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Guardia di Finanza: a Chieti operazione “Cuore aperto”. Scoperto un giro di rapporti corruttivi tra sanitari ed imprenditori. Arrestate 4 persone

Di Mariateresa Levi

Chieti. Corruzione, falso, turbativa d’asta ed omicidio colposo, sono questi i capi d’accusa che la Procura della Repubblica di Chieti ha mosso a vario titolo nei confronti di quattro persone (tra le quali il primario di un reparto di cardiochirurgia) sottoposte stamani agli arresti domiciliari al termine dell’Operazione denominata “Cuore aperto” condotta dai Finanzieri del locale Comando Provinciale, che hanno peraltro notificato, ad altri due medici, la misura interdittiva della sospensione temporanea  – per 12 mesi – della professione sanitaria.

L’operazione della GdF contro la corruzione a Chieti

La vicenda è venuta alla luce dopo un anno di complesse attività investigative che i militari della GdF chietina hanno svolto con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e registrazioni con videocamere.

Le attività hanno riguardato una serie di inquietanti condotte illecite verificatesi nelle procedure di approvvigionamento di materiali e dispositivi medici utilizzati all’interno dell’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia dell’ospedale SS Annunziata di Chieti.

Secondo quanto accertato dai militari delle Fiamme Gialle, è stato infatti dimostrato un consumo di gran lunga superiore alle reali esigenze di protesi cardiache ed altri particolari dispositivi medici, che venivano approvvigionati dalla ASL 2 di Chieti al di fuori di qualsiasi procedura di evidenza pubblica, a prezzi più elevati rispetto a quelli pagati da altre aziende sanitarie e che, sovente, venivano portati “a scadenza” oppure sperperati scientemente con lo scopo di far lievitare il volume di spesa della ASL ma soprattutto i guadagni delle imprese fornitrici.

Il dominus principale del consolidato sistema corruttivo è stato indentificato nel suddetto primario il quale, facendo leva sulla sua elevata qualifica, sin dal 2011 predisponeva di suo pugno richieste d’acquisto di protesi cardiache attestandone la necessità e l’urgenza mediante false dichiarazioni di infungibilità del prodotto, inducendo così la ASL competente al loro continuo acquisto che avveniva mediante “procedura negoziata”, ovvero al di fuori delle normali procedure di gara.

Per gli inquirenti, il “sistema” venuto finalmente alla luce nasce dagli stretti rapporti di collaborazione e di amicizia intercorrenti tra lo stesso primario ed alcuni imprenditori che distribuiscono questi complessi congegni medici per conto di alcune multinazionali del settore e che, proprio in quel nosocomio, trovavano facile quanto continuo mercato per importi di diversi milioni di euro.

Tali rapporti amicali, come spesso avviene in questi casi, presupponevano però delle ben precise “utilità” corrisposte in favore del primario e che gli investigatori hanno scoperto essersi sostanziate nell’acquisto di mobilio per l’arredamento del suo studio, una ristrutturazione del pavimento rifatto con pregiato parquet, nonché varie regalie rappresentate da cene in ristoranti di lusso della costiera adriatica e viaggi a Cuba.

Un ulteriore filone investigativo sul conto del primario e dei suoi soci è stato aperto anche per una irregolare procedura d’acquisto che aveva riguardato una macchina per l’assistenza ventricolare (costo 95  mila euro) che il sanitario aveva fortemente voluto nel suo reparto nonostante la struttura fosse già dotata di due apparecchiature simili.

L’acquisto della costosa macchina era stata motivata dall’urgenza di un intervento da operare su un paziente afflitto da un quadro clinico molto compromesso, a detta del sanitario tale da non potersi prevedere altra soluzione terapeutica (salvo il fatto che lo stesso paziente è comunque deceduto pochi giorni dopo l’intervento).

La perizia tecnica disposta dalla Procura della Repubblica sul caso ha però rivelato che il malato non solo non era in condizioni di gravità tali da essere necessariamente sottoposto ad operazione cardiochirurgica, ma che era altresì candidabile a ben altro tipo d’intervento (nello specifico un trapianto di cuore) che sarebbe stato effettuato presso una diversa struttura ospedaliera specializzata.

In altre parole un acquisto letteralmente preteso dal primario oggi finito agli arresti, nonché disposto in assenza della necessaria valutazione del Comitato tecnico scientifico, che ha cosi indotto in errore il competente organo della ASL.

Anche in questo caso, da quanto emerge agli atti dell’indagine, dietro il citato acquisto si celavano rapporti tra il suddetto primario, il direttore commerciale dell’azienda che produce il macchinario, un cardiochirurgo dell’ospedale di Padova e un imprenditore.

I rapporti erano evidentemente finalizzati ad aprire un nuovo canale di distribuzione e vendita della macchina dagli stessi “promozionata”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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