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II Guerra Mondiale, 3 settembre armistizio di Cassibile: la morte della Patria?

Di Alessandro Gentili* 

Cassibile (Siracusa). Il 3 settembre 1943 venne siglato segretamente in una tenda in un’amena località presso l’abitato di Cassibile, in provincia di Siracusa, un accordo con il quale il Regno d’Italia avrebbe dovuto cessare senza condizioni le ostilità nei confronti delle Forze Alleate che, dal 9 luglio, avevano già occupato la Sicilia.

La notizia dell’armistizio

Un evento che a torto viene trascurato dai più, abituati a porre maggiormente l’accento sui fatti dell’8 settembre.

Invece, l’accordo del 3 settembre del 1943 – che segna l’inizio di eventi che saranno poi ritenuti a ragione il Secondo Risorgimento dell’Italia – fu definito dal   Generale Dwigth Eisenhower (che per questo rifiutò di firmarlo personalmente, delegando il Generale Walter Bedell Smith) come “the crocket deal”, ovvero “l’affare sporco”, per come era stata condotta scorrettamente la trattativa.

Alcuni protagonisti dell’accordo

Un accordo sommario, diversissimi punti di vista tra americani e inglesi sul trattamento da riservare all’Italia, una resa incondizionata supportata da gravissime minacce cui sarebbe seguito un ulteriore accordo politico, il trattato del “Lungo Armistizio” che verrà siglato a Malta il 29 settembre 1943, a bordo della nave britannica Nelson, dai rappresentanti degli alleati – Generale Eisenhower, Ammiraglio Cunningham, Generale Mc Farlane, Generale Gorth ed i loro ufficiali – e dai rappresentanti dell’Italia: il Maresciallo Badoglio, il Generale Ambrosio, il Generale Roatta, il Generale Sandalli, e l’Ammiraglio De Courten, con i loro ufficiali.

L’accordo sarebbe dovuto entrare in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, in un primo tempo fissato per il 15 settembre, ma che di fatto sarà effettuato invece nel pomeriggio dell’8 settembre, alle ore 18.30 italiane, tramite Radio Algeri con una dichiarazione del Generale Dwigth Eisenhower.

Dopo circa un’ora, il capo del Governo italiano, Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, si trovò costretto a confermarlo con il famoso proclama trasmesso alla radio dall’EIAR: “Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.

La firma dell’accordo di Cassibile era stato il risultato di lunghe e contorte trattative con gli alleati, intessute a più riprese e da più personaggi, tra cui pure la principessa Maria José ed anche alcuni esponenti di primo piano del Gran Consiglio del Fascismo.

Ma l’esigenza di porre fine alla guerra era molto più importante e pressante per l’Italia che per le Nazioni Unite, tanto che il premier inglese Churchill credette bene di evitare qualsiasi concessione, affidando ai bombardamenti aerei il compito di ricordare agli italiani l’urgenza che la guerra finisse, facendo in modo che i tentativi diplomatici dell’Ambasciatore Guariglia cadessero nel vuoto e che la risposta ai Generali Castellano e Zanussi fosse la resa incondizionata.

Questa condotta di Churchill, pur puntando sulla conservazione dello Stato italiano, al fine di controllarne meglio il territorio, risparmiando risorse preziose, ed utilizzarlo in qualche modo nella guerra contro la Germania, lo condusse invece a sfasciarlo quasi completamente (1).

Sta di fatto che l’accordo venne firmato dal Generale Castellano – che aveva ripetutamente e inutilmente cercato di ottenere una formale delega da Badoglio – per il Maresciallo Badoglio e dal futuro direttore della CIA Walter Bedell Smith, a nome di Eisenhower.

E solo dopo aver appreso finalmente della sigla dell’accordo, Eisenhower annullò la partenza di ben 500 aerei in procinto di decollare, destinati a bombardare Roma, soprattutto per convincere Badoglio, che temporeggiava pretestuosamente e non era del tutto convinto di doversi intestare la paternità dell’accordo.

La firma dell’accordo, noto come “accordo breve”, un accordo squisitamente militare, sottintendeva però il recepimento anche di un “accordo lungo” (2) che stabiliva di fatto potenziali condizioni assai umilianti per l’Italia, da attuarsi in relazione all’effettiva collaborazione che l’Italia avesse poi veramente offerto.

Mentre a Cassibile Castellano firmava l’accordo, Badoglio informava i suoi ministri della Guerra e della Marina, nonché il Generale Ambrosio e il Ministro della Real Casa Acquarone che vi erano semplicemente trattative in corso.

Comunque, con la firma dell’armistizio Badoglio aveva acquistato una nuova forza agli occhi delle Nazioni Unite, sebbene considerata dai più ambigua e sgradevole (3).

Il “Times” il 9 settembre nell’annunciare “The surrender of Italy” concludeva però il suo reportage chiosando “Prostrato sotto una successione di colpi che nell’ultima fase aveva quasi cessato di parare, il governo italiano si è consegnato alla mercé dei suoi conquistatori. Così l’Italia paga in vergogna il prezzo dell’arroganza dei suoi ultimi padroni: una penalità che è anche dovuta . . . da un popolo che fece per viltà il gran rifiuto, scelse di disertare le alte responsabilità della libertà. . . La politica della dichiarazione di Casablanca è stata mantenuta sino alla fine. La resa è incondizionata; i termini dell’armistizio non sono i risultati di un patto, ma il limite di quanto un Comandante in Capo ha trovato opportuno di prendere. . . le forze armate dell’Italia sono state battute e sottomesse sul campo di battaglia e che la resa è stata accettata dai loro comandanti. Questo è il valore della firma di Badoglio, a traverso i suoi rappresentanti: ciò che in nessun modo implica il riconoscimento alleato del governo stesso”.

