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Vinicio Marchioni si racconta a FDR tra cinema e AS Roma

L’intervento radiofonico tra passato, presente e futuro, sia cinematografico che giallorosso

vinicio marchioni

Il noto attore e regista romano Vinicio Marchioni è intervenuto oggi nel corso della trasmissione “Febbre da Roma”, in onda su “Non è la Radio”. Di seguito le sue parole relative alla situazione attuale condizionata dall’emergenza COVID-19, alla sua professione da cineasta e ovviamente anche riguardanti l’AS Roma, squadra del cuore di Marchioni.

Come stai passando questo periodo non semplicissimo?
Bene, dai, cerchiamo di farla andare nel migliore dei modi, di tenere alta la creatività e non farci prendere dallo sconforto. I compiti dei figli ci tengono tanta compagnia e poi stiamo facendo tante cose insieme a Milena Mancini, quindi non ci si annoia.

Il lockdown ti ha sorpreso mentre eri in tournée con i Soliti Ignoti, spettacolo di cui sei regista a e attore, tratto dal famoso film di Monicelli. Ti sei ritrovato di colpo a cambiare la tua routine. Che ha significato per te e come stai affrontando questa situazione, visto anche che la tua categoria è stata un po’ dimenticata in questa fase?
La mia quotidianità è cambiata come quella di tutti. Da un parte sono stato anche contento, visto che negli ultimi 2-3 anni ho girato molto tra teatro e cinema, ritrovarmi obbligato a stare dentro casa mi ha fatto anche piacere perché sto recuperando cose non fatte nel corso degli ultimi anni. Dall’altra parte chiaramente ci sono difficoltà pratiche che tutti conosciamo. Sulla categoria, io sono tra i pochi più fortunati di altri, quelli che hanno avuto la possibilità di lavorare tanto, ma dietro di noi non bisogna dimenticare mai che ci sono tanti attori che lavorano poco e che non hanno contratti collettivi, ammortizzatori sociali, fondi. In questo periodo stanno uscendo fuori le lacune del sistema, per tutte le categorie. Nell’immaginario collettivo gli attori sono quelli che non fanno niente, ma parliamo di professionisti che hanno speso la propria vita per fare questo mestiere, nonostante negli ultimi anni sia passato il messaggio che gli attori e le attrici non siano lavoratori, ma artisti ricchi che non hanno niente da fare e quindi fa teatro e cinema. Forse bisognerebbe ricordare a tutti, in primis agli attori e alle attrici, che siamo lavoratori come gli altri, che non abbiamo orari sui set e nei teatri, che abbiamo condizioni che conosciamo solo noi. Forse tutta questa situazione di cui pubblico vede solo le conferenze stampa e le prime dovrebbe aiutare a far vedere anche tutto il lavoro che c’è dietro.

In questo momento stai partecipando insieme a tua moglie, Milena Mancini, a un progetto di Daniele Vicari, su un film interamente girato in casa. Questo diventerà una sorta di documento storico, nel bene e nel male. Cosa ci puoi dire a proposito?
In questi due mesi sono arrivate molte proposte di molti registi per varie idee per inquadrare questo periodo così sciagurato. L’idea di Daniele Vicari è stata secondo noi la più giusta, sia perché è un film a compartecipazione, quindi nessuno prenderà dei soldi per farlo, sia perché è un film girato secondo le prescrizioni, i decreti legge, ed è anche per questo che il regista ha scelto coppie che lavoreranno nelle proprie case, mentre gli attori che non vivono insieme lavoreranno chiaramente separati. Questo significa che dovremo fare tutti da soli. La regia ci ha fornito un cellulare con ottica particolare e microfono direzionale, e il regista sarà in collegamento con noi, ma saremo noi a fare le riprese, le scenografie, le luci, il trucco, oltre a fare gli attori. Da una parte è un segno che il cinema non si ferma, dall’altra un modo per fotografare questo periodo attraverso quattro storie che si intrecciano, che sia fruibile, interessante ed emozionante per tutti quanti.

