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Crisi russo-ucraina: la restrizione russa sulla libertà di navigazione nello Stretto di Kerch è un atto giuridicamente illecito

Di Giuseppe Paccione*

Mosca, Come sul piano territoriale, anche su quello marittimo la Russia sta agendo nella Penisola di Crimea, esplosa già nel 2013, agglomerando forze terrestri a ridosso del confine con l’Ucraina.

La Penisola di Crimea

Difatti, Mosca ha comunicato che sarebbe intenzionata a chiudere alcuni lembi marittimi del Mar Nero al largo delle coste della Crimea e vicino allo Stretto di Kerch, parte cruciale del commercio regionale di grano che collega il Mar d’Azov con il Mare Nero e sotto il controllo russo.

Il ponte sullo Stretto di Kerch

La chiusura comporterebbe l’inibizione a navi da guerra e ad altre imbarcazioni di servizio pubblico o statale, per alcuni mesi, di poter transitare liberamente.

Tale annuncio non poteva non far scattare una serie di proteste in primis da parte delle autorità governative ucraine e, successivamente, della Casa Bianca.

Dura è stata la posizione del Dipartimento di Stato americano che ha manifestato una profonda preoccupazione per la dichiarazione delle autorità di Mosca, accusandola di creare una nuova escalation per minare e destabilizzare gli sforzi di pace tra russi ed ucraini.

La decisione del governo russo di procedere alla restrizione sino alla chiusura della navigazione marittima nello stretto considerato, avviene un momento in cui il Cremlino sta rafforzando il dispiegamento di massicce truppe nella penisola della Crimea e attorno alle frontiere dello Stato ucraino che non superava sin dalla sua occupazione bellica avvenuta nel 2014.

Su questo punto, pare che, dopo le dure proteste, le autorità russe abbiano deciso di dimezzare la presenza di forze armate con il ritiro di alcune di esse dal confine ucraino.

IL DIRITTO INTERNAZIONALE

Sul piano del diritto internazionale del mare, vige il criterio del cosiddetto  ius passaggi innoxi (diritto di passaggio inoffensivo o innocente) che può essere definito quale possibilità giuridica delle navi battenti bandiera di altri Stati di poter attraversare liberamente il mare territoriale di uno Stato, purché tali bastimenti rispettino l’ordinamento in ogni suo aspetto ed esigenza, nel senso che non può uno Stato costiero ostacolare il transito che deve essere inerme.

Si può, dunque, considerare che si tratta di un diritto riconosciuto nel tempo dalla prassi, una specie di proiezione del diritto di libera navigazione in mare libero, purché nessuna imbarcazione transitante cagioni disturbo alla comunità costiera.

Ergo, tutte le navi, comprese quelle da guerra e di servizio pubblico, rientrano nella sfera di godimento del diritto di transitare in maniera innocente nel mare territoriale dello Stato rivierasco..

La mappa dello Stretto di Kerch

La sovranità dello Stato costiero sulle acque marine, che costeggiano il territorio dello Stato, incontra dei limiti di questo passaggio che deve essere continuo e spedito.

Lo stesso aggettivo inoffensivo va considerato quale comportamento che non deve arrecare alcun pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero stesso.

Inoltre, un passaggio viene considerato innocente nel momento in cui si delinea il diritto di qualsiasi nave di transitare per il mare territoriale di un altro Stato nella misura in cui non cagioni un problema per l’ordine pubblico, la pace e la sicurezza dello Stato litorale.

Si pensi anche ad una lista di attività la cui commissione da parte della nave battente bandiera di uno Stato terzo rende automaticamente non inoffensivo il suo transito nelle acque territoriali, nel senso che la discrezionalità dello Stato rivierasco, nello stabilire quando il passaggio non sia inoffensivo, è, infatti, solo in parte temperata da un elenco di attività considerate pregiudizievoli sempre per la pace, l’ordine pubblico e la sicurezza, dal momento che la lista non ha carattere tassativo .

Lo Stato costiero è titolare a regolamentare la navigazione che avviene nel proprio spazio marino o mare territoriale, dove esercita i suoi poteri sovrani su materie che possono essere oggetto di regolamenti o leggi, sancito dall’articolo 21 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (CNUDM) che, dal lato degli interessi tutelabili, può essere distinto in due parti.

Nella prima parte, vi sono materie più generali che trascendono l’interesse specifico dello Stato costiero; nella seconda parte, invece, ci sono materie che si occupano della tutela normativa degli interessi particolari da parte dello Stato rivierasco .

