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Sochi 2014 e la battaglia dei diritti per le persone gay

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Vladislav Slavsky, attivista gay, in una condotta sulla spiaggia di Sochi (credit: Reuters/Thomas Peter)

Sochi deteneva la fama di essere una città inclusiva, tollerante. Adesso lo è sempre meno.

Da quando la Russia è stata designata ad ospitare i Giochi olimpici invernali del 2014 i diritti dei cittadini gay hanno subito una battuta d’arresto. Il declino è iniziato con la firma, da parte del presidente Vladimir Putin, della legge che vieta la diffusione di “propaganda gay” tra i minori. La nuova legge ha focalizzato l’attenzione sulla città di Sochi che ospiterà durante le Olimpiadi molti stranieri e in cui accorreranno i russi per assistere ai giochi invernali.

Gli attivisti gay russi, che mettono in dubbio la legittimità della legge sulla “propaganda gay”, hanno chiesto di boicottare i Giochi in segno di protesta. “Non c’è più comunità gay qui. Il numero di gay sta diminuendo, ogni anno ci sono sempre meno…ora sono quasi tutti scomparsi”, dice Roman Kochagov proprietaria di un famoso locale notturno di Sochi. Tanti cittadini LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) lasciano la città per vivere all’estero.

Il terzo mandato di Putin, come presidente, ha accentuato il ruolo della Chiesa ortodossa russa, il cui leader ha etichettato l’omosessualità come una delle più grandi minacce per la Russia.

“Potete immaginare. Svegliarsi ogni giorno nella città in cui sei nato, camminare per le stesse strade in cui hai camminato tutta la vita ma dove ancora dopo tutto questo tempo ti senti un estraneo”. Sono le parole dell’attivista per i diritti gay Vladislav Slavsky che per protesta ha posato per una foto circondato da filo spinato in una condotta sulla spiaggia di Sochi e con il suo fidanzato, che ha preferito rimanere anonimo per timore di ritorsioni, presso il lungomare del Mar Nero a Sochi.

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