Di Fabrizio Scarinci
BEIRUT. A partire dalla tarda serata di ieri le forze dello Stato d’Israele avrebbero dato il via all’attacco terrestre nei confronti dei miliziani di Hezbollah.
Stando a quanto riportato da alcune fonti della sicurezza libanese, fino ad ora non ci sarebbe stato nessuno scontro diretto, ma, da svariate ore, l’esercito di Tel Aviv starebbe bersagliando le postazioni del gruppo terroristico filo-iraniano con un intenso fuoco d’artiglieria.
Nella zona sarebbero, attualmente, presenti varie unità impiegate a Gaza nei mesi scorsi e ora rischierate a nord, tra cui diversi reparti di paracadutisti, forze speciali e fanteria, nonché una buona parte della 7^ Brigata Corazzata (parte della 36^ Divisione).
Dal canto suo, il portavoce dell’IDF Daniel Hagari ha spiegato alla stampa come le forze israeliane si siano preparate a quest’azione per diversi mesi, con l’obiettivo di mettere quanto più possibile al riparo le aree settentrionali del Paese dagli attacchi del gruppo terroristico filo-iraniano.
Nell’avviare tale operazione (che rientra, ovviamente, nel più ampio schema del conflitto tra Tel Aviv e il cosiddetto “Asse della Resistenza” a guida iraniana), i vertici israeliani hanno anche voluto far notare come, per decenni, le varie risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tese a far sì che il territorio libanese fosse libero da gruppi armati non governativi, nonché la stessa risoluzione 1701 del 2006, che richiedeva che non vi fossero Forze Armate, mezzi o armi non appartenenti al governo libanese o all’UNIFIL nel territorio del Libano meridionale siano, di fatto, rimaste sulla carta, costringendo lo Stato d’Israele ad agire autonomamente.
Nel corso della notte, inoltre, le forze aeree israeliane avrebbero colpito anche la capitale siriana Damasco. Il tutto mentre a Gaza si continua a combattere e Tel Aviv avrebbe iniziato a mettere nel mirino anche i ribelli Houthi dello Yemen, attaccati, proprio nei giorni scorsi, da decine di aerei dell’IAF.
Subito dopo l’inizio dell’attacco, le unità dell’Esercito Libanese presenti nella zona sarebbero state viste ritirarsi da molte delle loro postazioni; cosa riferita all’agenzia di stampa Reuters sia diversi residenti locali, sia una fonte legata alle forze di sicurezza di Beirut.
Quanto ai miliziani di Hezbollah, essi avrebbero, invece, risposto all’azione di Tel Aviv lanciando decine di razzi e missili contro Israele, cercando di colpire non solo il nord del Paese ma anche le zone centrali.
In generale, l’uccisione di Hassan Nasrallah e di altri elementi centrali del cosiddetto “Partito di Dio”, ha, certamente posto quest’ultimo in una condizione di palese difficoltà.
Nondimeno, le capacità di combattimento dei suoi miliziani non dovrebbero essere sottovalutate, se non altro per via della loro conoscenza del terreno e del loro enorme arsenale di razzi e missili, tra cui figurano anche moltissimi sistemi anti-carro (ricordiamo, a tal proposito, quanto accaduto nel 2006).
Sul piano diplomatico, l’iniziativa israeliana avrebbe, quasi subito, incassato il tiepido sostegno dell’amministrazione Biden, che, pur avendo lavorato per un alleggerimento della tensione, avrebbe comunque deciso di dare il suo appoggio ad un’azione terrestre limitata, mentre il Pentagono avrebbe annunciato l’invio di “poche migliaia” di truppe in Medio Oriente sia al fine di supportare Israele, sia allo scopo di aumentare la sicurezza delle forze statunitensi presenti nell’area (che, proprio nelle scorse ore, avrebbero sventato un attacco con razzi da un non meglio specificato gruppo di combattenti contro una loro base nei pressi dell’aeroporto di Baghdad).
Forti condanne sono, invece, state espresse dalla Turchia di Recep Tayyip Eerdogan e, ovviamente, dalla dirigenza iraniana, che, tuttavia, sembra sempre più in difficoltà nella gestione del suo scontro per procura con Tel Aviv.
Venendo, infine, al nostro Paese, in seguito ad un colloquio telefonico con il Premier libanese Najib Mikati, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe ribadito la volontà del governo italiano di lavorare, anche in seno al G7, allo scopo di arrivare ad una de-escalation regionale.
Come noto, inoltre, l’Italia gioca un ruolo di primaria importanza anche in seno all’appena menzionata missione UNIFIL, a cui partecipano circa 1000 militari delle nostre Forze Armate, che, attualmente, si troverebbero al riparo come quelli degli altri Paesi presenti nell’area.
Allo stato attuale, sul futuro di tale operazione, da sempre configuratasi come una missione di peacekeeping e non di combattimento, sembrerebbe, a questo punto, non esservi nulla di certo, anche se, per ora, come ribadito dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro della Difesa Guido Crosetto, i nostri militari resteranno in teatro.
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L’articolo Libano: il punto sull’inizio dell’offensiva terrestre israeliana proviene da Report Difesa.
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