolati nell’ AOI fu solo questione di pochi mesi. Le armate impegnate in Libia non ebbero sorte migliore. Dopo essere state seriamente sconfitte nelle campagne del 1940-1941, esse furono tenute in vita fino al 1943 solo dal sostegno dell’Afrikakorps tedesca di Erwin Rommel, grazie alla quale venne occupata per breve tempo anche la Tunisia.
Nel maggio del 1943 le forze dell’Asse in Africa si arresero e gli angloamericani catturarono 230.000 prigionieri. Dalle coste tunisine sarebbe poi partita l’invasione della Sicilia che, nel luglio del 1943, porto’ alla crisi finale del fascismo e alla destituzione di Mussolini.
Secondo Mussolini, l’impero italiano era un Impero di pace, perché l’Italia vuole la pace per sé e per tutti, e si decide alla guerra soltanto quando vi è forzata da imperiose incoercibili necessità di vita. Impero di civiltà e di umanità per tutte le popolazioni dell’Etiopia. Questo era nella tradizione di Roma, che, dopo aver vinto, associava i popoli al suo destino”.
 In realtà, l’impero italiano si fondava su guerre e crimini contro l’umanità. Il regime fascista cerco’ dapprima di consolidare il controllo italiano sulla Libia, già conquistata nel 1911-1912 dall’Italia liberale dopo una guerra contro l’Impero Ottomano.
La “pacificazione” della Libia, dove era sorto un movimento di resistenza anti-italiano, venne affidata al governatore Pietro Badoglio e al generale Rodolfo Graziani. Per sradicare la resistenza, questi ultimi ordinarono la deportazione di massa di circa metà della popolazione residente in Cirenaica. Fu cosi’ che 100.000 libici vennero deportati in campi di concentramento creati dagli Italiani intorno a Bengasi e Sirte; 10.000 morirono per le conseguenze della deportazione, le violenze degli italiani e le malattie contratte durante le lunghe marce verso i campi di concentramento.
Il bilancio dell’occupazione fascista dell’ Etiopia fu ancora più tragico. La guerra contro l’impero etiopico guidato da Haile Selassie fu condotta in violazione dei più basilari principi di diritto internazionale e bellico.
L’aviazione italiana fece ampio uso di gas asfissianti contro l’esercito etiope e sganciò tonnellate di iprite sui guadi dei fiumi attraverso i quali l’esercito nemico si ritirava. Numerosissimi civili e capi di bestiame che si abbeverarono in questi fiumi, o che si trovavano nelle zone dove gli italiani sganciarono i gas, morirono dopo atroci sofferenze. Penetrando in profondità nel tessuto cutaneo, anche attraverso abiti, cuoio e gomma, l’iprite causa in poche ore l’apertura di grosse piaghe nella pelle, oltre che gravissimi danni agli apparati respiratorio ed ematopoietico.
La contaminazione da iprite é particolarmente insidiosa in quanto non si avverte dolore al contatto immediato. La morte puo’ sopraggiungere anche dopo giorni o settimane per il collasso delle difese immunitarie o a causa delle lesioni cutanee, che producono infezioni diffuse.
Il regime fascista tento’ di nascondere al resto del mondo l’uso di queste armi nella campagna d’Etiopia. Quando la Croce Rossa Internazionale ne denuncio’ l’impiego massiccio, le forze italiane al comando dei sopra citati Badoglio e Graziani bombardarono gli ospedali da campo dei medici internazionali.
Alla data del crollo dell’AOI, le vittime etiopi dell’occupazione italiana (1936-1941) erano più di 750.000, tra cui 275.000 soldati, circa 100.000 membri delle forze di resistenza che si costituirono dopo il termine delle ostilità, 350.000 civili morti durante o per le conseguenze del conflitto e 35.000 persone decedute nei campi di concentramento italiani.
A queste statistiche terrificanti bisogna poi aggiungere quelle riguardanti le immense perdite materiali e culturali. Stando ai dati forniti dagli etiopi, numerosi libri, dipinti e abitazioni private furono distrutti, mentre circa 2000 chiese andarono bruciate – una terribile ironia, se si pensa che la Chiesa italiana sostenne in modo quasi compatto la guerra, anche con grosse donazioni fatte da vertici ecclesiastici per sostenere lo sforzo bellico. Fonti etiopi parlano inoltre della perdita di 5 milioni di buoi, 7 milioni di ovini, 1 milione di cavalli e muli e 700 mila cammelli.
Il raccapricciante numero di vittime, e ancor di più la brutalità dei metodi con cui esse vennero causate, rivelano l’assurdità delle affermazioni fatte da Mussolini quel 9 maggio di 75 anni fa. Fatta eccezione per Mussolini, i principali responsabili dei crimini italiani nelle colonie africane rimasero impuniti.
Questo fu possibile a causa della protezione degli anglo-americani, a cui premeva garantire il ritorno all’ordine in Italia nel nuovo contesto della guerra fredda, del Vaticano e del partito della Democrazia Cristiana, che assorbì tra le sue fila alcuni ex militari implicati in crimini di guerra.
Pietro Badoglio moriì nel suo letto nel 1956 ed ebbe un funerale con onori militari, a cui parteciparono rappresentanti del governo postfascista ed altre autorità. Rodolfo Graziani fu catturato dagli Alleati al termine del conflitto e tenuto in custodia come prigioniero di guerra per qualche anno. Condannato a 19 anni di prigione per alto tradimento e collaborazione coi nazisti nel 1943-1945, lasciò il carcere dopo pochi mesi e divenne presidente onorario del Movimento Sociale Italiano. Morì in libertà a Roma nel 1955, senza essere mai stato processato per crimini di guerra.

Segui Yepper!

Clicca MI PIACE sulla nostra fanpage Facebook per essere sempre aggiornato sui migliori contenuti da condividere e commentare con i tuoi amici!

What do you think?

Written by Vincenzo Priolo

Vincenzo Priolo è nato ad Agrigento il 5 dicembre del 1981. È laureato in scienze politiche e delle relazioni internazionali e ha frequentato nella sua carriera svariati corsi di specializzazione in materia di Sicurezza e Difesa. Ha maturato esperienze notevoli e di responsabilità in settori pubblici e di rappresentanza. Coordina il magazine Yepper fondato sulla base del giornalismo partecipativo. Ama viaggiare, cucinare ed intrecciare nuovi rapporti di collaborazione e amicizia con persone di altre culture e religioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

GIPHY App Key not set. Please check settings

Perché #gattinisuSalvini?

Abbiate pietà di noi: andate via da Bari