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ESCLUSIVA: Intervista al Vescovo della Chiesa assira d’Oriente Mar Abris Youkhanna

Di Giusy Criscuolo

Erbil. Un viaggio attraverso gli occhi di chi vive il presente ed ha vissuto un passato attraversato da guerre e indicibili eventi.

Un’intervista racconto attraverso la quale cercheremo di comprendere un mondo a noi lontano, che chiede di essere narrato e svelato.

Un passaggio tra visioni storico/religiose, volte con lo sguardo al presente.

Un salto temporale dal 2003 ad oggi, ma che passa per l’antica “dhimma” introdotta da Muhammad sui primi non musulmani, fino all’arrivo del Pontefice nella terra di Abramo.

Anafora di Addai e Mari

Vescovo lei appartiene alla Chiesa cristiana di Oriente, che ha mantenuto gli stessi riti e la lingua delle origini. Potrebbe esporre brevemente quali sono? A che rito appartiene e quali le differenze con la Chiesa Cattolica?

Sono il Vescovo di Erbil e Kirkuk della Chiesa assira d’Oriente ed ho ricevuto l’episcopato il 7 maggio 2017. La nostra Chiesa è considerata una delle prime chiese del mondo cristiano, poiché la regione della Mesopotamia ha ricevuto il cristianesimo dal I secolo d.C.

Un’evangelizzazione operata dall’Apostolo San Tommaso, che attraversò queste zone fino all’India.

La nostra è considerata la madre della tradizione siriaca, e conserva ancora fortemente le sue tradizioni apostoliche e culturali come la lingua siriaca, l’unica lingua ad essere usata nella liturgia e nelle nostre chiese collocate nel mondo.

La Chiesa d’Oriente fu la prima e unica chiesa – fino al V secolo – nell’impero sasanide. Pensi che utilizziamo ancora la fontana più antica della chiesa cristiana, oltre a professare l’antica preghiera eucaristica detta “Anafora di Addai e Mari”. La preghiera dalla quale si fondarono le prime scuole teologiche della cristianità, ovvero la mia scuola.

La nostra Chiesa Assira e Apostolica d’Oriente ha molti punti in comune con il resto delle Chiese Apostoliche, come la gerarchia ecclesiastica, ma ha anche la sua particolarità che la distingue dal resto delle Chiese Apostoliche.

Noi abbiamo tra i Sette Misteri due che sono specifici della Chiesa d’Oriente che non sono presenti in nessuna delle restanti Chiese. Il sacramento della Santa Croce e il sacramento del Santo Khmer (il Sacramento del Lievito santo), che sostituiscono quello del matrimonio e dell’unzione degli infermi nella Chiesa cattolica.

Come è cambiata la situazione per i cristiani in Iraq dallo scoppio della guerra nel 2003 e dopo la morte di Saddam Hussein nel 2006?

Senza dubbio, molti cambiamenti sono avvenuti dopo il 2003, soprattutto a livello di sicurezza. Alla fine del 2004 sono iniziati gli attacchi suicidi e le autobombe e, nello stesso periodo, sono iniziati gli attacchi contro le chiese.

Pertanto, per i cristiani, la guerra è stata diretta contro di loro in modo specifico, poiché molte chiese sono state prese di mira e i cristiani, sono fuggiti dalle aree prese d’assalto verso aree relativamente più tranquille per arrivare anche all’interno della stessa capitale Baghdad.

Alcuni dicono che sotto Saddam Hussein i cristiani erano più liberi di praticare la propria fede. E’ vero questo? Se si come sono cambiate le cose? 

È vero, ma solo fino a un certo punto! È vero che in quel periodo non c’erano scontri armati nelle strade e non ci sono stati attacchi specifici contro i cristiani, ma questo non nega che il periodo del governo di Saddam Hussein sia stato caratterizzato dall’abbondanza di guerre e dall’abbondanza di perdite umane e materiali.

Ricordo come fosse ieri, che ci fu un blackout mediatico, un oscuramento, una schermatura, che non ha permesso al resto del mondo di sapere cosa praticava il regime in termini di oppressione. Soprattutto contro alcuni gruppi del popolo iracheno, apparsi al pubblico solo dopo la caduta del regime.

Senza dimenticare che il rapporto in generale tra il popolo e il governo era basato sulla paura e la soppressione delle libertà.

La verità è che le ripetute guerre e questa repressione sono state una delle ragioni della migrazione di molti iracheni, compresi i cristiani. Migrazione che continua ancora oggi e che è dettata dalle difficili condizioni di vita.