In aggiunta, lo Stato costiero non deve ostacolare il passaggio innocente delle navi di terzi Stati con leggi e regolamenti, come pure negare o pregiudicare tale transito.

Altro aspetto importante è che lo Stato costiero può adottare le misure necessarie per impedire, nelle sue acque territoriali, ogni passaggio che non sia inoffensivo, come viene sancito in una disposizione, che legittima le azioni coercitive dello Stato rivierasco, della Convenzione di Montego Bay del 1982.

Inoltre, sempre la medesima disposizione consente allo Stato costiero, senza stabilire una discriminazione di diritto o di fatto tra le navi straniere, di sospendere temporaneamente il passaggio inoffensivo di navi straniere in zone specifiche del proprio mare territoriale nel momento in cui tale sospensione sia indispensabile per la protezione della sua sicurezza, ivi comprese le esercitazioni con armi .

Tale sospensione ha effetto soltanto dopo essere stata opportunamente pubblicizzata, anche se l’autorità dello Stato costiero di procedere alla sospensione del passaggio innocente non è illimitata.

Verso la fine di maggio dell’anno scorso, le autorità russe annunciavano che avrebbero avviato la chiusura sine die di porzioni del Mar Nero a navi da guerra e a navi di servizio pubblico per un periodo di circa sei mesi.

Quest’annuncio di rendere inoperabili parti di mare, che costeggiano la penisola della Crimea, è corroborato da una serie di problematiche accompagnate da una gamma di ragioni.

In primo luogo, come viene statuito nella CNUDM, la sospensione del passaggio innocente deve essere temporanea, rispetto alla eventuale decisione di Mosca di impedire alla navigazione marittima di transitare nelle acque territoriali che costeggiano la Crimea, ivi compreso lo stretto di Kerch, quotidianamente, per cui non si può parlare di sospensione temporanea.

In secondo luogo, tale sospensione potrebbe costituire de iure e de facto una forma di discriminazione fra le navi straniere, nel senso che la dichiarazione russa andrebbe ad applicarsi soltanto alle navi da guerra e ad altre navi di servizio pubblico, cagionando una discriminazione fra i vari tipi di bastimenti battenti bandiera di Stati terzi.

In terzo luogo, è ovvio che la sospensione del transito innocente nel mare territoriale deve essere considerato un elemento fondamentale ed essenziale affinché sia garantita la sicurezza dello Stato costiero.

La Russia, in sostanza, non ha indicato alla comunità internazionale la ragione per la quale sta chiudendo alcuni lembi del territorio marittimo del Mar Nero.

L’atto presunto di voler sospendere il transito da parte del Cremlino alle imbarcazioni militari o di servizio pubblico, che navigano al largo della Crimea, potrebbe rientrare nella sfera della illiceità e, quindi, in contrasto con il diritto internazionale generale.

Nella misura in cui la zona di mare venga chiusa, estendendosi al di là delle 12 miglia nautiche dell’area di mare adiacente alle coste di uno Stato denominato difatti mare territoriale, il sottocomitato per Worldwide Navigational Warning Service ritiene che lo Stato russo può determinare zone di avvertimento momentaneo solo per allertare sia le navi sia gli aeromobili, che stanno navigando o sorvolando la zona considerata, indicando che vi siano delle attività in corso al di fuori del proprio mare territoriale e che, pertanto, possono costituire un pericolo per la navigazione e il sorvolo .

Tali aree di avvertimento, dunque, non sono considerate di esclusione. Le navi e gli aeromobili sono nella piena titolarità di poter navigare e sorvolare in tali aree, pur essendo al corrente della pericolosità alla quale possono incorrere.

Come viene enunciato nella CNUDM, circa l’illegittimità delle rivendicazioni di sovranità sull’alto mare, alcuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare alla propria sovranità alcuna parte dell’alto mare, inclusa la zona economica esclusiva.

Quindi, nell’ambito del regime di inappropriabilità, nessuna entità statale potrà estendere il proprio mare territoriale al di là dei limiti sanciti dal diritto internazionale, per cui vige il regime di libertà valevole erga omnes e il rispetto dell’eguale libertà altrui, nel senso che è vietato ogni abuso del diritto.

Oltre il mare territoriale, pertanto, tutte le navi e gli aeromobili, indipendentemente dalla loro grandezza, godono delle libertà di navigazione e di sorvolo in e sul mare internazionale e di altri usi internazionalmente leciti dei mari connessi a questa libertà, comprese ogni attività militare.

