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Guardia di Finanza: a Bologna, scoperto un giro di false fatturazioni per oltre 90 milioni di euro con oltre 200 lavoratori irregolarmente assunti. Denunciate 26 persone

BOLOGNA. Ventisei persone denunciate per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (importo totale superiore ai 90 milioni di euro), indebita compensazione con crediti inesistenti, somministrazione fraudolenta di manodopera per mezzo della fittizia assunzione e conseguente impiego di oltre 200 lavoratori irregolari nell’ambito di appalti di servizi, a cui si aggiungono oltre 3 milioni di euro in contributi previdenziali evasi ed un’evasione dell’IVA che supera i 20 milioni di euro.

Ispettori della GDF di Bologna durante le indagini

Sono questi i dati salienti di un’importante attività anti-evasione conclusa dai finanzieri del Comando provinciale di Bologna, a seguito della quale è stata scoperta l’esistenza di una vasta e molto ben congeniata frode ai danni delle casse dello Stato messa in atto da tre soggetti (tutti domiciliati nella provincia di Milano) tra i quali figura anche un professionista che opera nel settore delle consulenze lavoristiche, amministrative e fiscali.

Il sistema scoperto dalle fiamme gialle bolognesi ruotava infatti sulla totale evasione degli obblighi di imposta sul valore aggiunto (IVA), ma anche sull’omesso versamento contributi previdenziali e assistenziali.

Gravi illeciti che i principali indagati riuscivano a perpetrare avvalendosi non solo di falsi modelli di versamento, ma anche della sistematica compensazione degli ingenti debiti tributari accumulati con crediti d’imposta inesistenti che venivano artificiosamente costituiti presso lo studio del citato professionista, all’interno del quale veniva praticata una vera e propria “ingegneria” dell’evasione fiscale.

Nella fase iniziale delle indagini, gli investigatori della GDF avevano dapprima accentrato le loro attenzioni verso una società felsinea da loro stessi individuata, amministrata questa da un prestanome (risultato essere nullatenente).

Una compagine commerciale apparentemente in regola ma che emetteva false fatture per milioni di euro, formalmente motivate da operazioni di compravendita del rame. Uno stratagemma alquanto “classico” di queste attività criminose, ma che consente alla clientela compiacente di evadere l’IVA anche per considerevoli importi, a tutto danno della concorrenza che lavora nel rispetto delle regole oltre che delle casse dello Stato.

La società in questione – benché sprovvista d’una reale struttura organizzativa e gestionale – aveva nel tempo creato il proprio “business” nella gestione di appalti privati, sottoscrivendo contratti da importi milionari nonché andando ad assumere 212 lavoratori da impiegare nei servizi di manodopera.

Per dare una rassicurante schermatura ad un’attività che di lecito aveva ben poco, ma soprattutto per rassicurare i committenti circa il regolare assolvimento dei propri obblighi fiscali, la società al centro della vicenda si premuniva di inviargli modelli di versamento “F24” attestanti gli avvenuti pagamenti di tutte le imposte; pagamenti in realtà mai avvenuti poiché la documentazione fiscale in parola (abilmente creata con programmi informatici) è risultata completamente artefatta.

Per gli inquirenti il sistema messo a punto dagli indagati – durato oltre due anni – avrebbe consentito di non versare all’Erario cifre plurimilionarie nonché i previsti contributi previdenziali in favore degli ignari dipendenti.

Gli accertamenti fiscali – effettuati in collaborazione con l’Ispettorato del Lavoro di Bologna – hanno inoltre permesso di accertare la natura illecita degli appalti stipulati dalla stesa società, dunque di ritenere illecita la relativa somministrazione di manodopera.

Le persone individuate come gli artefici del complesso sistema di frode sono state pertanto segnalate alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna e dovranno ora rispondere di plurimi reati tributari, di somministrazione fraudolenta di manodopera, nonché per riciclaggio di danaro mediante trasferimenti finanziari da e verso l’estero.

Resta in ogni caso inteso che gli addebiti penali mossi in capo a tutte le persone coinvolte nell’indagine debbano ancora essere compiutamente accertati, pertanto, nel rispetto della presunzione d’innocenza costituzionalmente garantita, le responsabilità per i reati ascrittigli non potranno essere dichiarate prima di un’intervenuta e irrevocabile sentenza di condanna.

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