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Guardia di Finanza: a Napoli sequestrate 5 mila paia di scarpe contraffatte (con annesso arresto per tentata corruzione) finisce devoluto in beneficenza

Di Claudio Bellumori e Antonio Barbati

Napoli. Per gli uomini della Guardia di Finanza di Napoli quel sequestro di qualche migliaia di prodotti contraffatti, tutto sommato, era stata un’attività come molte altre condotte a contrasto del fenomeno della contraffazione, se non fosse che il titolare dell’opificio all’interno del quale erano stati scovati i prodotti illeciti – un 48enne di origine cinese – avesse per di più tentato di corrompere i finanzieri rimediando così una duplice denuncia ed il conseguente arresto.

Sala Operativa 117 della GDF

Quello stesso episodio di comune cronaca cittadina, avvenuto a febbraio scorso nel quartiere partenopeo “La Maddalena”, ha però oggi avuto un felice epilogo atteso che le merci sequestrate, nello specifico 5 mila paia di scarpe sulle quali mancava solo l’apposizione del marchio (ovviamente contraffatto) di una nota griffe internazionale, sono state donate ad associazioni no-profit ed enti caritatevoli di Napoli e Salerno.

I prodotti di abbigliamento in questione sono infatti stati giudicati di buona fattura e pertanto – su disposizione dell’Autorità Giudiziaria – l’intero stock di materiali sequestrati, invece di essere avviati alla completa distruzione, sono stati utilmente destinati in favore di persone che si trovano in stato d’indigenza o comunque gravate da serie difficoltà economiche.

La lotta alla contraffazione, infatti, ha anche di queste “implicazioni” giacché il fenomeno, oltre a colpire pesantemente le società titolari dei marchi nonché intere filiere produttive e commerciali con perdite economiche dagli importi iperbolici, determina la spesso inevitabile distruzione di questi prodotti.

Proprio per tali motivi, nel più autentico spirito “sociale” che muove l’intera attività della Guardia di Finanza, di concerto con l’Autorità Giudiziaria vengono dunque predisposte parallele attività di “recupero” di tali beni i quali, una volta accertati come idonei al consumo nonché sicuri per i loro utilizzatori, vengono dapprima “anonimizzati” tramite l’asportazione dei marchi-fake eventualmente apposti e finalmente devoluti in favore dei più sfortunati.

Prodotti che erano dunque nati per far guadagnare pochi gestori di attività criminose e causare invece un pesante danno per molti altri, ecco che trovano così una diversa ed inaspettata vita economicamente (e socialmente) “sostenibile”.

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