Quindi, durissimo il giudizio dell’opinione pubblica americana, decisamente meno edificante di quanto spesso ci piace pensare di come stessero le cose.

Alla diffusione del proclama di Badoglio seguirono come noto momenti di confusione, disordine e disorientamento totale, che si concluse con una sconclusionata e fortunosa fuga da Roma del Re, del Principe ereditario e di Badoglio; evento che però poi avrebbe dimostrato – almeno per alcuni – come la “fuga di Pescara” abbia invece probabilmente salvato l’Italia e la politica anglo-americana.

Infatti, se il Re e il Maresciallo Badoglio potevano parlare agli italiani e al nemico, dichiarando di tenere fede all’armistizio e sconfessando qualsiasi governo sorto sotto protezione tedesca, sarebbe rimasto stabilito che qualsiasi porzione dell’Italia occupata dagli eserciti tedeschi sarebbe stata occupata da invasori e non da alleati. Così la resistenza del popolo italiano riceveva il sostegno della legalità.

L’ “accordo breve” di Cassibile, vergato in un inglese semplice quanto duro e di immediata comprensione è stato reso noto solo grazie ad una desecretazione dello scorso 2003; esso prevedeva tra l’altro l’immediato trasferimento delle navi e degli aerei italiani nei porti e nelle basi occupate dagli alleati, mentre le clausole dell’ “accordo lungo” e l’atto denominato “Condizioni aggiuntive di Armistizio con l’Italia”, che integravano gli accordi del 3 settembre, avranno vigore sino alla firma a Parigi del trattato di pace avvenuta il 10 febbraio 1947, atto unilaterale imposto all’Italia e accettato dal governo post bellico.

L’Italia riconoscerà di avere intrapreso una guerra di aggressione e accetterà conseguentemente una serie di clausole punitive, quali mutilazioni del territorio nazionale, rinuncia alle colonie, limitazioni alla sovranità dello Stato, divieti circa gli armamenti anche solo difensivi e restrizioni di ogni genere.

Tra l’altro, cosa non da trascurare, il governo italiano era stato impegnato ad arrestare Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutti i sospettati di aver commesso delitti di guerra e consegnarli alle Forze delle Nazioni Unite.

Sappiamo che le cose non sono andate proprio così. Difficile trarre un giudizio su questi eventi. Anche Mussolini avrebbe pensato di staccarsi da Hitler ma gli eventi, ed i tradimenti di alcuni suoi fedelissimi, lo portarono prima alla destituzione, poi alla prigionia, quindi alla sfortunata liberazione che lo rimise nelle braccia di Hitler che di fatto ne decretò la fine, non solo politica.

Ciò che avvenne l’8 settembre e “la fuga di Pescara” suscitò e suscita ancora giudizi controversi, espressi quasi sempre senza obiettività.

Ci fu chi come lo storico Renzo de Felice definì l’8 settembre “la morte della Patria”, ma anche chi come Carlo Azelio Ciampi che spiegò che era morta di sicuro una certa idea di Patria, quella fascista, ma ne era nata un’altra, quella democratica (4).

Oggi, a 76 anni dalla firma dell’accordo di Cassibile, ancora incapaci di stabilire cosa abbia rappresentato veramente l’8 settembre, figlio del 3 settembre del 1943, ci vogliamo rinfrancare rileggendo alcuni aforismi di un grande italiano, Ennio Flaiano (1910-1972): “Gli italiani non sono fatti per la rivoluzioni. Gli italiani vogliono la rivoluzione ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri”; “Coraggio il meglio è passato”; “Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore”. . .

(1) Così in Degli Espinosa, A., Il Regno del Sud, Rizzoli, Milano, 1995, pagg. 11 e ss.

(2) Le clausole dell’ “armistizio lungo” erano state imposte al Generale Zanussi dall’Ambasciatore Campbell in sede di precedenti tentativi di accordo e Zanussi per semplificare le cose non ne parlò al Generale Castellano che al momento della firma

(3) Degli Espinosa, A., op. cit. pag. 36 e 37

(4) Ampl. cfr. pure Alga-Rossi, E., Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre del 1943 e le sue conseguenze, Bologna, il Mulino, 2003

Bertoldi, S., APOCALISSE ITALIANA. Otto settembre 1943. Fine di una nazione, Milano, Rizzoli, 1998

Lizzadri, O., Il regno di Badoglio, ed. Avanti, Milano, 1963

Roatta, M. Otto milioni di baionette – l’Esercito italiano in guerra dal 1940 al 1944, Mondadori, Milano, 1946.

(*) Generale di Brigata dei Carabinieri (ris) – Vicepresidente Nazionale per l’Arma dei Carabinieri dell’ Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari Guerra di Liberazione (ANCFARGL)

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