L’omosessualità è illegale, in Nigeria. Goodluck Jonathan, presidente della Repubblica Federale della Nigeria, ha ratificato una legge anti-gay, votata dal Parlamento lo scorso maggio.
Drammatiche le conseguenze. Le condanne prevedono fino a 14 anni di carcere per “chiunque si registri, operi o partecipi ad attività di club, società ed organizzazioni gay, chiunque abbia una relazione gay pubblica o contragga un’unione civile o un matrimonio con una persona dello stesso sesso”, mentre le unioni sancite all’estero saranno considerate nulle.
Dal sapore aspro le dichiarazioni di Reuben Abati, portavoce del Presidente, a commento della legge: “oltre il 90% dei nigeriani è contrario ai matrimoni gay. Questa legge è fatta per il popolo ed è in linea con le credenze culturali e religiose del Paese”.
Le relazioni omosessuali già contrastate in Nigeria, in virtù di una vecchia disposizione datata ai tempi dei colonizzatori britannici, oggi diventano sanzionate con pene detentive. I 170 milioni di abitanti nigeriani vengono definiti come “una società molto religiosa”, nelle zone in cui la sharia vige legalmente i cittadini omosessuali rischiano la lapidazione.
Lo sdegno e la condanna, nei confronti della discriminatoria legge anti-gay, è unanime. Preoccupazione viene espressa dalla comunità internazionale per le sorti delle persone omosessuali nigeriane, verso cui la legge scatenerà conseguenze “catastrofiche“.
Il motto nazionale della Nigeria recita “Unità e Fede, Pace e Progresso”. Tuttavia nel momento in cui un paese rende illegale parte dei propri cittadini a causa dell’orientamento sessuale, in termini di tutela e promozione dei diritti umani non ha alcun “progresso” da vantare.
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