Questa disamina ci porta a ritenere che la eventuale chiusura di determinate zone da parte delle autorità di Mosca, al di là del mare territoriale, viene considerata illegittima e incompatibile con le norme del diritto internazionale del mare.

L’attuale annuncio delle autorità della Federazione russa ai bastimenti di Stati terzi rischia di bloccare l’accesso allo Stretto di Kerch, che separa la Crimea dalla regione russa di Krasnodar, e che tale Stretto riveste un punto nevralgico sul piano strategico, sebbene costituisca il punto di passaggio obbligato per raggiungere dal Mar Nero il Mare di Azov.

La eventuale chiusura rischierebbe di portare la situazione nell’ambito della violazione dell’Agreement between Ukraine and the Russian Federation on the Ukraine-Russian State Border, con cui sia La Russia, sia l’Ucraina riconoscono l’importanza del Mare di Azov e dello Stretto di Kerch per lo sviluppo economico di entrambi i Paesi, determinando la competenza esclusiva sulla delimitazione dell’area Azov-Kerch e sulla navigazione al suo interno.

Tale trattato bilaterale sottolinea che «la cooperazione russo-ucraina, compresa la loro attività comune nel campo della navigazione, ivi la sua regolamentazione e il supporto alla navigazione e idrografico, la pesca, la protezione dell’ambiente marino, la sicurezza ambientale e la ricerca e il salvataggio nel Mare d’Azov e nello Stretto di Kerch sono garantiti sia attraverso l’attuazione di accordi esistenti sia, nei casi rilevanti, mercé la conclusione di nuovi accordi» e che, pertanto, “le controversie tra le Parti relative all’interpretazione e all’applicazione del presente Accordo dovrebbero essere risolte attraverso consultazioni e negoziati, nonché attraverso altri mezzi pacifici a scelta delle Parti”, in particolar modo riguardanti l’area idrica di Azov-Kerch dovrebbe essere risolta pacificamente.

Inoltre, sempre tale accordo russo-ucraino, riconosce che il Mar d’Azov include i porti di entrambi gli Stati considerati e prevede che la navigazione delle navi da guerra e mercantili battenti bandiera sia dello Stato russo che quello ucraino è libera, a differenza di quella delle navi da guerra battenti bandiera di Stati terzi, subordinata all’autorizzazione della Russia e dell’Ucraina quali soggetti di diritto internazionali contraenti e al consenso dell’altro .

La decisione unilaterale e, in un certo senso, molto brusca da parte del governo di Mosca dello Stretto di Kerch diverrebbe un impedimento alle navi battenti bandiera ucraina verso l’ingresso dei suoi porti strategici presenti nel Mar d’Azov, senza consultare le autorità di Kiev, violando gli impegni che la Russia ha sottoscritto nel trattato bilaterale.

Difatti, le autorità ucraine hanno presentato una nota verbale di protesta nei riguardi del Cremlino per la ragione che il comportamento russo costituisce “il tentativo, violando le norme e i principi del diritto internazionale generale, di usurpare i diritti sovrani dell’Ucraina come Stato costiero», evidenziando anche che tale iniziativa unilaterale può essere reputata «una grave violazione del diritto alla libertà di navigazione, garantito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”.

Non vi sono dubbi, pur se si è consapevoli che lo stretto di Kerch sia instabile, che la chiusura dello stretto da parte della Federazione russa viola il dettame normativo determinato dalla CNUDM, in base al quale tutte le navi e gli aeromobili godono del diritto di passaggio in transito, che non deve essere impedito, giacché lo Stretto di Kerch viene ritenuto essere un lembo di mare, pur se ristretto, per la navigazione marittima internazionale tra una parte di alto mare o zona economicamente esclusiva e un’altra parte di alto mare o zona economicamente esclusiva, ossia quando lo stretto unisce due zone di mare in cui la libertà di navigazione viene garantita .

Lo Stretto di cui si sta trattando è del tutto sovrapposto ai rispettivi mari territoriali della Russia e dell’Ucraina e collega due aree della zona economica esclusiva nel Mare d’Azov e nel Mar Nero.

Difatti, in tale Stretto transitano molte navi mercantili che sono impegnate negli scambi commerciali internazionali. La via d’acqua, dunque, soddisfa i criteri geografici e funzionali di uno stretto internazionale, quale contrazione del mare tra due terre emerse che rappresentano una naturale via di passaggio, in cui si applica il diritto di poter transitare .

