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Elezioni in Spagna, spazio alle alchimie politiche per le scelte future

Madrid. Domenica scorsa, per la seconda volta da aprile scorso e la quarta in quattro anni, la Spagna è andata incontro ad un’altra elezione generale.

Pedro Sanchez, capo dei socialisti (PSOE) è stato il partito più votato (120 deputati), perdendo tre seggi rispetto alle elezioni di aprile scorso.

Negli ultimi mesi, dopo aver fallito la formazione di un governo duraturo, Sanchez aveva sperato e promesso ai suoi sostenitori che il rinnovo della quarta andata alle urne avrebbe rafforzato il proprio partito. Egli, tuttavia, non ha ottenuto una maggioranza numerica (per la quale occorrono 176 seggi) sufficiente a governare la Spagna con una coalizione insieme a Podemos, formazione di sinistra radicale, di Pablo Iglesias, che perde 7 seggi.
Podemos continua la sua lenta ma continua decadenza.

La differenza strutturale e ideologica tra questi due partiti di sinistra è da tempo insormontabile, tali da rendere impossibile – così è stato finora- la stesura di un programma comune. Anche se si parla già di una unione governativa fra loro.

Il mandato di Sanchez è iniziato nel giugno del 2018. Da allora ha varato alcuni provvedimenti, accattivanti per l’elettorato, come l’aumento del salario minimo e la nomina di un Gabinetto a maggioranza femminile. Egli ha pronunciato riforme ancora più ambiziose come la riforma del sistema educativo, la legalizzazione dell’eutanasia, la modifica delle regole sul lavoro e la modifica della principale televisione di Stato.

La grande novità è rappresentata da un autentico sconvolgimento nel centro- destra. I tre movimenti politici principali avanzano nel loro complesso ma con un capovolgimento dell’equilibrio di potere.
Il Partito Popolare di Pablo Casado sale di 19 deputati (88 in totale).

I liberali di Ciudadanos del 40enne catalano, Albert Rivera, hanno subito una spettacolare caduta, perdendo 47 seggi dei 57 ottenuti in aprile.
Rivera proponeva un’economia all’insegna del libero mercato in una coalizione politica di centro.
Saputo il risultato disastroso del voto, Rivera ha rassegnato le proprie dimissioni dal suo partito e dalla politica.

Il grande vincitore di queste elezioni è di Santiago Abascal, ex dirigente del PP e tra i fondatori del movimento di destra VOX, salito alla ribalta della politica nazionale nel 2018, che oggi moltiplica i suoi consensi passando da 24 a 52 seggi, divenendo il terzo partito del Parlamento di Madrid.

Il leader del partito di destra Vox

L’ascesa storica di Vox è legata in buona parte alla tensione in Catalogna, dove il movimento separatista manifesta costantemente, avanzando la richiesta di un nuovo referendum sulla autodeterminazione del popolo catalano.

Santiago Pascal predica da sempre una più solida determinazione nel trattare la turbolenta questione catalana. Egli non nasconde le proprie intenzioni richiedendo l’arresto per sedizione dell’attuale Primo Ministro Regionale, Quim Torra, e la sospensione dell’autonomia catalana.
Ancora, il formidabile successo di Vox si giova grazie alla posizione fortemente contraria alla immigrazione clandestina ed illegale ed alla tesi, comune anche alla ideologia sia della sinistra italiana che di altri Paesi europei, che possa esistere un Paese multietnico e plurinazionale.

La recente esumazione di ex-dittatore, Francisco Franco, è stata l’ultima forte polemica che, evidentemente, divide ancora intensamente l’opinione pubblica spagnola, a 44 anni dalla sua morte.
In questo rinnovato quadro politico all’insegna dell’incertezza, l’interrogativo di tutti è il classico “ora che si fa”?
Nessuno da solo possiede la maggioranza assoluta. Il Primo Ministro ad interim Pedro Sanchez afferma che “la priorità è la formazione di un governo stabile che abbia una politica a favore della maggioranza degli spagnoli”.

Il risultato delle elezioni non è comunque favorevole a Sanchez il quale, se dovesse continuare la sfibrante condizione politica di stallo della Spagna, il PSOE potrebbe essere obbligato a richiedere un nuovo sostegno al Partito Popolare, che, tra l’altro, ha recuperato ben 18 seggi rispetto ad aprile passato. Ovvero una sorta di grande alleanza di PSOE (120 deputati) più PP (88) che superando la maggioranza richiesta, eviterebbe una prossima, quanto perniciosa, elezione generale nel 2020.

Da un punto di vista politico, alla luce del forte aumento di VOX, non è trascurabile la costituzione di un’agenda programmatica di destra: ciò impedirà a Sanchez di cercare ogni soluzione conciliativa alla crisi catalana, mentre si aprono altre ipotesi di governo con il centro destra.
Finora, la Spagna si era manifestata esente dall’ondata dei vari populismi che hanno dilagato in Europa negli ultimi dieci anni. Ma ora VOX occupa un’importante posizione politica, capace di condizionare il Parlamento di Madrid.
Seguendo una logica aritmetica, potrebbero costituirsi ulteriori alchimie politiche, ma, si sa che la politica non è una scienza matematica.

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