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GUARDIA DI FINANZA: 16 SETTEMBRE 1944, LA STRAGE DI BERGIOLA FOSCALINA. IL NOBILE SACRIFICIO DEL MARESCIALLO VINCENZO GIUDICE MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE

Di Gerardo Severino*

CARRARA. (nostro servizio particolare).  Ottant’anni orsono, in un piccolo paesino della provincia di Carrara, si spegneva, assieme a quella di altre vittime innocenti (ben 72 in totale) della furia nazista, la vita del Maresciallo Maggiore delle Fiamme Gialle, Vincenzo Giudice: uomo valoroso e di elevati doti umane e professionali.

Con il suo atto di eroismo estremo, il Maresciallo Giudice si inserisce tra le figure più gloriose e rappresentative della intera Resistenza italiana, mentre per la sua famiglia, quella delle Fiamme Gialle egli occupa certamente il posto più elevato.

Il Maresciallo Giudice in una foto del 1935 (Fototeca Gerardo.Severino)

Vincenzo Giudice nacque ad Eboli (Salerno), il 24 marzo 1891.

Compiuti gli studi superiori, decise di arruolarsi, per quanto giovanissimo tra le Guardie di Finanza, seguendo così la scelta sin lì compiuta da moltissimi suoi conterranei, allora facilitati dalla vicinanza del Battaglione Allievi Guardie di Maddaloni, in provincia di Caserta.

L’atto d’ingresso nel Corpo porta la data del 13 dicembre 1911, prima fase di una fulgida carriera che in appena 18 anni lo vedrà bruciare le tappe con il conseguimento del grado apicale di Maresciallo Maggiore.

Durante il periodo che lo separerà dalla sua ultima destinazione, la Brigata volante di Marina di Carrara, vari furono i cimenti ai quali egli prese parte, ivi compresi quelli bellici, avendo partecipato con onore alla Grande Guerra.

Così nel servizio d’istituto, compiuto presso vari ed importanti Reparti operativi delle Fiamme Gialle, ove il futuro Eroe, percorrendo in lungo e in largo la Penisola, compresa la Sicilia, si porterà  spesso dietro la famiglia, che nel frattempo si era formato, vale a dire la moglie Margherita e i piccoli Anna Maria e Marcello.

BERGIOLA FOSCALINA, UNA DELLE TANTE STRAGI CHE INSANGUINARONO IL PAESE

Ebbene, l’epilogo di una vita così intensa, per gran parte spesa al servizio del Paese porta la data del 16 settembre 1944.

Questa è la breve sintesi dell’accaduto, pur soffermandoci un attimo per ricordare quale fosse la particolare situazione venutasi a creare in quella parte della Toscana durante l’estate di quell’anno, e ciò dopo il rallentamento delle operazioni militari da parte delle truppe alleate, ma soprattutto della Resistenza locale, causati anche dai rigori invernali.

La ripresa delle attività insurrezionali da parte delle forze partigiane locali impensierì non poco il Comando tedesco, il quale ordinò ai reparti di SS, comandati dal Maggiore  Walter Reder, di proseguire l’azio­ne di sterminio iniziata già il 12 agosto 1944, con la strage a Sant’Anna di Stazzema, in provin­cia di Lucca.

Il Maggiore delle SS, Walter Reder

Proseguita poi, il 19 agosto, con quella di San Terenzo e a Valle in provincia di Massa e il 24 agosto a Vinca, nei pressi di Fivizzano lungo la valle del Lucido, sempre in provincia di Massa Carrara.

Si tratterà di una orrenda “marcia della morte”,.

Una marcia che lascerà sulla sua scia i corpi di centinaia e centinaia di uomini, donne, vecchi e bimbi e che alla fine totalizzerà ben 3 mila  vittime innocenti.

Il 16 settembre, in località Pieve di Val Castello nel Comune di Pietrasanta, venne persino ucciso un inerme Appuntato dei Finanzieri, Francesco Fancello, peraltro senza alcuna motivazione concreta.

