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Guardia di Finanza: Aosta, operazione “Carta Bianca”, scoperta una mega-truffa che ha generato aumenti sulle bollette energetiche

Di Marco Lainati e Aldo Noceti

Aosta. Una mega-truffa da 41.000.000 di euro capace di incidere sull’aumento delle bollette energetiche e 22 responsabili arrestati tra l’Italia e la Germania. Sono questi i numeri e le circostanze difficili da credere, ma venuti comunque alla luce grazie all’operazione denominata “Carta Bianca” che i finanzieri del Comando Provinciale di Aosta, unitamente a i colleghi del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie nonché del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche, hanno portato a termine indagando complessivamente 17 persone alle quali il GIP del Tribunale di Torino imputa i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio.

L’attività sopra descritta nei suoi elementi essenziali ha peraltro avuto portata internazionale richiedendo il coinvolgimento dell’Agenzia Europea per la Cooperazione Giudiziaria (Eurojust), ed è stata altresì sviluppata attraverso una stretta sinergia intercorsa tra la Procura della Repubblica di Aosta e quella di Duisburg (Germania) che, nel territorio di sua competenza, ha disposto l’arresto di altri cinque responsabili (4 tedeschi e un italiano).

I fatti oggetto delle indagini della GDF italiana e della Polizia Criminale tedesca risalgono al periodo 2016-2020, ed hanno cominciato a manifestarsi nella loro gravità a seguito di un’inchiesta avviata dalla GDF aostana a luglio 2019 dopo la scoperta di una struttura criminosa, basata a Torino, specializzatasi intorno al meccanismo dei c.d. “certificati bianchi”, detti anche Titoli di Efficienza Energetica (TEE), utilizzati proprio quale principale strumento di promozione dell’efficienza energetica in Italia a seguito della loro introduzione avvenuta nel 2005.

GDF – SUV (AO)

Sulla base di tale meccanismo le aziende distributrici dell’energia elettrica e del gas con oltre 50mila utenti finali all’attivo, hanno l’obbligo di raggiungere annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico che danno poi diritto ai sopracitati “certificati bianchi”, i quali posso comunque essere diversamente acquisiti ricorrendo ad altre società specializzate denominate “Energy Service Company” che realizzano in favore delle prime i suddetti progetti di risparmio.

Proprio in virtù di tali progetti il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. – GSE (società a partecipazione pubblica) riconosce alle aziende distributrici, come alle “Energy Service Company”, un controvalore in certificati che è in misura corrispondente al risparmio ottenuto a seguito dei citati interventi, e che sono peraltro liberamente scambiabili sul mercato dei titoli di efficienza energetica, nello specifico affidato al Gestore dei Mercati Energetici S.p.A. (GME).

L’iter generato da tale meccanismo viene poi ad esaurirsi con la presentazione dei “certificati bianchi” al GSE da parte delle aziende distributrici quale prova dei risparmi ottenuti, il che dà loro modo di ottenere un contributo tariffario da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA), parametrato al valore di mercato dei certificati in questione scambiati e che viene finanziato da tutta l’utenza privata, ciò attraverso periodici prelievi contemplati sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema”.

Che qualcosa proprio non andasse in tutto ciò è cominciato a venir fuori nel piccolo comune di Saint Christophe (AO), dove i finanzieri hanno scoperto la prima delle otto “Energy Service Company” fantasma individuate durante la difficile indagine, e che nel caso specifico era stata allocata alla sede di un vecchio magazzino ormai dismesso.

Un’autentica scatola vuota priva di una qualsivoglia struttura, ma grazie alla quale i responsabili della mega-truffa erano riusciti ad ottenere – a fronte di 26 falsi progetti presentati al GSE – circa 27.000 “certificati bianchi” rivenduti ad un controvalore che sfiora gli 8 milioni di euro.

Ed è stato proprio a seguito di questa prima importantissima scoperta che è balzato fuori il coinvolgimento di una società tedesca la quale, per consentire alla finta “Energy Service Company” valdostana di comprovare la propria operatività, ha emesso nei suoi confronti svariate fatture per consulenze mai prestate (ma per effetto delle quali ha comunque ottenuto più di un milione di euro).

I successivi approfondimenti investigativi che gli specialisti dei vari Reparti GDF chiamati in causa hanno condotto facendo ricorso ad intercettazioni telefoniche e ambientali, indagini finanziarie e finanche a sofisticatissimi captatori informatici, hanno così consentito di smascherare un sodalizio criminale che da un anonimo ufficio di Torno “amministrava” anche le altre sette inesistenti “Energy Service Company” formalmente ubicate nelle provincie di Torino, Milano, Varese, Asti, Vercelli e Biella, tutte create con il medesimo scopo di ottenere e scambiare “certificati bianchi”.

Polizia Criminale Tedesca, il logo

Come peraltro rilevato nell’ordinanza emessa dal GIP titolare dell’inchiesta, l’incredibile vicenda è stata resa possibile da falle presenti nel sistema legislativo, sulle quali i responsabili hanno evidentemente manovrato, il quale prevede che le fasi di accreditamento, nonché di presentazione e valutazione dei progetti in parola, avvengano esclusivamente in modalità telematica dunque senza alcun effettivo e reale riscontro sul campo.

Le finte “Energy Service Company” hanno in tal modo permesso ai responsabili di ottenere in maniera del tutto fraudolenta “certificati bianchi” per complessivi 27 milioni di euro che – come già specificato sopra – sono stati finanziati anche dagli utenti finali in ragione di 95 progetti di risparmio energetico attinenti a lavori mai realizzati su immobili realmente esistenti.

Secondo quanto ancora dimostrato dagli investigatori della Guardia di Finanza, degli oltre 27 milioni di euro provento della truffa 14 sono stati oggetto di riciclaggio attraverso un sistema di false fatturazioni, avvenuto tra le otto compagnie-fantasma e numerose società italiane nonché straniere compiacenti costituite ad hoc.

Quel fiume di denaro, una volta bonificato su conti correnti accesi in banche di 11 Paesi europei, rientrava in Italia in contanti attraverso fidati “spalloni” per poi essere re-investito in diversi strumenti finanziari, immobili di prestigio e finanche in criptovalute.

Tra i soggetti responsabili, residenti in sei diverse provincie e tutti sottoposti a custodia cautelare in carcere, figurano un commercialista, un funzionario di istituto bancario nonché due “corrieri” risultati percettori del Reddito di Cittadinanza.

 

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