All’ultimo Festival del Cinema di Roma, nel 2019, hai presentato il docufilm “Il terremoto di Vanja – Looking for Checov”, già spettacolo teatrale diretto e interpretato da te. Frutto di lungo lavoro che hai portato avanti su Checov, e che proprio in questo periodo sarebbe dovuto arrivare nelle sale e nei festival di settore. Cosa ti ha lasciato a livello umano, visto che tocca un argomento delicato come l’immobilismo italiano sulle zone colpite da terremoti negli ultimi anni?
Purtroppo il progetto è bloccato, non ci arrivano indicazioni dal Ministero, perché i finanziamenti sono legati all’uscita nelle sale. Se il film non esce in sala, i fondi non arrivano. Se non prendi precauzioni, come la possibilità per le produzioni di vendere il film alle piattaforme di streaming, di fatto uccidi un film e neghi la possibilità di pagare chi ha lavorato al film. Altro danno enorme di cui si parla poco. Non so che dire perché non abbiamo notizie. Il film doveva uscire proprio in questi giorni, ci avevano invitato a dei festival internazionali che ovviamente sono fermi a loro volta, ma non sappiamo nulla. Quello che mi ha lasciato è la voglia di fare, uno degli insegnamenti di questo grande autore, molto pratico e anche ironico, mi ha insegnato che le cose bisogna farle. Soprattutto nei periodi di crisi non bisogna farsi prendere dallo sconforto o lamentarsi, ma continuare a fare, ovviamente con i mezzi che si hanno a disposizione.

C’è un film del passato che ti sarebbe piaciuto interpretare?
Ce ne sono tantissimi, ma una cosa che ho sempre pensato guardando film per cui non ero stato preso, è che alla fine è sempre giusto così. Gli attori che fanno i film sono sempre i più giusti, quindi non ho rimpianti.

In “Tutta colpa di Freud” interpreti un sordo. Come è stato interpretare quel ruolo?
Per quel film ho fatto una preparazione meravigliosa. Per due mesi sono entrato in un mondo sconosciuto, perché quello è un handicap invisibile, per un mese sono stato a contatto con un attore sordo, siamo stati insieme due settimane e sono riuscito a entrare nella quotidianità di questo handicap. Per un attore è un sogno interpretare un ruolo in cui devi esprimerti solo attraverso gli sguardi. È uno dei ruoli a cui sono maggiormente legato, soprattutto per questa preparazione che ho fatto.

Quando si interpreta un personaggio preciso come il Freddo in Romanzo Criminale, c’è bisogno di temo o non è così necessario soffermarsi a lungo sulla preparazione?
Questa è un po’ il discorso che facevo prima, forse bisognerebbe parlare di più del lavoro che c’è dietro un ruolo. Per il Freddo mi sono preparato per sei mesi prima di andare sul set, è forse il ruolo che ho costruito di più, facendo un lavoro psicologico, sulle sceneggiature, sulla musica, sul ritmo, sui movimenti del personaggio. Un lavoro di costruzione di ogni singolo aspetto: come parla, come muove gli occhi, come si muove. Forse per i ruoli da commedia bisogna prepararsi meno, in tutti gli altri ruoli c’è una preparazione lunghissima. Per un ruolo come quello, per una serie come Romanzo Criminale, avevo 190 scene per quasi sette mesi, la preparazione è infinita, rientravo dal set e mi mettevo a studiare addormentandomi sulla scrivania. Lavoro impressionante che ho sempre pensato di scrivere, ma non ho mai avuto modo di farlo.

Tu fai anche il regista. Possiamo fare un parallelismo tra ruolo di regista e allenatore? E c’è un allenatore della Roma a cui sei legato o che vorresti vedere sulla panchina della Roma?
Assolutamente si, il parallelismo è sacrosanto. Il regista è quello che decide tutto, ed è molto più difficile per un regista, ci sono tante cose che non si possono prevedere, mentre un allenatore ha un controllo molto maggiore sulla squadra. Sul set il regista deve riuscire a condensare le prestazioni degli attori durante le poche ore di riprese, quindi c’è un lavoro di concentrazione che differisce dall’aspetto sportivo. L’allenatore a cui sono più legato in assoluto rimane ancora Nils Liedholm, sono legato alla Roma di quegli anni, non me ne vogliano quelli che si sono susseguiti, ma sono tifoso della Roma per quella Roma lì, che nessun’altra è riuscita a sostituire nel mio cuore.

C’è un aneddoto particolare che ti lega alla Roma, e cosa ne pensi della Roma attuale?
Un episodio risale a quando ero piccolo, era un altro calcio, c’era più ingenuità, c’erano uomini e non supereroi o macchiette come oggi. Mi ricordo che c’era un rituale per vedere la partita in tv o allo stadio. Mi ricordo soprattutto le coppe, le vedevo su una piccola tv ed era un modo per stare insieme a mio padre e i suoi amici. La Roma di quest’anno, poi, non mi dispiace per niente. Per me è stato fatto un grandissimo lavoro dopo quello che è successo negli ultimi due anni, con gli addii di Totti e De Rossi. Rimettere in piedi una squadra da capo è stata veramente un’impresa, io non mi aspettavo risultati così buoni. Poi noi ci lamentiamo sempre, come piazza, che è la più difficile del mondo, che la Roma vinca lo scudetto, ci infiammiamo e ci deprimiamo ma io ero rimasto molto colpito dal lavoro di allenatori e giocatori. Poi le questioni societarie non fanno altro che aumentare le difficoltà di un progetto che stava iniziando a prendere forma.