Lo stesso giorno, lungo le sponde del Frigido, i nazisti trucidarono, invece, 147 persone, mentre a Bergiola Foscalina, sempre in pro­vincia di Massa Carrara, una drastica rappresaglia fu innescata a seguito del ritrovamento del corpo di un soldato tedesco, molto probabilmente ucciso dai partigiani locali.

Per tale ragione il Comando germanico aveva inviato immediatamente in zona un drappello di militari del­le SS.

In quella stessa giornata, purtroppo, anche il nostro Maresciallo Giudice si stava recando a Bergiola, anche se per motivi diversi: riabbracciare la propria famiglia ivi sfollata.

Giunto alle prime case del paese, il sottufficiale incontrò un capo partigiano locale, il quale lo informò che un reparto di SS stava effettuando un’azione di rastrellamento e, per questo, lo esortava a fare qualcosa per evitare una probabile strage.

Il Maresciallo Giudice, senza esitazione e nulla sapendo circa le cause; le mo­dalità e l’intensità dell’azione nemica, non indugiando neppure un attimo all’idea di mettere in salvo i soli familiari, corse per il paese, raggiungendo così la scuola elementare dove erano già stati concentrati i numerosi ostaggi.

La Scuola Elementare di Bergiola Foscalina teatro della strage nazista

Da solo, confidando sull’autorevolezza della propria uniforme, ma soprattutto nel rispetto dei diritti umani, il prode uomo del Sud affrontò le SS, cercando di persuaderle sul fatto che quella povera gente inerme non aveva alcune responsabilità e che non sarebbe, quindi, stato giusto attuare una vendetta contro di loro.

La sua voce non fu tuttavia ascoltata.

Fu allora che egli compì l’estremo, sublime tentativo: all’ufficiale che comandava la formazione, Vincenzo Giudice fece un’offerta, la più nobile e la più sempli­ce ad un tempo stesso: la propria vita contro quella di tanti innocenti.

La riesumazione dei cadaveri dopo la Liberazione

L’ufficiale gli rispose di no, sostenendo che la rappresaglia non poteva essere esercitata su di lui in quanto militare e per giunta in divisa.

L’eroico sottufficiale non ebbe tentennamenti: in un attimo si strappò di dos­so la giubba e, mostrando il petto, gridò con forza: “Ecco, non sono più mili­tare, uccidetemi pure!”.

“Crivellato di colpi – si legge nella motivazione della Medaglia d’Oro al Va­lor Militare conferitagli alla memoria –precedeva i civili sull’altare del marti­rio”.

Il suo sacrificio, affrontato con coraggio pari alla fermezza d’animo, non servì infatti, a salvare la vita dei 71 ostaggi (tra i quali anche la sua famiglia), tutti orrendamente trucidati a colpi di bombe a mano, esecuzione alla quale fece seguito l’uso dei lanciafiamme che resero irriconoscibili gran parte delle vittime

IL RICORDO RICONOSCENTE DELLA PATRIA 

Alla memoria del glorioso sottufficiale, oltre al conferimento della massima ricompensa al Valor Militare, la stessa Guardia di Finanza ha dedicato le caserme sedi del Comando provinciale di Salerno, del Gruppo di Eboli, ma soprattutto della Scuola Ispettori e Sovrintendenti de L’Aquila, così come varie unità navali.

La lapide che ricorda l’eroe presso la Caserma della GDF a L’Aquila

Lo stesso ha fatto il Paese con alcune vie e piazze cittadine.

A tutte le vittime innocenti di quell’assurda vendetta rivolgiamo, infine, la nostra preghiera, il nostro vivido ricordo, la nostra imperitura riconoscenza per essersi immolati in nome della Libertà e della Democrazia, come ha sempre fatto chi appartiene, con amore e convinzione, ad un Popolo forte!

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare. Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

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