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Francia: testato il nuovo missile nucleare aviolanciato ASMPA-R in risposta alle esercitazioni intraprese dai russi. Perché Parigi ha sposato la linea dura nei confronti di Mosca

Di Fabrizio Scarinci

PARIGI. Il 22 maggio scorso, un caccia multiruolo Rafale dell’Armée de l’Air et de l’Espace avrebbe effettuato un lancio di prova del nuovo missile aria-superficie supersonico ASMPA-R, notoriamente concepito al fine di condurre attacchi di tipo nucleare.

Denominata “Durandal”, l’operazione nell’ambito della quale sarebbe avvenuto il lancio sarebbe stata condotta nello spazio aereo francese coinvolgendo una formazione di Rafale B e aviocisterne A-330 MRTT, che avrebbero incontrato minacce simulate sia di tipo aria-aria che superficie-aria.

Una formazione di Rafale dell’Armée de l’Air et de l’Espace in volo (Credit – Rama)

Sviluppato da MBDA France, l’ASMPA-R si configura come la variante più avanzata della “famiglia” di missili di cui fanno parte l’ASMP (Air-Sol Moyenne Portée), caratterizzato da una gittata compresa tra gli 80 e i 300 km, e l’ASMP-A (Air Sol Moyenne Portée – Amelioré), che sarebbe, invece, dotato di un raggio d’azione di circa 500 km.

Riguardo all’ASMPA-R, secondo numerose fonti esso dovrebbe avere una gittata superiore a quella dell’ASMP-A e la capacità di trasportare una testata termonucleare con una resa stimata di circa 300 Kilotoni (non troppo diversa, dunque, dalla TN 81 in uso sui suoi predecessori).

Rafale armato con un missile nucleare aviolanciabile ASMP-A, predecessore dell’ASMPA-R

Essendo stato condotto il giorno successivo all’inizio delle esercitazioni militari russe con armi nucleari di tipo non strategico (intraprese, almeno ufficialmente, proprio in risposta alle dichiarazioni del Presidente francese Macron sul possibile invio di forze occidentali in Ucraina), il test del nuovo missile sembrerebbe essere un modo per “ricordare” al Cremlino come anche Parigi sia in possesso di armamenti nucleari.

Com’è ormai noto, nel corso degli ultimi mesi, i vertici francesi hanno progressivamente adottato, nei confronti di Mosca, una linea molto più dura rispetto a quella tenuta durante le prime fasi del conflitto (ricordiamo, tra le altre cose, come, ancora un anno e mezzo fa, un Macron in veste da “colomba” cercò persino di organizzare una conferenza di pace a Parigi).

Il Presidente francese Emmanuel Macron

Questo radicale cambiamento sembrerebbe indicare l’intenzione della Francia di adattare la propria strategia ai significativi mutamenti occorsi a livello internazionale in seguito all’inizio della cosiddetta operazione militare speciale russa nei confronti dell’Ucraina.

Ovviamente, i principali obiettivi del Paese, connessi soprattutto all’acquisizione di un ruolo di leadership in seno alla cosiddetta Europa della Difesa, non sono affatto cambiati.

Ad essere cambiato sembrerebbe essere, piuttosto, il modo con cui i suoi vertici intendono avvicinarvisi.

Prima del conflitto ucraino, infatti, ravvisando anche l’intenzione degli USA di operare un parziale disimpegno dall’Europa al fine concentrare maggiori risorse sullo scacchiere dell’Indopacifico, Parigi sembrava ritenere che il proprio obiettivo di affermarsi come una sorta di “feudatario regionale” di Washington passasse anche dalla capacità sua e, più in generale, del vecchio continente di stabilire un rapporto di buon vicinato con la Russia; cosa che, oltre a confermare l’inutilità di una grande presenza militare statunitense sul suolo europeo, sarebbe anche apparsa come piuttosto complementare con il disegno trumpiano di riavvicinare Mosca alla superpotenza americana allo scopo di contenere in modo più efficace le ambizioni espansionistiche di Pechino.

Il ex presidente statunitense Donald Trump, sostenitore, durante il suo mandato, della necessità di avviare un processo di riavvicinamento tra Washington e Mosca

Certo, c’era anche il rischio che la Russia e l’UE a trazione franco-tedesca potessero, col tempo, arrivare a formare un blocco alternativo (o parzialmente alternativo) al tradizionale schema transatlantico; cosa che, ovviamente, gli americani avrebbero cercato di contrastare.

Ma la Francia, accomunata agli USA da una storica condivisione dei valori liberali (gli stessi che, non a caso, si ritrovano alla base sia della rivoluzione americana che di quella francese), credeva di poter offrire garanzie piuttosto solide sulla continuità di un certo rapporto tra Europa e Nord-America.

Come accennato pocanzi, la volontà dei vertici transalpini di stabilire un rapporto di buon vicinato con la Russia sarebbe parzialmente sopravvissuta anche all’attacco lanciato da Mosca nei confronti dell’Ucraina; un’azione che, tra le altre cose, avrebbe rapidamente riportato Washington a concentrarsi in via prioritaria sul continente europeo.

Un’immagine della battaglia di Mariupol, tra le più dure del conflitto ucraino

Con il progredire del conflitto, però, Parigi, non diversamente da altre capitali del vecchio continente, sembrerebbe aver compreso come, in virtù della gravissima situazione venutasi a creare, anche qualora venisse raggiunto un accordo (cosa, peraltro, assai improbabile ora che le forze di Mosca hanno ripreso il loro slancio offensivo), ben difficilmente i rapporti tra russi e occidentali potrebbero tornare ad una qualche forma di normalità (o, almeno, non nel giro di poco tempo).

Ragion per cui, arrivati a questo punto, i vertici francesi sembrerebbero intenzionati a perseguire il tanto agognato compattamento militare di un’UE maggiormente autonoma (in cui, come accennato precedentemente, essi sperano che Parigi possa ricoprire un ruolo da “primus inter pares”) puntando non più sulla possibilità di arrivare ad una qualche forma di “rapprochement” con Mosca, quanto piuttosto sulla necessità di contenerla.

In ogni caso, però, almeno nel medio temine, la realizzazione del loro proposito potrebbe essere molto più complessa di quanto non si immagini, se non altro poiché la riaffermazione della leadership statunitense in Europa (che, molto probabilmente, non si arresterebbe neppure se Donald Trump venisse nuovamente eletto alla Casa Bianca e riuscisse a concludere un accordo con Putin), nonché il rinnovato attivismo delle strutture della NATO sembrerebbero lasciare poco spazio alle iniziative di eventuali “feudatari regionali”.

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