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Un punto d'oro. Inguardabili i tifosi che abbandonano le tribune alla prima difficoltà.

“Non c’è due senza tre”. A Bari questo detto sembra proprio non funzionare. Dopo le convincenti affermazioni contro Lanciano e Modena, raccogliamo un punto che, per come si è sviluppata la gara, è oro colato. Vero, il Catania visto oggi era tutto, fuorchè irresistibile. Ma il Bari di poche settimane fa, senza guardare troppo indietro, avrebbe mai reagito d’impeto ad un pesante svantaggio, arrivato nel finale? Basti ripensare al match casalingo contro il Vicenza per darsi una risposta.
Guardando la partita di oggi, l’impressione è che si poteva e si doveva usare di più. Il bottino pieno era ampiamente alla portata. Ma il gol di Rossetti rischiava di vanificare ottanta minuti su discreti livelli, quindi guardiamo il bicchiere mezzo pieno e accontentiamoci. Bene nel primo tempo con Sabelli e Calderoni alti a supportare la manovra e il tandem Galano-Boateng a caccia del guizzo giusto che potesse creare il break decisivo sugli esterni. Blanda la circolazione del pallone. Pallino del gioco costantemente in mano, ma senza verticalizzazioni e con poca profondità (oggi non il miglior Ebagua) si fatica a scardinare bunker come la difesa siciliana.
Discorso diverso nella ripresa. Tanti, troppi erano sulle gambe in debito d’ossigeno. La poca lucidità ha preso il sopravvento. Lucidità tradotta in nervosismo. Ognuno suonava uno spartito diverso dal compagno di squadra. Ci siamo intestarditi con gli uno contro uno, perdendo banalmente il pallone e concedendo il fianco alle, seppur poche, ripartenze dei siciliani. Ed è proprio l’ennesima palla persa sulla trequarti che ha innescato la veloce ripartenza ospite, finalizzata con la rete di Rossetti. Bene la reazione finale. Il sussulto di De Luca allo scadere amplifica sicuramente il rammarico per la partita che poteva essere e non lo è stata. Ma, ripeto, tre gare, sette punti ed un’ottima dose di autostima ritrovata, accontentiamoci.
Venendo ai singoli. Ottima prova di Donati, l’ennesima dopo tanto trotterellare in mezzo al campo nella prima parte di stagione. Suo il lancio millimetrico per il pari di De Luca. Bene anche il ritorno sui suoi standard di Calderoni, protagonista di una gara di sacrificio nella prima frazione e sguinzagliato da mister Nicola nella ripresa con più libertà di spingere. Chi non ha convinto a pieno è chi, a questa squadra, deve imprimere il cambio di marcia e creare fantasia in avanti. Galano, Bellomo e Ebagua. Ma, prima di imbatterci in giudizi affrettati, è bene ricordarsi che stasera eravamo al secondo match in tre giorni e i tre sono reduci da 6 mesi di panchine, tribune e poco campo. Una prestazione al di sotto delle aspettative ci può stare. A non convincere a pieno è l’inedita coppia di centrali di difesa. Meglio Rada di Benedetti. Ma non è bastato. Quest’ultimo è sembrato spaesato, quasi timoroso, costantemente in apnea sulle rare incursioni ospiti. Meglio l’ex Cluj, autoritario nel gioco aereo e puntuale nel gioco in anticipo, che paga però il mancato feeling con i compagni di reparto. Ma non scordiamoci che quella contro il Catania è solo la sua seconda apparizione da gennaio.
Chiosa finale per il pubblico. Curva Nord come sempre esemplare, ma le note dolenti arrivano dagli altri settori. Non scopriamo nulla di nuovo, ma vedere il fuggi fuggi dopo la rete degli ospiti è qualcosa da voltastomaco. Come si può far mancare il supporto alla propria squadra nel momento difficile della gara? Come ci si può definire tifosi del Bari, abbandonando le tribune mugugnando delusi, nonostante ci siano state partite ben peggiori giocati dalla nostra squadra? Se i ragazzi hanno l’obbligo di digrignare i denti per novanta minuti, il barese-medio ha l’obbligo di sostenerla ed incoraggiarla sino al triplice fischio finale. E non può reggere la motivazione della rete subita e della sconfitta imminente. Crescere come piazza significa anche e soprattutto questo, non scordatelo, caro tifoso.
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Written by Alberto Stasi

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