Nella stessa Convenzione di Montego Bay, si statuisce che gli Stati rivieraschi non possono sospendere il passaggio di transito, nel senso che non debbono ostacolare tale passaggio e debbono segnalare con pubblicità adeguata qualsiasi causa di pericolo alla navigazione o al sorvolo nell’area dello stretto, che sia ad essi nota; pertanto, il passaggio in transito non può essere sospeso.

Da ciò, si può considerare che la eventuale chiusura delle autorità di Mosca dello Stretto di Kerch e l’impedimento di accedere al Mare d’Azov rappresenta una netta violazione del diritto internazionale del mare e della CNUDM.

Su questo punto, non solo l’Ucraina, ma anche gli Stati membri dell’Unione Europea hanno rimarcato che il diritto delle navi, a prescindere se siano pubbliche o private, deve valere anche per lo stretto di Kerch, nel senso che tale diritto deve essere applicato.

Il transito dello Stretto di Kerch, che costituisce il punto di passaggio obbligato per poter raggiungere il Mare d’Azov, è divenuto complicato dal momento in cui Vladimir Putin ha deciso di aprire, con la costruzione di un ponte illegale, la via che collega la Federazione russa con la Crimea.

Il Presidente russo, Vladimir Putin

L’ampiezza del ponte limita l’altezza dei bastimenti che attraversono lo stretto ed è sotto il controllo integrale delle autorità russe, tanto da ostacolare in tal modo i passaggi delle navi.

Si può portare alla mente la controversia fra Kiev e Mosca, originato dal fermo e dal successivo sequestro, nel 2018, di due navi da guerra battenti bandiera ucraina e di un rimorchiatore militare di supporto, con l’intero equipaggio, da parte delle autorità militari russe in relazione al tentativo delle imbarcazioni ucraine di transitare per lo Stretto di Kerch.

In sostanza, Mosca ha utilizzato il ponte ed una nave container per ostacolare le navi ucraine affinché non entrassero nello Stretto.

Il comportamento russo ha spinto le autorità ucraine a ricorrere al Tribunale internazionale del diritto del mare, organo preposto alla soluzione delle controversie e che può essere adito da qualsiasi Stato contraente alla CNUDM , e alla Corte Permanente dell’arbitrato , quest’ultima consistente, in realtà, in un procedimento per facilitare la costituzione di un Tribunale arbitrale ad hoc, vale a dire – per essere chiari ed evitare ogni tipo di confusione – che essa non è che una lista di arbitri sul quale gli Stati in controversia scelgono gli individui che dovranno comporre l’arbitrato ad hoc, con il compito di risolvere la controversia fra soggetti di diritto internazionale .

Circa tale vicenda, gli organismi dell’Unione hanno denunciato e posto delle sanzioni alla costruzione del ponte e della linea ferroviaria che collegano la Russia alla penisola di Crimea, annessa illegalmente, attraverso lo Stretto di Kerch, causando l’ulteriore isolamento della Crimea dall’Ucraina .

Anche il governo statunitense ha seguito la stessa linea dell’Unione adottando delle misure sanzionatorie a entità e individui russi responsabili della costruzione del ponte in considerazione .

Su quanto accadde nel 2018, si è espresso anche il Parlamento della UE, condannando la costruzione del ponte sullo Stretto di Kerch che collega la Penisola di Crimea, illegalmente annessa, alla Russia continentale, e la violazione dei diritti di navigazione nelle acque territoriali ucraine; evidenziando, inoltre, che la Federazione Russia è vincolata dal diritto internazionale del mare e dall’accordo di cooperazione bilaterale con l’Ucraina a non ostacolare o impedire il passaggio attraverso lo stretto di Kerch e il Mar d’Azov.

La condanna, inoltre, riguarda anche «la costruzione del ponte di Kerch e di un gasdotto nonché la posa di cavi sottomarini di collegamento con la penisola di Crimea, annessa illegalmente, essendo avvenuti senza il consenso dell’Ucraina, che costituiscono un’altra violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Federazione russa».

Ancora, sempre nella risoluzione di condanna da parte del Parlamento UE, viene evidenziato che il ponte di Kerch limita «le dimensioni delle navi che possono raggiungere i porti ucraini sul Mar d’Azov a un pescaggio inferiore a 33 metri e una lunghezza inferiore a 160 metri, il che ha reso impossibile l’accesso al Mar d’Azov per le navi Panamax, che rappresentano oltre il 20% di tutto il traffico navale precedente la costruzione del ponte» che, prima dell’apertura del ponte sullo Stretto di Kerch nella primavera di quest’anno, le ispezioni avvenivano in modo casuale e non intrusivo e senza causare perturbazioni al libero flusso delle navi e delle merci.

