Bruxelles. Il 2018 per la diplomazia europea è stato un anno di tensioni. Ma sono stati fatti anche passi in avanti, con la conclusione di accordi, storici, come in Macedonia o nel Corno dell’Africa.
Nel Corno dell’Africa, un movimento storico sembra avviarsi a buon fine con l’accordo della cooperazione tra Eritrea, Etiopia e Somalia firmato a settembre, seguito di un accordo di pace tra etiopi ed eritrei.
Un accordo è stato sottoscritto a Stoccolma per il futuro dello Yemen. Ma l’intesa è molto fragile ed ha poche probabilità di svilupparsi, ma si tratta di un primo passo avanti per la pacificazione del Paese.
In Siria, l’interminabile guerra civile sembra essere arrivata all’ultima fase. Nella quale la comunità internazionale accetta, a mezza bocca, che la soluzione politica deve tenere dentro lo stesso Bashar al Assad.
Il trio russo-turco-iraniano che gestisce ormai da molto tempo il processo militare e politico ha continuato le trattative e nel 2019 si potrebbe ipotizzare la fine del conflitto. La Siria è stata esclusa dalla Lega Araba nel 2015, intanto riprende i contatti con i Paesi islamici che potrebbero sostenerla.
L’accordo tra la Macedonia e la Grecia che ha creato la “Repubblica del Macedonia del Nord” è stato ratificato dal Parlamento di Skopje lo scorso 11 gennaio. Con l’appoggio dei greci, il Paese si candiderebbe ad entrare nella NATO e nell’Unione Europea, ma questo molto più in là.
In Africa, i Paesi del G5 Sahel (Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso e Mauritania) vede ancora l’offensiva dei gruppi ribelli e terroristici. La situazione potrebbe complicarsi in occasione delle elezioni legislative e presidenziali in Mali, in aprile. In Nigeria si vota per le legislative il prossimo 16 febbraio.
Nel resto dell’Africa centrale, la situazione si è mantenuta relativamente calma. Bisognerà sorvegliare tuttavia la Repubblica Democratica del Congo, il Camerun ed il Ciad, dove l’organizzazione di elezioni può infiammare tutti i Paesi.
Nel Sudan del Sud, dove un mezzo-decennio di guerra ha devastato il Paese, un altro accordo di pace è stato firmato tra le parti belligeranti a settembre scorso. Certi vedono dei segni di speranza in questa nuova tregua che apre la via al ritorno dei profughi ed alla ricostruzione dello Stato.
L’accordo è tuttavia instabile e potrebbe, come quello di 2015, fallire. L’organizzazione delle elezioni a primavera prossima potrebbe accentuare le rivalità tanto da destabilizzare ancora il Paese. Intanto i gruppi armati restano attivi e fanno regnare un clima di insicurezza, facendo ripiombare il Sudan nell’incubo del conflitto.
La diplomazia europea tiene la sua rotta. Ma senza audacia.
Nel Sahel, la UE è molto attiva ma i risultati non sono all’altezza, tanto sul piano della sicurezza che su quello della politica.
Il rischio è quello di perdere la battaglia della visibilità, a tutto beneficio della Russia.
In Siria, l’Unione Europea è una delle grandi assenti. E’ necessario che occorre andare oltre alle parole sull’azione europea, ma quale? Molte cose possono essere fatte in politica estera e l’argomento dovrebbe imporsi come uno delle elementi chiavi delle elezioni, dove saranno definite gli orientamenti per i prossimi anni.
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L’articolo La diplomazia europea, nuove sfide nel mondo. In attesa delle prossime elezioni proviene da Report Difesa.
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