Il Vaticano emette una medaglia per il viaggio del Papa in Iraq che include una mappa dell’Iraq – dei fiumi Tigri ed Eufrate – una palma e una bastone da viaggio in riferimento al viaggio del profeta Abramo nella antica Ur

I cristiani erano calcolati sul milione e mezzo di persone. A causa dei conflitti, delle aggressioni operate da Al-Qaeda e dall’IS e delle fughe di massa, sembra che il numero si sia dimezzato oltre misura, quasi 200mila. E’ vero che gli attacchi contro i cristiani sono iniziati in primis con Al-Qaeda, ma le atrocità più indicibili si sono consumate con l’IS?

Come ho accennato poco fa, c’è stata una relativa migrazione nei giorni della guerra tra Iraq e Iran e poi con la Guerra del Golfo, ma con l’emergere di Al Qaeda, gli attacchi sono stati diretti specificamente contro i cristiani. Molti hanno preso di mira le chiese.

C’è stato un esodo regionale dalle aree colpite e sotto il controllo di Al Qaeda verso altre regioni. Molti si sono messi al sicuro nelle grandi città sparse per l’Iraq, abbandonando case, affetti e amicizie. Ma con l’emergere dello Stato Islamico (IS), che si è fortemente distinto per il suo apparato mediatico, il cambiamento è stato drammatico.

L’IS ha mostrato pubblicamente l’entità della brutalità dell’organizzazione terroristica dedita al massacro, all’incendio, all’esecuzione di prigionieri davanti alle telecamere, terrorizzando con le sue trasmissioni ogni parte del globo.

Tutte queste cose hanno reso questa organizzazione la peggiore mai vista, per la sua brutalità.

Quindi quando lo Stato Islamico ha attaccato le aree cristiane la paura era penetrata nelle anime di queste persone innocenti. Loro sapevano bene cosa poteva fare l’organizzazione terroristica, quindi centinaia di migliaia di cristiani sono fuggiti o sono stati fatti evacuare e spostati dalle loro aree verso aree più sicure, mentre i più sfortunati non ce l’hanno fatta.

Che ricordo ha lei?

Per quanto riguarda i miei ricordi personali a Baghdad dopo il 2003 ho vissuto molti incidenti, siano essi attentati o scontri armati tra le forze statunitensi e militanti di Al Qaeda e altre milizie. Citerò uno degli incidenti meno sanguinosi.

Una volta mi trovavo – come ogni venerdì – in Al-Mutanabbi Street, una delle strade ben note di Baghdad, dove si vendono libri e si incontrano scrittori e poeti. Mentre mi incamminavo ho visto centinaia di persone correre verso di me come se stessero scappando da qualcosa.

A questo punto preso dall’ansia e con il cuore in gola ho iniziato a correre anche io e nella concitazione del momento senza volerlo, ci siamo trovati accalcati l’uno all’altro, saltando involontariamente e disperatamente sopra le persone che cadevano a terra inermi. Tutto questo senza comprendere il motivo di questa corsa.

Appena in salvo lontani dalla zona di pericolo, dopo che ci siamo fermati, che ci siamo ripresi un po’, che abbiamo ricominciato a prendere fiato, con gli sguardi persi nella paura ho chiesto a qualcuno che mi stava intorno: “Per favore, puoi dirmi cosa è successo?” Mi ha risposto: “Dicono che abbiano arrestato uno degli attentatori suicidi all’inizio di Al-Mutanabbi Street e che avesse intenzione di entrare in strada e farsi saltare in aria tra la folla”.

Erano giorni di vero terrore, giorni che le parole non sono in grado di descrivere accuratamente.

Le bandiere dell’Iraq e del Vaticano – Credit Twitter

Quali sono le atrocità subite da coloro che sono rimasti durante gli anni bui del Califfato? Sono stati solo i cristiani ad essere presi di mira oppure anche i musulmani?

E’ giusto specificare che le organizzazioni terroristiche, al-Qaeda e IS in primis, hanno preso di mira tutti coloro che si opponevano a loro, indipendentemente dalla loro religione o nazionalità: musulmani, cristiani, yazidi o appartenenti ad altre religioni.

Ma è pur vero che si sono accaniti in particolar modo sui non musulmani, mantenendo un targeting molto alto. In poche parole coloro che appartenevano alle “religioni del Libro” o “monoteiste”, erano più facili da colpire.

Questo poiché gli attacchi erano giustificabili per scopi religiosi.

L’IS ha commesso molte atrocità dal suo inizio fino all’ultimo momento della battaglia per liberare Mosul, dove ha usato i civili come scudi umani, e prima ancora ha sfollato e colpito migliaia di famiglie cristiane, sequestrando le loro proprietà, giustiziando migliaia di yazidi e riducendo in schiavitù le loro donne con esecuzioni e stupri.