Viene pure incluso nella condanna UE la pratica russa di bloccare e ispezionare navi commerciali ucraine e battenti bandiera straniera che attraversano lo stretto, comprese più di 120 navi registrate nell’Unione europea, che erano dirette verso o da porti ucraini.

Il Parlamento europeo ha considerato, dunque, le azioni della Russia come una violazione del diritto marittimo internazionale e ha condannato la costruzione illegale del ponte Kerch e la violazione dei diritti di navigazione da parte della Russia, che ostacolano il diritto di transito attraverso lo stretto stesso .

Essendo uno degli Stati confinanti, l’Ucraina ha sempre ribadito che l’istituto del passaggio inoffensivo deve essere valevole e attuato anche allo Stretto di Kerch.

Il reclamo delle autorità di Kiev, avvenuto nel settembre 2016, è stato notificato alle autorità di Mosca assieme alla dichiarazione di appello all’Allegato VII, che prevede l’individuazione dell’organo giudiziario o arbitrale , della CNUDM relativo alla controversia sui diritti degli Stati rivieraschi nel Mar Nero, nel Mar d’Azov e nello Stretto di Kerch.

Attraverso la sua documentazione, le autorità ucraine chiedevano al Tribunale arbitrale di giudicare il comportamento russo e dichiarare la responsabilità di Mosca per aver violato l’articolo 2 della CNUDM relativo al regime giuridico del mare territoriale , con l’edificazione del ponte priva di autorizzazione e la posa di cavi sottomarini e via discorrendo.

L’Ucraina ha, inoltre, posto in risalto la responsabilità della Russia per aver violato il diritto di passaggio di transito e l’obbligo dello Stato costiero di non impedire tale passaggio nello Stretto di Kerch.

Lo Stato ucraino, in merito alla questione relativa allo status del Mare d’Azov e dello Stretto di Kerch, respinge in maniera netta di aver trattato tali zone di mare come lembi di mare interno comune prima o dopo l’entrata in vigore del Trattato del 2003, in viene statuito che tale area di mare viene preservata in quanto complesso integrale economico e naturale utilizzato negli interessi di entrambi gli Stati.

Su tali ragioni, la delegazione ucraina domandava agli arbitri del Tribunale arbitrale ad hoc di ordinare alle autorità di Mosca, inter alia, di provvedere a presentare pertinenti assicurazioni e garanzie pubbliche affinché la Russia non avrebbe impedito il passaggio innocente nello Stretto di Kerch.

Le attuali aree di chiusura della Russia nel Mar Nero e il controllo dello Stretto di Kerch sono tattiche legate alla sua continua occupazione e annessione della Crimea, di cui, in modo sintetico, si può percorrere un breve tratto degli accadimenti avvenuti nel 2014.

È ben noto e chiaro che la Federazione russa, occupando e annettendo la penisola di Crimea, abbia commesso un illecito internazionale, violando una norma ormai imperativa dell’inibizione dell’azione coercitiva armata, sancita dalla Carta delle Nazioni Unite cioè a dire dall’articolo 2, paragrafo 4, disposizione ritenuta una pietra angolare dello Statuto onusiano (come ha sottolineato la Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza relativa alle attività armate sul territorio del Congo).

Difatti, la disposizione de quo sancisce che «i Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite», vale a dire che tale divieto non si considera più il contenuto di una norma pattizia o convenzionale, bensì anche espressione di una disposizione di jus cogens .

L’occupatio bellica continuativa delle truppe militari russe sul territorio crimeano, appendice dello Stato ucraino, costituisce un’indiscutibile violazione delle norme del diritto internazionale e del Memorandum di Budapest del 1994, in cui la Russia è tenuta a rispettare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina, la rinuncia a misure economiche coercitive, l’uso dell’arma nucleare o la loro minaccia contro l’integrità , nel senso che tale memorandum ha una rilevanza indiretta circa la questione della Crimea, pronunciandosi per la conservazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina nel contesto delle frontiere esistenti .

Non solo, quindi, la Repubblica d’Ucraina ha sempre rigettato il riconoscimento dell’annessione russa alla penisola crimeana, ma anche gli Stati Uniti che, attraverso la dichiarazione della Casa Bianca, non riconoscono la presunta annessione russa rea di aver violato il diritto internazionale, ribadendo a gran voce che la Crimea è Ucraina .

