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Myanmar: giochi cinesi ed indiani in un Paese tra i più oscuri ed oscurati nel mondo contemporaneo

Di Selene Catapano

Naypyidaw. Il Myanmar è uno dei Paesi più oscuri ed oscurati nel mondo contemporaneo.

Militari birmani nella City Hall di Rangoon (Credit Internet)

Sembra attirare l’attenzione mondiale solo durante momenti di forte crisi interna ma le sue criticità hanno radici profonde.

E’ un polo di grande importanza strategica per gli equilibri geopolitici futuri per molteplici ragioni.

Gli americani l’hanno definito una “boutique issue”, definizione che ha lasciato presagire la nascita di un potenziale interesse occidentale nella zona.

È tra i Paesi più grandi del Sud Est asiatico, ha una superficie di 676,578 chilometri quadrati.

La popolazione è di 57,069,099 abitanti e la capitale è stata spostata nel 2005 a Naypyidaw, nel centro del territorio, precedentemente era Yangon.

Il Myanmar confina con Cina, Thailandia, India, Bangladesh e Laos.

La frammentazione etnica del Myanmar

La presenza di circa 135 gruppi etnici differenti lo rende uno dei Paesi più frammentati dell’area ed è fonte di numerose agitazioni interne.

L’etnia Burman costituisce i due terzi della popolazione, è stanziata nella zona del bacino del fiume Irrawaddy ed è una cruciale fonte di sostentamento dell’economia interna dello Stato, pertanto la tutela degli interessi del gruppo dominante è fondamentale per la stabilità interna, tuttavia ciò avviene a detrimento delle altre minoranze etniche che abitano il Myanmar, come i Rohingya, i Chin, i Naga e via dicendo.

Il colpo di stato dei militari e la figura di Aung San Suu Kyi

Tuttavia, l’attrattività del Paese nei confronti degli altri occidentali è condizionata dalle gravi tensioni interne, come ad esempio i continui arresti della leader, figlia di uno dei padri della patria dell’Indipendenza birmana, che nel 1990 vi è ritornata, dopo un lungo periodo trascorso all’estero tra Regno Unito e Stati Uniti per la sua formazione.

Aung San Suu Kyi

E nel 2010 ottiene un seggio al Parlamento birmano.

Il primo febbraio scorso, un nuovo tragico episodio ha interessato l’ex Birmania.

Si sono visti contrapposti i democratici dell’NLD, a cui faceva capo la leader Aung San Suu Kyi, e il Tatmadaw, ovvero le Forze Armate centrali, che hanno rovesciato il Governo in carica, non riconoscendo il risultato delle elezioni.

Ma i militari in Myanmar non si limitano a svolgere un ruolo prettamente difensivo, bensì sono stati alla guida dello Stato dal 1962 fino al 2011, anno della “svolta socialista”.

Tale svolta sembra aver tracciato una linea di continuità con l’ideologia prevalente nella Repubblica Popolare Cinese, basata sulla commistione tra marxismo e confucianesimo, di matrice maoista.

Questa ideologia risulterebbe funzionale ai giochi di potere cinesi, facilitando l’instaurarsi di una più agevole penetrazione di Pechino in un Paese che ne condivide i suoi stessi ideali.

L’immagine che i birmani volevano restituire al mondo tramite la figura di Aung San Suu Kyi è quella di una classe dirigente che si apre alla democrazia e comincia ad interessarsi alla protezione dei diritti umani a favore dello sviluppo dello Stato.

Un’immagine delle barricate dei cittadini birmani (Credit Internet)

Tuttavia, l’esaltazione in Occidente della nuova leader democratica, che le è valsa anche un Premio Nobel per la Pace, non ha trovato riscontro in un’effettiva svolta democratica.

La leader, infatti, ha ricevuto pesanti critiche per via della sua mancata opposizione alla persecuzione della minoranza etnica dei Rohingya, costretti a trasferirsi nel confinante Bangladesh.

Profughi Rohingya

Tale evento ha gettato ombre sul suo operato, ritenuto incoerente rispetto ai valori di cui si era fatta portatrice durante le elezioni, lasciando insinuare dubbi che potevano sfociare verso una condotta populista.

La situazione interna

La tutela dei diritti umani non è l’unico elemento che condiziona le sorti di questo Paese, infatti, il Myanmar si trova attualmente al 147° posto nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano, delle Nazioni Unite [1], e tale indicatore rende l’idea della povertà endemica del Paese, che si riflette nella decomposizione dell’infrastruttura sociale, con un grave impatto sui settori della salute, dell’istruzione e della nutrizione.

L’intervento della Polizia birmana in occasione delle proteste delle scorse settimane (Credit Internet)

La tragica situazione del Myanmar non resta relegata entro i suoi confini, bensì si riversa tramite una sorte di effetto “spill over” sugli Stati confinanti, dove si sono rifugiati gli oppressi dal regime, i dissidenti e le minoranze più povere, portando con sé malattie come la malaria, l’AIDS, e la tubercolosi.

Questa situazione ha travolto nel vortice del sottosviluppo anche gli Stati confinanti.

La proiezione esterna e gli interessi geopolitici dei Paesi confinanti

Inoltre, il Myanmar si trova, in virtù della strategicità geografica della propria posizione, al centro dei giochi di potere di Cina ed India.

La Cina che condivide con il Myanmar 2.129 km di confine [2] è penetrata profondamente nel Paese, costringendo l’India ad allentare la presa.

L’ex Birmania è un attore centrale della regione, anche perché riveste un interesse prioritario per i Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud Est asiatico) per il suo ruolo di collegamento alle zone d’accesso occidentali, tramite lo Stretto di Malacca, anello di congiunzione tra gli Oceani Indiano e Pacifico e snodo cruciale della contesa sino-americana.

La Cina considera il Sud Est asiatico la propria zona di influenza tradizionale, in particolare il Myanmar in quanto l’80% delle importazioni di gas e petrolio passano proprio di lì, dunque l’eliminazione del collo di bottiglia è fondamentale per la Cina, in quanto vie alternative sarebbero molto più costose e soprattutto soggette all’embargo.

I gasdotti cinesi, dal Golfo del Bengala alla provincia cinese dello Yunnan, potrebbero mitigare le preoccupazioni per uno dei suoi problemi strategici, quale l’approvvigionamento energetico.

Inoltre, la complicità del Myanmar, sarebbe utile per la Cina anche in relazione alla rivalità con l’India, in quanto quest’ultima si troverebbe minacciata da tutti i fronti: da Ovest con la crescente influenza cinese sul Pakistan, da Nord dalla Cina stessa e da Est dal Myanmar.

L’India teme fortemente anche che l’ingresso cinese nel Golfo del Bengala, per via della presenza di una delle più grandi basi navali indiane, situata a Port Blair, nelle isole di Andamane, nella parte meridionale del Golfo del Bengala.

In definitiva il quadro del Myanmar è estremamente complesso sia dal fronte interno che dal fronte esterno, l’intrusione delle potenze straniere potrebbe causare danni irreversibili, e necessiterebbe del supporto della classe dirigente, che appare tutt’altro che collaborativa attualmente, essendo assorbita dalle tensioni interne.

Fino a quando la fusione di questi tre elementi non sarà realizzabile, risulta poco probabile un’evoluzione positiva della complessa situazione del Myanmar.

NOTE 

[1] | Human Development Reports (undp.org)

[2] Burma – The World Factbook (cia.gov)

FONTI:

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