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Guardia di Finanza: ad Ascoli Piceno operazione “Vento dell’Est”. Esterovestizione di società con lo scopo di sottrarre ricavi al Fisco

Di Massimo Giardinieri

Ascoli Piceno. Sulla carta avevano totalmente spostato la loro produzione industriale in Romania per abbassare i costi della manodopera nonché per beneficiare di un regime fiscale più favorevole, mentre l’obiettivo era in realtà quello di impiantare un’attività economica nel Paese dell’Est Europa ma per dissimulare i flussi commerciali di un’impresa italiana, e quindi sottrarre reddito imponibile al Fisco nazionale.

Le indagini delle Fiamme Gialle di Ascoli Piceno

Questo è quanto venuto alla luce a seguito dell’operazione chiamata “Vento dell’Est”, che i finanzieri del Comando Provinciale di Ascoli Piceno hanno portato a termine scoprendo una colossale frode fiscale quantificata in oltre 114 milioni di euro in ricavi non dichiarati, ai quali si aggiungono altri 29 milioni di euro di imposta evasa.

Secondo quanto dimostrato dalle indagini delle Fiamme Gialle ascolane, si tratta infatti della classica frode fiscale internazionale realizzata stavolta da un noto brand del settore calzaturiero marchigiano, nella quale i responsabili erano di fatto andati ad “esterovestire” tale produzione collocando una società al di fuori del territorio nazionale ma riconducibile, però, allo stesso soggetto economico.

Si qui nulla di visibilmente illecito, se non fosse che gli stessi indagati, pur costituendo una società in territorio estero, di fatto continuavano ad amministrarla dall’Italia mascherando il tutto dietro una vera e propria ragnatela di società, anche di diritto rumeno, ma di fatto amministrate nonché facenti capo ai membri di un medesimo nucleo familiare residente nel fermano, i quali intrattenevano rapporti commerciali tra loro.

Le complesse indagini di polizia economico-finanziaria che ne sono seguite – e che hanno visto anche il prezioso supporto del II Reparto “Relazioni Internazionali” del Comando Generale del Corpo – hanno permesso di svelare un modus operandi oltremodo insidioso, nel quale la società che si occupava del ciclo produttivo della calzatura sfruttava l’interposizione di una Fondazione non avente scopo di lucro, mentre tale produzione era stata delocalizzata in Romania in maniera simulata, ciò per i vantaggi economici sopra accennati ma a chiaro quanto pesantissimo danno dello Stato italiano.

Grazie a mirate analisi di rischio, nonché impiegando le più performanti tecnologie informatiche per la tracciabilità ed il controllo delle transazioni finanziarie, gli investigatori della GDF sono così riusciti ad accertare una serie di gravi indizi che dimostravano come la società straniera, in realtà, venisse completamente gestita sotto il profilo contabile, finanziario nonché decisionale dall’Italia.

L’azienda rumena non disponeva infatti d’una propria autonoma struttura decisionale, ed attraverso la redazione di appositi contratti con le imprese italiane, flussi finanziari limitati ad alimentare le strette necessità aziendali nonché con una pianificata emissione di fatture (anche allo scopo di “aggiustare” la situazione economico-patrimoniale della società italiana), si era così creata dei veri e propri “schermi giuridici” mentre dal Belpaese continuava ad essere materialmente gestita tutta la fabbricazione e la vendita delle calzature da parte della compagine straniera, motivo per il quale i redditi conseguiti dovevano essere sottoposti a tassazione in Italia in quanto stato di “direzione” di tutta la produzione in parola (e non in Romania com’è invece avvenuto).

La meticolosa ricostruzione delle operazioni economico-commerciali intercorse tra le imprese coinvolte nella frode ha permesso ai finanzieri ascolani di constatare un reddito imponibile non dichiarato che, come detto sopra, supera i 114 milioni di euro nonché un’imposta evasa che si va ad assommare per oltre 29 milioni di euro.

Al termine dell’operazione, i due amministratori della società sono stati dunque denunciati alla competente Autorità Giudiziaria per il reato previsto e punito dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 (omessa presentazione delle dichiarazioni), ciò con riferimento al periodo ricompreso tra gli anni 2013 – 2018, anche se la loro presunzione d’innocenza va comunque riconosciuta fino a sentenza irrevocabile di condanna.

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