Alle reazioni internazionali sul comportamento russo di annettere la penisola crimeana, si è aggiunta anche la voce dell’UE che, con una nota dell’Alto rappresentante per la Politica Estera, Borrell non riconosce e continua a condannare tale violazione del diritto internazionale, che rimane una sfida diretta alla sicurezza internazionale, con gravi ripercussioni sull’ordinamento giuridico internazionale che protegge l’integrità territoriale, l’unità e la sovranità di tutti gli Stati.

Anche le Nazioni Unite hanno espresso per il tramite dell’Assemblea Generale il proprio disappunto nei confronti della Russia nell’aver annesso la Crimea, chiedendo agli Stati membri, alle Organizzazioni internazionali e agli Istituti specializzati di non riconoscere alcun mutamento dello status della provincia autonoma crimeana e della città di Sebastopoli , ossia del non riconoscimento degli effetti giuridici dell’aggressione perpetrata dalla Russia in Crimea.

Nell’attuale situazione, possiamo sostenere che la penisola crimeana è reputata dalla gran parte degli Stati membri della comunità internazionale territorio dello Stato ucraino sotto occupazione della Federazione russa . Anche il Consiglio d’Europa ha espresso il parere in una dichiarazione secondo cui il cosiddetto referendum organizzato in Crimea (…) era incostituzionale ai sensi sia della Costituzione della Crimea che di quella ucraina; inoltre, l’esito di questo referendum e l’annessione illegale della Crimea da parte della Federazione Russa non hanno quindi alcun effetto giuridico e non sono riconosciuti dal Consiglio d’Europa.

Anche l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) ha condannato l’occupazione russa e l’annessione.

Visto che la Federazione russa non possiede una legittima rivendicazione territoriale sul lembo del territorio crimeano, si può a questo punto asserire che non possegga alcuna autorità giuridica di chiudere il mare territoriale dell’Ucraina al largo delle coste della Crimea.

Lo Stato ucraino, pertanto, ha la piena sovranità sul suo mare territoriale, grazie all’articolo 2, paragrafo 4 della Carta onusiana, considerato la chiave di volta della disciplina della forza nel contesto del diritto internazionale, ma anche una norma universalmente riconosciuta grazie al suo carattere imperativo.

La presunta chiusura del Mar Nero al largo della Crimea da parte delle autorità moscovite costituisce senza dubbio una minaccia o l’impiego della coercizione armata contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica dell’Ucraina, in violazione sempre dell’articolo 2, paragrafo 4, che è stata descritta come la pietra miliare ovvero il perno primario per l’equilibrio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

La comunità internazionale, pertanto, non può più restare inerte e neppure permettere che la Russia prosegua alla sua continua invasione della sovranità della Repubblica dell’Ucraina e all’aggressione nella regione del Mar Nero da parte delle forze militari russe.

La sovranità dell’Ucraina sui suoi letti marittimi territoriali e l’accesso ai propri porti che si affacciano sul Mare d’Azov costituiscono i pilastri fondamentali per la propria sicurezza interna, come pure la sua sovranità sulla penisola crimeana.

L’accesso verso lo stretto di Kerch e la libertà di navigazione su tutto il Mare Nero hanno la loro importanza circa la sicurezza degli Stati costieri che si affacciano sul mare in questione, ma anche per le navi di Stati terzi che navigano in quelle aree di mare.

Malgrado gli impatti negativi sul piano economico che sono impediti dalla libertà di transito delle navi nel Mar Nero e in quello d’Azov, le aree poste a chiusura da parte dei russi limitano le operazioni di tipo militare degli Stati Uniti, della NATO e dei suoi alleati europei.

È chiaro che ci si trova difronte alla violazione del diritto internazionale e degli accordi regionali concernenti lo status del territorio sovrano ucraino, dello stretto di Kerch e del Mar d’Azov da parte del governo del Cremlino, che potrebbero portare a severe conseguenze.

Il Tribunale arbitrale ad hoc potrebbe rendere più saldo le critiche dell’Ucraina e della stessa comunità internazionale alle azioni illecite dei russi, con un’azione più energica sul piano diplomatico e l’adozione di maggiori sanzioni, ma anche con la presenza consistente di navi da guerra nella regione per affermare il principio della libertà di navigazione come messaggio alla Russia.

Queste sono delle risposte che servono a rafforzare lo stato di diritto e le libertà delle navi di poter navigare senza ostacoli nel Mar Nero per costringere la Russia a fare un passo indietro.

*Esperto in Diritto internazionale

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