in

Coronavirus nell’aria? Solo in presenza di assembramenti. Una ricerca analizza le concentrazioni in atmosfera di SARS-CoV-2 a Venezia e Lecce

Venezia. Uno studio multidisciplinare, condotto nel maggio scorso, analizza le concentrazioni in atmosfera di SARS-CoV-2 a Venezia e Lecce, evidenziandone le implicazioni per la trasmissione airborne.

Un’immagine della ricerca sul coronavirus

La ricerca, pubblicata su Environment International, è stata condotta da CNR-ISAC, Università Ca’ Foscari Venezia, CNR-ISP e Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata.

La rapida diffusione del Covid-19, e il suo generare focolai di differente intensità in diverse regioni dello stesso Paese, hanno sollevato importanti interrogativi sui meccanismi di trasmissione del virus e sul ruolo della trasmissione in aria (detta airborne) attraverso le goccioline respiratorie.

Mentre la trasmissione del SARS-CoV-2 per contatto (diretta o indiretta tramite superfici di contatto) è ampiamente accettata, la trasmissione airborne è invece ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica.

Grazie ad uno studio multidisciplinare, condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISAC) di Lecce, dall’Università Ca’ Foscari Venezia, dall’Istituto di scienze polari del CNR (CNR-ISP) di Venezia e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata (IZSPB), sono state analizzate le concentrazioni  e le distribuzioni dimensionali delle particelle virali nell’aria esterna raccolte simultaneamente, durante la pandemia, in Veneto e Puglia a maggio scorso tra la fine del lockdown e la ripresa delle attività.

La ricerca, avviata grazie al progetto “AIR-CoV (Evaluation of the concentration and size distribution of SARS-CoV-2 in air in outdoor environments) e pubblicata sulla rivista scientifica Environment International, ha evidenziato una bassa probabilità di trasmissione airbone del contagio all’esterno se non nelle zone di assembramento.

“Il nostro studio ha preso in esame due città a diverso impatto di diffusione: Venezia-Mestre e Lecce, collocate in due parti del Paese (Nord e Sud Italia) caratterizzate da tassi di diffusione del COVID-19 molto diversi nella prima fase della pandemia”, spiega Daniele Contini, ricercatore CNR-ISAC.

Durante la prima fase della pandemia, la diffusione del SARS-CoV-2 è stata eccezionalmente grave nel Veneto, con un massimo di casi attivi (cioè individui infetti) di 10.800 al 16 aprile (circa il 10% del totale dei casi italiani) su una popolazione di 4,9 milioni.

Invece, la Puglia ha raggiunto il massimo dei casi attivi il 3 maggio con 2.955 casi (3% del totale dei casi italiani) su una popolazione di 4 milioni di persone.

All’inizio del periodo di misura (13 maggio), Veneto e Puglia erano interessate, rispettivamente, da 5.020 e 2.322 casi attivi.

“Il ruolo della trasmissione airborne – sottolinea Marianna Conte, ricercatrice CNR-ISAC – .dipende da diverse variabili quali la concentrazione e la distribuzione dimensionale delle particelle virali in atmosfera e le condizioni meteorologiche. Queste variabili poi, si diversificano a seconda che ci considerino ambienti outdoor e ambienti indoor”.

Lo schema dell’andamento a Venezia e Lecce

La potenziale esistenza del virus SARS-CoV-2 nei campioni di aerosol analizzati è stata determinata raccogliendo il particolato atmosferico di diverse dimensioni dalla nanoparticelle al PM10 e determinando la presenza del materiale genetico (RNA) del SARS-CoV-2 con tecniche di diagnostica di laboratorio avanzate.

“Tutti i campioni raccolti nelle aree residenziali e urbane in entrambe le città sono risultati negativi, la concentrazione di particelle virali è risultata molto bassa nel PM10 (inferiore a 0.8 copie per m3 di aria) e in ogni intervallo di dimensioni analizzato (inferiore a  0,4 copie/m3 di aria) – aggiunge Contini -. Pertanto, la probabilità di trasmissione airborne del contagio in outdoor, con esclusione di quelle zone molto affollate, appare molto bassa, quasi trascurabile. Negli assembramenti le concentrazioni possono aumentare localmente così come i rischi dovuti ai contatti ravvicinati, pertanto è assolutamente necessario rispettare le norme anti-assembramento anche in aree outdoor”.

“Un rischio maggiore potrebbe esserci in ambienti indoor di comunità scarsamente ventilati, dove le goccioline respiratorie più piccole possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi ed anche depositarsi sulle superfici – spiega Andrea Gambaro, professore a Ca’ Foscari -. E’ quindi auspicabile mitigare il rischio attraverso la ventilazione periodica degli ambienti, l’igienizzazione delle mani e delle superfici e l’uso delle mascherine”.

Mascherine ancora in uso a lungo

“Lo studio e l’applicazione di metodi analitici sensibili con l’utilizzo di piattaforme tecnologicamente avanzate permettono, oggi, di rilevare la presenza del Sars-CoV-2 anche a concentrazioni molto basse – conclude Giovanna La Salandra, dirigente della Struttura ricerca e sviluppo scientifico dell’IZSPB – come potrebbe essere negli ambienti outdoor e indoor, rendendo la diagnostica di laboratorio sempre più affidabile”.

Lo studio delle concentrazioni in alcuni ambienti indoor di comunità sarà oggetto di una seconda fase del progetto AIR-CoV.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’articolo Coronavirus nell’aria? Solo in presenza di assembramenti. Una ricerca analizza le concentrazioni in atmosfera di SARS-CoV-2 a Venezia e Lecce proviene da Report Difesa.

What do you think?

Written by Report Difesa

Quotidiano di geopolitica e di sicurezza nazionale ed internazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

GIPHY App Key not set. Please check settings

Guardia di Finanza: Rimini, operazione “Dirty Cleaning”, infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore delle sanificazioni. Sequestrata un’azienda e denunciate 4 persone

Guardia di Finanza: a Roma inchiesta “Mondo di mezzo”. Confiscati ad 8 arrestati beni per un valore di 27 milioni di euro