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Libia, la Turchia batte cassa. L’Egitto si prepara a difendere i fratelli libici e i propri interessi

Di Giusy Criscuolo

Tripoli. Dopo l’accordo “illegittimo” firmato da Sarraj ed Erdoğan, c’era da spettarsi l’imminente richiesta di “risarcimento” da parte di Ankara. Rivendicazione che non è tardata ad arrivare a neppure un mese dalla stipula del “famoso patto”.

Ritratto di Erdoğan su un trono “Ottomano”

Come già accennato in un nostro speciale (Gli interessi di Erdogan nel Paese nord africano) “per alcuni studi di settore arabi e secondo i dati economici resi pubblici da Ankara, nel periodo in cui l’allora leader della Libia Muammar Gheddafi aveva intessuto stretti legami con Ankara, le società di costruzioni turche, che all’epoca operavano in Libia, avevano investito per un valore di circa 15 miliardi di dollari“.

Nel novembre del 2009, Erdoğan, aveva visitato la Libia, accompagnato da alcuni ministri e da un cospicuo numero di imprenditori.

L’obiettivo era quello di iniziare una sinergia e una cooperazione affaristica sui diversi settori dell’imprenditoria, come: petrolio, gas, settori dell’edilizia, commercio, industria, turismo e altro.

Come riportato da Al Bayan, alla luce dei primi investimenti in Libia per un valore di 8 miliardi di dollari, tra il 2002 e il 2008, le aziende turche aspiravano a posizionarsi al primo posto.

Questo avveniva subito dopo l’annuncio nel 2009, dell’ex leader Gheddafi, che faceva accenno ad un piano di investimento quinquennale della cifra di 160 miliardi di dollari.

Nel 2010 la Turchia investì in Libia 2 miliardi di dollari. Prima degli eventi causati dalla cosiddetta “Primavera Araba”, le statistiche erano dalla parte degli investitori turchi e il volume degli investimenti sembrava essere destinato a salire.

Parrebbe, stando ad alcune pubblicazioni arabe di settore, che la Turchia stesse per investire circa 35 miliardi di euro in infrastrutture e questa cifra era destinata ai primi 10 mesi del 2011.

Come è d’uopo, nulla si fa per caso e l’ex colonnello Gheddafi aveva studiato il quadro della situazione, investendo sul simbolismo della propaganda di Erdoğan per diffondere a sua volta la politica “tridimensionale portata avanti dal regime: araba, africana, islamica…”.

Sarraj Erdogan

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e quello libico Fayez Al-Sarraj

La premessa di cui sopra, serve per approfondire, quanto dichiarato dall’attuale presidente del Consiglio per le relazioni economiche estere turco-libiche, Hami Aksoy.

Quest’ultimo avrebbe dichiarato alla stampa turca: “La Turchia intende firmare un accordo di compensazione preliminare del valore di 2,7 miliardi di dollari per lavori eseguiti in Libia prima del 2011”.

Richiesta, alla luce degli attuali accadimenti, alquanto assurda per il Paese Nord africano, dal momento che sta attraversando una grave crisi interna ed economica e sull’orlo di una guerra civile.

Le dichiarazioni di Aksoy hanno indicato un’imminente data per la firma dell’accordo miliardario, che dovrebbe essere siglato entro febbraio.

Nell’accordo è prevista una compensazione di un miliardo di dollari, che la Turchia riceverà per i suoi progetti in stallo in Libia e sarà accompagnata da una lettera di garanzia.

La stessa comprenderà 500 milioni di dollari per danni a macchinari e attrezzature oltre al calcolo dei debiti accumulati dal Paese Nord africano dal 2011 ad oggi e che a detta di Ankara non sono stati pagati, per un ammontare di 1,2 miliardi di dollari.

Sempre secondo il presidente del Consiglio per le relazioni economiche Hami Aksoy (Ministero degli Affari Esteri turco) il valore del debito è lievitato a causa dei ritardi sui progetti turchi in Libia, causati delle turbolenze nel paese, raggiungendo i 15/16 miliardi di dollari.

Secondo studi di settore, il valore delle esportazioni turche in Libia potrebbe aumentare del 50%, raggiungendo in questo stesso anno 3 miliardi di dollari.

Questa spudorata corsa “all’oro”, promossa da Ankara, definisce sempre più l’obiettivo economico sul Paese Nord africano, messo ancora più a rischio dalla presenza di soldati turchi e di legionari siriani pro Turchia, che stanno appoggiando lo GNA.

Hami-Aksoy, presidente del Consiglio per le relazioni economiche estere – Ministero Affari Esteri

Alla luce di quanto sta accadendo, l’Egitto non si limita a guardare e il rischio che la Libia diventi terreno di scontro tra la terra del Nilo e l’Anatolia potrebbe diventare una probabilità.

E anche se Al Sisi e Putin concordano su una maggiore intensificazione degli sforzi per risolvere la crisi libica, l’Egitto sembra restare sul pezzo.

Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e quello russo Vladimir Putin

Secondo numerosi analisti e quotidiani arabi, l’Egitto starebbe conducendo esercitazioni militari.

Alla base delle quali sembra esserci una possibile difesa dei numerosi gasdotti nel Mediterraneo.

I gasdotti sono nel target della Turchia. A darne conferma un portavoce delle Forze Armate egiziane che ha pubblicato sulla sua pagina Facebook, un video con una dichiarazione sull’attuazione di un’operazione anfibia “in una regione del Mediterraneo” nell’ambito della formazione delle Forze Armate egiziane.

Il post seguente è stato scritto dopo un incontro del Presidente Abdel Fattah Al-Sisi con i leader delle sue citate Forze.

Implementazione di attività di addestramento per le Forze Armate egiziane impiegate in un’operazione anfibia

Come se non bastasse, una recente dichiarazione del Presidente Erdoğan, rilasciata al canale turco “TRT”, ha scaldato ulteriormente gli animi delle nazioni chiamate in causa: “La Grecia, l’Egitto, Israele e Cipro non saranno in grado di fare alcun passo senza il nostro consenso, dopo aver firmato il protocollo d’intesa con la Libia”.

Inutili, dunque, gli sforzi di Yasin Aktay, consigliere del Presidente, che ha voluto rassicurare il popolo egiziano sull’esclusione di una possibile guerra con l’Egitto o con qualsiasi altro Paese confinante con la Libia.

La Terra del Nilo mantiene la sua preoccupazione, poiché il Cairo considera la questione libica come una questione di sicurezza nazionale.

Ecco perché ad oggi, il governo egiziano sta lavorando per rafforzare la sicurezza ai confini occidentali e per sostenere l’Esercito Nazionale Libico (LNA) guidato da Khalifa Haftar.

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