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CS Assintel. Studio di ECIPE su regole cybersicurezza rivela un impatto economico negativo per l’UE27: a rischio 65,1 miliardi di euro del PIL italiano

ROMA. Ad essere attualmente discusso in sede europea è il nuovo Schema di Certificazione Europea per la Sicurezza Informatica dei Servizi Cloud (EUCS), volto a garantire condizioni di parità in termini di regole di certificazione della sicurezza informatica per i fornitori di servizi cloud nell’UE.

Come noto, lo schema ha lo scopo di aumentare il livello di sicurezza informatica in tutta l’Unione. Tuttavia, le attuali disposizioni – che mirano a escludere le società cloud non UE dal più alto livello di certificazione e potenzialmente da settori critici come il settore pubblico, la salute, l’energia, i trasporti e altre industrie regolamentate – potrebbero avere l’effetto opposto sulla sicurezza informatica e un impatto macroeconomico negativo sui 27 Paesi dell’UE. Una contrazione dello 0,2% nel breve periodo e fino al 3,6% a lungo termine, che, solo all’Italia, costerebbe 65,1 miliardi del PIL nello scenario migliore.

Queste sono alcune delle evidenze prodotte dallo studio sull’EUCS presentato oggi da Assintel e realizzato dal think tank European Centre for International Political Economy (ECIPE) di Berlino. Un’analisi volta ad inquadrare gli effetti della proposta contenente i requisiti sulla localizzazione dei dati, sul controllo estero e sulla proprietà dei fornitori di servizi cloud, nonché sugli obblighi di assunzione a livello locale, definiti come “requisiti di sovranità”. Misure che, qualora confermate, impedirebbero ai cloud provider non europei di offrire i propri servizi alle imprese e alle pubbliche amministrazioni dell’UE, riducendo drasticamente i fornitori presenti sul mercato e la capacità degli utenti di poter accedere alle tecnologie.

Secondo uno studio sull’EUCS condotto dall’ECIPE di Berlino le attuali disposizioni potrebbero avere un impatto economico negativo su tutta l’UE

Lo studio vaglia tre scenari di implementazione nel medio e nel lungo termine, classificati in base alla portata dei settori coinvolti e dei casi d’uso coperti dai requisiti più elevati (CS-EL4) della proposta. Le evidenze dimostrano che, a subire le maggiori conseguenze, sarebbero i settori della finanza, sanità e istruzione, in particolar modo nei piccoli Paesi più dipendenti dai servizi digitali e ICT.

Tuttavia, le perdite nominali più ingenti si registrano negli Stati più grandi, tra cui Germania, Francia, Italia e Spagna. Persino nello scenario più favorevole, il nostro Paese rischia di perdere il 3,5% del PIL, pari a 65,1 miliardi di euro ed i numeri non sono migliori altrove. In generale, il PIL dei Paesi dell’UE potrebbe subire una variazione negativa dello 0,2% in due anni fino al 3,6% in cinque anni, a causa della perdita di capacità cloud, tradotta in un rallentamento dello sviluppo tecnologico di imprese e pubblica amministrazione.

Ad essere a rischio è, dunque, l’innovazione europea: minori investimenti da parte delle imprese, in particolare le piccole e medie, si traducono rapidamente in perdita di competitività e aumentano il digital divide rispetto ad altre economie avanzate, mettendo a rischio il raggiungimento dei target nazionali e europei nella trasformazione digitale.

“Assintel, sempre molto attenta a garantire l’equa e la corretta concorrenza tra le imprese a vantaggio dello sviluppo del sistema economico e della competitività delle imprese digitali, in particolar modo delle PMI, sostiene quanto emerso da questo studio e invita la componente politica a farsi carico con forza del tema a livello europeo” così ha sostenuto Paola Generali, Presidente Assintel.

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