Qual è il capitano della Roma a cui ti senti più legato?
Il mio capitano è Agostino Di Bartolomei. Chiaramente Totti è la Roma, ma personalmente sono legato a quell’umanità, a quel cuore, a quella professionalità, a quel modo di fare molto silenzioso, umile e pratico di quei giocatori. Totti è la più grande bandiera che Roma ha avuto e avrà, e nessuno ce lo toglierà, ma anche per indole, se penso a Di Bartolomei, Chierico, Maldera, Tancredi, Pruzzo, Conti, parlo di uomini e calciatori che rispecchiano molto di più ciò che sono, forse perché mi legano a una fase della vita molto diversa, più semplice e lontana rispetto a quello che è oggi.

Un calciatore che ti piace e che vorresti alla Roma?
Una domanda che mi fa arrabbiare, penso che siamo stati la società che negli ultimi anni ha ceduto i più grandi giocatori del mondo. Alisson, Salah, Pjanic, gente che sta facendo la differenza in tutta Europa. Poi chiaramente ci saranno state motivazioni economiche dietro, ma quando hai un grande talento devi valorizzarlo costruendogli una grande squadra intorno, o comunque facendo i salti mortali per tenerlo. Se cedi tutta quella gente in 4-5 anni vuol dire che non hai un progetto, forse da direttore sportivo dell’epoca sarei stato più attento a queste cose.

Oggi è l’anniversario del 2-2 contro la Juventus dell’anno dello scudetto. Hai ricordi legati a quella partita?
Non me la ricordo in particolare, ma ricordo che ero fomentatissimo. Soprattutto quell’anno, era un anno magico, c’era pure un grande allenatore come Capello, che negli ultimi anni si è un po’ defilato ma mi sembra anche molto a suo agio nella parte di commentatore, a differenza di altri.

C’è un giocatore della rosa attuale che ti piace più degli altri?
A me piace molto Gianluca Mancini, ma ce ne stanno tanti, secondo me è una squadra che ha tante possibilità. Comunque mi piace anche tanto Pastore. Non sono tanto abbastanza nella questione per quanto riguarda gli infortuni, ma quando riesce a stare su…

La Roma si è distinta molto per le iniziative benefiche e continua a farne. Ti sei sentito orgoglioso di questo, da tifoso?
Si, io penso che sia una cosa che tutte le squadre di calcio debbano fare, anche per le possibilità economiche che hanno rispetto ad altre realtà. Più che orgoglioso sono felicissimo, e devo dire che anche Francesco Totti è un esempio sotto questo profilo.

C’è un film legato al calcio che ti piace e che ricordi con piacere?
Sono tanti, forse quello che rappresenta meglio il sogno secondo me è “Fuga per la vittoria”, con Stallone, Pelé e molti altri calciatori. Poi uno che mi fa molto ridere è il mitico “L’allenatore nel pallone”, in cui ci sono anche tanti giocatori della Roma dell’epoca.

Una domanda curiosa di un ascoltatore, che non c’entra niente col calcio. Hai mai riconquistato una tua ex? Funziona irrompere nella sua vita come hai fatto con Roberta in Romanzo?
Assolutamente no, se è finita un motivo ci sarà. Le ex sono ex. Le minestre riscaldate non funzionano mai
(ride, ndr).

Che ne pensi dell’eventuale ripresa della Serie A?
Discorso complicatissimo, tutta l’industria del calcio preme ovviamente per ricominciare il prima possibile, ma secondo me sarebbe grande segnale se loro aspettassero ancora, perché ci sono tante categorie che stanno peggio. In un mondo ideale, per me, dovrebbero fare finta che quest’anno non ci sia stato e darsi appuntamento al prossimo. Un po’ perché in questo momento c’è molta confusione sui protocolli di sicurezza in tutti settori, compreso il cinema, in cui non si sa nulla. Ricominciare il campionato con le partite trasmesse in tv potrebbe aiutare a tenere la gente in casa per i motivi che sappiamo, ma io penso che lo stop potrebbe dare un segnale forte in questo periodo. Poi mi rendo conto che le esigenze economiche prevarranno sulle questioni etiche.

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Written by Veronica Sgaramella

Nata a Roma nel Luglio 1990, laureata in Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione presso La Sapienza. Coordinatrice, redattrice e inviata di Yepper Magazine, precedentemente redattrice per Vocegiallorossa, poi collaboratrice e speaker @ 1927 On Air - la storia continua, in onda su Centro Suono Sport. Opinionista periodica sportiva a Gold TV. Ora co-conduttrice di Frequenze Giallorosse (ReteneTVision). SocialMente attiva, amo leggere, viaggiare e immortalare attimi.

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