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Mafia, sei arrestati a Monreale (Palermo). Cosa Nostra continua a fare soldi con il racket

Palermo.Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale (Palermo) hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP  (Giudice per le indagini preliminari) del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale sezione della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 6 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata.

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L’operazione costituisce la naturale prosecuzione delle precedenti indagini dei Carabinieri denominate “Quattropuntozero” e “Montereale”, relative al mandamento mafioso di San Giuseppe Jato ed alla famiglia mafiosa di Monreale e all’esito delle quali, tra marzo e ottobre 2016, erano stati arrestati molti esponenti apicali del medesimo clan.

Le indagini hanno documentato  la riorganizzazione territoriale di Cosa Nostra, avvenuta nell’arco di pochi mesi, dopo l’esecuzione delle operazioni “Quattropuntozero” e “Montereale, consentendo, in particolare, di individuare i vertici ed i nuovi assetti della storica famiglia mafiosa di Monreale. 

Hanno fatto luce anche su come la famiglia mafiosa di Monreale costituisca una delle articolazioni più rilevanti del mandamento di San Giuseppe Jato, anche in considerazione della posizione strategica per la vicinanza alla città di Palermo ed alle altre famiglie mafiose della provincia.

Sono state comprese, con modalità oggettive e documentate, come si sia verificata nel tempo all’interno dell’organizzazione mafiosa del mandamento di San Giuseppe Jato – e della famiglia di Monreale in particolare– una rapida evoluzione degli equilibri associativi. 

I Carabinieri hanno delineato l’organigramma della famiglia mafiosa di Monreale e ricostruite due estorsioni ai danni di imprenditori del settore edile. Oltre ad accertare l’esistenza di una vera e propria cassa gestita dal mandamento di San Giuseppe Jato, al cui interno periodicamente confluivano le risorse illecitamente acquisite dagli indagati, derivanti prevalentemente dalle estorsioni praticate su larga scala nel territorio di Monreale.

L’aspetto più particolare emerso nel corso delle investigazioni è rappresentato, da un lato, dal potere di rigenerazione che la famiglia mafiosa di Monreale ha dimostrato al proprio interno e, dall’altro, dal persistente ricorso alle attività estorsive ai danni di attività commerciali per garantire il sostentamento del clan.

Infatti, sono state documentate richieste estorsive nei confronti di due imprenditori edili locali costretti a versare cospicue somme di denaro per ogni nuovo appartamento da loro realizzato, nonché ad affidare a ditte “gradite” al sodalizio i lavori per la realizzazione degli impianti elettrici e idraulici negli immobili in costruzione.

È evidente, dunque, come il racket delle estorsioni continui a costituire per le famiglie mafiose uno strumento di accumulazione illecita di risorse e, nel contempo, un’attività funzionale al concreto esercizio del potere per il controllo del territorio secondo la logica dell’intimidazione e della sopraffazione.

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