Ad oggi come vivono i cristiani e quali difficoltà affrontano?

Le sfide che i cristiani devono affrontare oggi sono molte: politiche, legali, sociali ed economiche. Per quanto riguarda l’aspetto politico e giuridico, la legislazione costituzionale non è nell’interesse dei cristiani, perché la religione ufficiale dello Stato è l’Islam.

La costituzione prevede che non possa essere emanata nessuna legge che si opponga alla legge islamica.

Ci sono alcuni matrimoni misti, ma abbiamo molte questioni sulla legge di islamizzazione dei minori, che prevede che i bambini seguano l’indottrinamento della parentela musulmana (padre o madre che sia).

Per quanto riguarda l’aspetto sociale, a mio parere, lo Stato Islamico ha creato una divisione nella società.

Ci sono ancora alcune persone che non vogliono trattare o lavorare con o per i cristiani. Il fattore religioso è ancora fortemente presente nella società e molti musulmani vi fanno affidamento.

Nei rapporti con gli altri è evidente la discriminazione religiosa e lo è nelle loro pratiche. Quanto al lato economico, riguarda tutti indipendentemente e la crisi creata dal Covid ne ha aumentato il peso.

L’antica Ur dove si terrà l’incontro interreligioso

E’ vero che per sopravvivere nelle zone difficili è stato rintrodotto l’uso della storica “dhimma”?

Per quanto riguarda la considerazione dei cristiani (dhimmis), questa non è una novità e non è legata solo all’IS. La questione è stata rintrodotta da Al-Qaeda quando ha preso il controllo di alcune aree di Baghdad.

Alle persone, oggi come migliaia di anni fa, è stato chiesto di scegliere se restare e pagare “un tributo”, andarsene, convertirsi o morire.

Pensi che in alcune zone di Baghdad è vietato ai musulmani acquistare beni dai cristiani e costruirli o distruggerli per loro.

Per quanto riguarda l’IS a Mosul, anche loro hanno rintrodotto la dhimma e hanno aggiunto che i dhimmis che vogliono andarsene non devono portare con se nessuno dei loro beni. 

Dal 1999 attendevate la visita di Papa Giovanni Paolo II. Questo sperato incontro è stato cancellato nel 2000 per questioni di sicurezza. Finalmente il sogno dei cristiani d’Oriente si realizza con l’arrivo di Papa Francesco. Come vivete questo momento? 

Si tratta senza dubbio di una visita storica con tutti i significati annessi. E’ il primo Papa a visitare la terra dell’Iraq e attendiamo con impazienza.

Speriamo che la visita raggiunga gli obiettivi desiderati, nel promuovere la pace nel Paese. Puntando l’attenzione sulla vita dei cristiani in Iraq, speriamo ne rafforzi la speranza, affinché continuino ad essere testimoni della loro fede cristiana, senza fuggire.

Quali speranze avete e quali timori?  

La nostra speranza è invisibile. Parlo della speranza per la pace e per la sicurezza che sembrano inarrivabili, ma noi siamo pazienti e crediamo si raggiungeranno.

Quando parlo di pace, non intendo solo la pace dal punto di vista militare, ma anche la pace sociale e la pacifica convivenza tra religioni e nazionalità diverse. La nostra paura si riassume nella perdita di questa pazienza.

Perderla significherebbe privilegiare la paura alla speranza, arrendersi alla disperazione e di conseguenza, lasciare il paese ed emigrare.

Credete che sia possibile il dialogo interreligioso di cui il Pontefice si è fatto promotore? Quali ostacoli vedete per la realizzazione di questo progetto, voi che siete sul posto e che non vivete solo di parole? 

Il dialogo è una realtà che richiede, che due o più parti siano soddisfatte, quindi il fulcro della questione sta nel trovare, se non la stessa, una simile volontà, intenzione e desiderio negli altri.

Il principale ostacolo al dialogo risiede nella mancanza di fiducia, nelle intenzioni male interpretate di chi chiede il dialogo, che vengono sempre viste con diffidenza, come se ci fossero delle dietrologie per raggiungere degli interessi, come fossimo dei nemici. Per raggiungere obiettivi concreti ci vuole perseveranza.

La soluzione sta nel ricostruire la fiducia tra le parti, lavorando con persistenza e continuità per costruire un dialogo costruttivo.

Pertanto, penso che sia naturale che esistano ostacoli, conseguenza della mancanza di fiducia e delle esperienze precedenti, ma questo non significa che bisogna fermarsi. Piuttosto bisogna rimboccarsi le maniche ed iniziare questo dialogo.

 

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