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COVID-19: CONSEGUENZE PSICOLOGICHE A BREVE E LUNGO TERMINE

Di Sara Palermo*

Torino. In assenza di strategie alternative per contrastare il diffondersi del contagio, le politiche di contenimento sono necessarie.

Importante il contenimenrto del coronavirus

L’Italia – come sottolineato da più parti – rappresenta un laboratorio naturale per misurare scientificamente l’efficacia delle azioni di mitigazione attivate.

Il nostro Paese rappresenta, infatti, il fronte più avanzato nella guerra contro l’epidemia in Europa e dai nostri (in)successi potrebbero dipendere l’andamento della pandemia e le future azioni intraprese da altre nazioni.

Sebbene ad oggi abbiamo dati alquanto consistenti circa il fatto che le modalità di isolamento/contenimento finora messe in atto portino a risultati concreti, non possiamo sottovalutare le conseguenze psicologiche che questo nemico invisibile, il protrarsi e l’intensificarsi di questa minaccia, e le azioni di mitigazione producono nelle persone.

Tutti noi mettiamo in atto meccanismi mentali e comportamenti sviluppatisi durante l’intero arco di evoluzione della nostra specie.

In particolare, i comportamenti di salvaguardia individuali e del nucleo familiare sono primitivi, basilari ed automatici.

Ciò che era funzionale alla nicchia ecologica iniziale non sempre lo è ai giorni nostri.

Si parla di mismatching. Per ovviare a ciò, la mente procede per processi di assimilazione e confronto per somiglianza con quanto già si conosce.

Questo ci dà i riferimenti per affrontare l’ignoto e ci rassicura. È un meccanismo automatico utile sebbene talvolta fallace.

Il COVID-19 non ci ha dato il tempo di adeguarci all’ignoto e la pandemia non assomiglia a nulla che abbiamo sperimentato in passato.

Il Coronavirus non ci ha dato il tempo di adeguarci all’ignoto

Da qui sgomento, paura, ansia. Queste ultime sono emozioni primarie, indotte da una minaccia attuale o potenziale che possa affliggere il nostro benessere o la nostra sopravvivenza.

La paura produce un’attivazione fisiologica immediata dell’organismo per far fronte alla minaccia incombente (risposta di attacco-o-fuga) e focalizza l’attenzione su di essa, rendendoci cauti, portandoci ad analizzare costi, rischi e conseguenze prima di prendere una decisione.

L’ansia è un’emozione che si esprime tramite tutto il sistema psicologico e fisiologico dell’individuo alterandone l’equilibrio naturale.

Ci rende nota l’esistenza di uno stimolo saliente, concentra tutte le energie nel momento dato, a beneficio della nostra riuscita e delle prestazioni.

Un eccesso di ansia può determinare un effetto “tunnel”: ci rende irrazionali, impulsivi, diminuendo la capacità di concentrarci e riducendo le nostre chance di compiere decisioni appropriate.

Ecco che, mentre la gran parte della popolazione ha accettato le azioni di mitigazione, le ha comprese ed introiettate responsabilmente, trovando un nuovo seppur difficile equilibrio, iniziando a crearsi nuove abitudini, una parte al momento è “irresponsiva”.

Troviamo coloro che percepiscono il pericolo distante da sé, si ribellano alle Autorità assecondando il proprio opportunismo egoista, ovvero testimoniano con la propria disubbidienza sfiducia e rabbia verso le istituzioni.

Aumentano i controlli in tutta Italia

Dall’altro coloro che si lasciano andare, assecondano il pensiero fatalista del “tanto non vi è nulla che possiamo fare” e coloro che rischiano una compromissione disfunzionale della propria vita guidati da fobia e panico.

Le emozioni sono processi multicomponenziali fondamentali. Ciò che bisogna gestire non sono le emozioni in sé ma la disregolazione delle emozioni, ossia la perdita di controllo, l’interruzione della “stabilità interna” e la capacità di contemperare la reazione automatica addomesticandola con la mente.

Cosa non sempre facile in caso di quarantena. L’isolamento prolungato produce depressione, problemi nell’elaborazione delle informazioni, difficoltà di presa di decisioni, deficit attentivi e di memoria.

Nei casi più gravi, può condurre ad un’alterazione tale della percezione della realtà da provocare allucinazioni, proiezione nel mondo esterno di sentimenti e pensieri, paranoia.

L’approccio psico-neuro-endocrino-immunologico ha dato evidenza di come distress, ansia e depressione siano in grado di portare ad infiammazione organica e disregolazione omeostatica dell’organismo, indebolendo il sistema immunitario e favorendo l’insorgere di patologie.

