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Guardia di Finanza: a Treviso, 39 milioni di euro di fatture false per evadere l’IVA nel commercio delle bevande

Di Antonella Casazza

TREVISO. I Finanzieri del Comando Provinciale di Treviso, su delega della locale Procura della Repubblica, hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari, nei confronti di dieci persone, domiciliate tra le province di Treviso, Monza-Brianza, Roma e Salerno, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere, emissione e contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e omessa dichiarazione.

Le indagini – che hanno permesso di accertare l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un ammontare di oltre trentanove milioni di euro, utilizzate per evadere sette milioni di euro di Iva nel commercio delle bevande – sono state condotte mediante intercettazioni telefoniche e telematiche, analisi di segnalazioni di operazioni sospette di documentazione bancaria, amministrativa, contabile ed extracontabile (appunti, agende, manoscritti nonché di documenti informatici  (chat di WhatsApp, Telegram, messaggi di posta elettronica, contenuti audio e video) sequestrati dai Finanzieri nel corso di quarantaquattro perquisizioni presso le sedi delle aziende coinvolte, in diverse località del territorio nazionale (Treviso, Padova, Bergamo, Monza-Brianza, Roma, Rieti, Salerno e Genova).

Attività d’ufficio della Guardia di Finanza

Nel meccanismo fraudolento individuato, le bevande, di provenienza comunitaria (Bulgaria, Germania, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna), sono state “cartolarmente” immesse in Italia da imprese “cartiere”, quasi tutte formalmente con sede a Roma, le quali, successivamente, hanno ceduto la merce “sottocosto” alle aziende che avevano originariamente ed effettivamente intrattenuto i rapporti con i fornitori esteri, omettendo però ogni obbligo di dichiarazione e di versamento delle imposte.

Il fulcro della frode è stato individuato in due società, con sede in provincia di Monza-Brianza e Bergamo.

Un ruolo fondamentale all’interno del gruppo criminale, poi, è stato assunto da tre persone, attive in provincia di Roma, dedite alla costituzione delle imprese cartiere.

A loro toccava il compito di intrattenere rapporti diretti con vari professionisti (notai, commercialisti, e così via) e di collocare le sedi legali, prevalentemente presso “mail boxes”.

Autopattuglia della Guardia di Finanza

Gli stessi provvedevano anche alla ricerca dei vari “prestanome” nullatenenti da utilizzare, dietro compenso, come soci o amministratori delle varie aziende strumentali alla frode; infine, i tre gestivano, di fatto, in luogo e per conto dei prestanome, i rapporti bancari intestati alle società cartiere.

Le aree geografiche più ricorrenti per il reclutamento degli amministratori/prestanome sono state proprio le province di Roma e Treviso.

Il territorio trevigiano, in particolare, è risultato di fondamentale importanza per l’organizzazione criminale, atteso che nella Marca risiedono ben cinque dei ventuno prestanome individuati, oltre al principale reclutatore, anch’egli residente a Treviso.

L’attività della Guardia di Finanza di Treviso ha avuto lo scopo di porre fine a una significativa frode fiscale, così da tutelare gli operatori economici onesti e assicurare una maggiore equità nel prelievo fiscale, contribuendo alle prospettive di ripresa e di rilancio dell’economia del Paese.

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