Il 17 gennaio è uscito nelle sale con un tour di proiezioni “evento” organizzate in tutto il territorio nazionale, il documentario Dove bisogna stare di Daniele Gaglianone, scritto con Stefano Collizzoli e prodotto da ZaLab in collaborazione con Medici Senza Frontiere (MSF).
Dove bisogna stare segue quattro donne italiane che hanno deciso di impegnarsi spontaneamente e gratuitamente nella cura e nell’accoglienza di persone migranti. Quattro persone molto diverse, ma tutte si sono trovate di fronte a una situazione di marginalità e di esclusione e non si sono voltate dall’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare.
“Mentre la classe politica insegue emergenze e visibilità, c’è un’Italia che agisce quotidianamente per mettere al centro dignità e giustizia.
È un’Italia plurale e spesso femminile; la
raccontiamo in Dove Bisogna Stare”.
Torino, Milano e Roma le prime tappe del tour di proiezioni in tutta Italia
Dopo essere stato presentato alla 36ma edizione del Torino Film Festival ha avuto inizio la tournée di proiezioni accompagnata da presentazioni degli autori e delle protagoniste del film e da discussioni e dibattiti, grazie anche alla partnership con MSF.
Il film sarà a Torino presso il Cinema Massimo, a Roma presso l’Apollo 11 e a Milano al Cinema Beltrade. Sono previste altre proiezioni su tutto il territorio nazionale e molte se ne stanno aggiungendo. (L’elenco è consultabile su www.zalab.org, al link sopracitato, oppure su www.facebook.com/zaLab).
Le quattro protagoniste
Georgia, ventiseienne, faceva la segretaria. Un giorno stava andando a comprarsi le scarpe; ha trovato di fronte alla stazione della sua città, Como, un accampamento improvvisato con un centinaio di migranti: era la frontiera svizzera che si era chiusa. Ha pensato di fermarsi a dare una mano. Poi ha pensato di spendere una settimana delle sue ferie per dare una mano un po’ più sostanziosa. È ancora lì.
Lorena, una psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive ad Oulx, fra i monti dell’alta Valsusa, e Jessica, studentessa a Cosenza, sono persone molto diverse; sono di età differenti, e vengono da mondi differenti. A tutte però è successa la stessa cosa: si sono trovate di fronte, concretamente, a una situazione di marginalità e di esclusione e non si sono voltate dall’’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare.
“Dove bisogna stare”, non racconta l’immigrazione dal punto di vista di chi sceglie di partire o è costretto a farlo come testimoniano le parole del regista Daniele Gaglianone, che si è messo in ascolto dei volontari e delle volontarie della società civile impegnati a costruire un’Italia che accoglie:
“È innanzitutto un film su di noi, sulla nostra capacità di confrontarci con il mondo e di condividerne il destino”.
Queste invece le dichiarazioni di Claudia Lodesani, medico infettivologo e presidente di MSF in Italia:
“In un periodo in cui chi opera per salvare le vite di persone costrette a fuggire dalla guerra e dalla miseria subisce forti pressioni e chiari episodi di criminalizzazione, questo documentario vuole cambiare la narrazione dominante sulla percezione che hanno gli italiani sulla presenza di persone migranti nel nostro Paese.Alla base dell’aiuto spontaneo di queste donne a favore di migranti in difficoltà nel nostro paese, c’è lo stesso gesto umanitario che compiono ogni giorno i nostri operatori umanitari in oltre 70 paesi al mondo”.
Sono almeno 10.000 le persone in Italia, in prevalenza richiedenti asilo e rifugiati, che vivono senza un tetto, cibo sufficiente e un adeguato accesso alle cure mediche, come denunciato da MSF nel rapporto “Fuori campo”, frutto di un lavoro di monitoraggio compiuto nel 2016 e nel 2017 in circa 50 insediamenti informali in tutta Italia.
Questo documentario racconta di una possibile risposta a questi tempi cupi. Non racconta l’immigrazione dal punto di vista di chi sceglie di partire o è costretto a farlo: è innanzitutto un film su di noi, sulla nostra capacità di confrontarci con il mondo e di condividerne il destino. C’è un paese raccontato come terrorizzato dalle migrazioni e violentemente ostile nei confronti dei migranti. Su questa narrazione, una parte del ceto politico continua a costruire la propria identità e le proprie fortune elettorali. Un’altra parte del ceto politico sembra invece incapace di parlare a un paese spaventato e sempre più aggressivo.
Ma esiste anche un altro paese, che pratica solidarietà e lotta per i diritti ogni giorno, in maniera spesso informale e non strutturata. Non è professionismo, e a volte non è nemmeno esattamente militanza. Dove bisogna stare racconta quattro donne, di età diverse, che in luoghi diversi sono impegnate in attività a prima vista assurde al senso comune o quello spacciato come tale. Donne che appaiono fuori luogo rispetto alla narrazione dominante, quasi incomprensibili. Ascoltando i loro racconti e restituendo il loro quotidiano scopriamo, invece, discorsi e gesti lineari, straordinari nella loro semplicità.
Scopriamo che non stanno fuori luogo, ma in un luogo molto reale, nel luogo in cui sentono di avere bisogno di stare. In opposizione alla retorica folle dell’invasione e della chiusura, e a quella dei raffinati ragionamenti dei benpensanti per mestiere, ci sono persone come Elena, Georgia, Jessica, Lorena e c’è la speranza di provare a uscire assieme dai problemi e dalle tensioni causate da un fenomeno epocale come le migrazioni, fenomeno che fa emergere con forza le contraddizioni e le ingiustizie della nostra società.
Dal punto di vista fotografico le riprese si dividono lungo quattro dimensioni narrative complementari, tese a restituire la complessità emotiva, riflessiva e d’azione delle quattro protagoniste del film. La macchina da presa utilizzata sempre come macchina a mano ci accompagna dentro alle quattro storie seguendo il punto di vista delle protagoniste, muovendosi con loro nei mondi e nelle relazioni che costruiscono la loro scelta di vita, accompagnando lo spettatore a scoprire lentamente il contesto in cui si muovono, attraverso la mediazione unica di quello sguardo.
MSF lavora in Italia dal 2002 con diversi progetti di assistenza sanitaria e psicologica a migranti, rifugiati e richiedenti asilo. A RomaMSF gestisce un centro di riabilitazione per i sopravvissuti a tortura e per le vittime di trattamenti crudeli e degradanti. A Torino, nelle palazzine dell’Ex Moi, e Palermo, nel quartiere Ballarò, MSF promuove l’accesso di rifugiati e migranti al servizio sanitario nazionale, superando le barriere linguistiche e amministrative.
“Dove bisogna stare” è stato realizzato con il sostegno di Medici Senza Frontiere e Piemonte Doc Film Fund – fondo regionale per il documentario – Piemonte Film Commission.
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