La situazione attuale è pertanto in grado di provocare conseguenze a breve, medio e lungo termine non dissimili rispetto a quelle conseguenti grandi catastrofi, conflitti armati, attacchi terroristici.

Sensazioni di paura, insicurezza, impotenza, solitudine sono comuni, possono affliggere la condizione psicofisica dell’individuo, aggravare prognosi ed outcome di malattia.

In tal senso, ricercatori ed esperti del settore hanno lanciato i primi moniti a febbraio 2020: sono urgenti e necessari interventi tempestivi, volti ad assicurare il benessere psicofisico e la salute mentale della popolazione.

Un recente articolo pubblicato su “The Lancet – Psichiatry” offre un primo inquadramento delle conseguenze psicologiche della pandemia, e la mette a confronto con il precedente storico dell’epidemia di SARS che nel 2003 fece 800 vittime, partendo sempre dalla Cina per poi diffondersi soprattutto in Asia e Canada.

L’epidemia di SARS nel 2003 fece 800 vittime

Sebbene le due malattie presentino manifestazioni cliniche differenti, la causa infettiva, le caratteristiche epidemiologiche, il modello a rapida trasmissione e la preparazione insufficiente delle autorità sanitarie risultano raffrontabili.

Secondo Yu-Tao Xiang e collaboratori, il rischio maggiore è quello di sperimentare paura incontrollata, stress e ansia aumentati e proporzionali ai sintomi di malattia esperiti e agli effetti collaterali di alcuni farmaci (come l’insonnia, potenzialmente causata dai farmaci cortisonici), e all’eccesso di informazione incontrollata proveniente dai social media.

Seguono sensi di colpa e di impotenza legati all’impossibilità di stare vicino ai propri cari a causa dell’isolamento, il timore di infettarsi e di diffondere il virus.

A conferma di ciò, Samantha Brooks e collaboratori, in una review da poco pubblicata su “The Lancet”, evidenziano come la quarantena induca confusione, rabbia, paura ed abuso di sostanze, disturbo acuto e post-traumatico da stress.

Fattori precipitanti (e perpetuanti) il quadro sintomatologico sembrano essere: durata della quarantena, perdita di capacità finanziaria, stigma attorno alla malattia, mancanza di rifornimenti di base, scarsità delle informazioni ai fini della quarantena e delle linee guida delle azioni da intraprendere da parte delle Autorità.

I sintomi dello stress post-traumatico perdurano a lungo, anche a quarantena finita. L’impatto negativo maggiore lo subiscono soggetti con pregressa storia di disturbi psichiatrici e gli operatori sul campo.

Gli scienziati propongono quattro strategie di intervento vicariate dalla pregressa esperienza con la SARS: team multidisciplinari per assistenza e supporto della popolazione paziente, del personale sanitario e di Stato coinvolto; garanzia di comunicazioni univoche, chiare e tempestive circa la diffusione del virus ed il suo contenimento; creazione di piattaforme ICT-IoT per fornire supporto psicologico a distanza; valutazioni periodiche per la diagnosi precoce di depressione e ansia clinicamente significative e tendenze suicidarie, in modo da garantire un intervento rapido e mirato.

Un ulteriore suggestione. Stampa, social e media sono strumenti essenziali per il veicolarsi delle informazioni ma anche elementi potenzialmente dannosi, perché talvolta confondenti ed orientati ad amplificare la risonanza delle notizie negative.

L’informazione H24 si fa bombardamento, diffonde allarme, ciba le paure. le persone ne parlano, contribuendo ad alimentare il circolo vizioso di cui sopra. È infodemia. Dobbiamo cercare di controbilanciare la situazione, promuovendo un possibile circolo virtuoso.

Esempi di processi virtuosi, solidarietà, coraggio e resilienza inducono emozioni positive, favorendo i processi cognitivi, un approccio proattivo alla soluzione dei problemi, e la salute fisica delle persone. Le emozioni sono virali: possono contagiare in negativo ed in positivo.

Comunicare alle persone che le cose possono andare meglio, che si sta raggiungendo l’obiettivo comune, che c’è speranza, dà senso e significato ai sacrifici che stanno portando avanti e le motiva ad andare avanti.

Migliorare le modalità di comunicazione/informazione di istituzioni e mass media e creare servizi per il rilevamento e la presa in carico delle conseguenze psichiche della pandemia sono da considerarsi pertanto un endpoint primario.

*M. Sc. in Clinical Psychology and Ph.D. in Experimental Neuroscience
PostDoctoral Research Fellow
Assistant Specialty Chief Editor for Frontiers in Psychology – Neuropsychology

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