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Guardia di Finanza: Agrigento, frode nella gestione delle strutture di accoglienza per migranti richiedenti asilo. Denunciati 6 responsabili e sequestrati beni per 1.300.000 euro

Di Mariateresa Levi

Agrigento. Misure coercitive e sequestro di beni per 1.300.000 euro, questo è quanto ha disposto il GIP del Tribunale di Agrigento nei confronti di sei persone indagate per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di diverse truffe ai danni dello Stato e che, nel caso specifico, venivano realizzate attraverso la gestione di un’associazione la quale, con la compartecipazione di numerosi Comuni della provincia agrigentina estranei al disegno criminoso rivelato dalle indagini, si occupa dell’accoglienza di immigrati extracomunitari richiedenti asilo.

Non è questo il primo caso in cui la Guardia di Finanza si trova ad intervenire su gestioni truffaldine perpetrate dietro lo schermo di queste strutture di sostegno, e l’illecito si è stavolta verificato a Favara (AG) cittadina dove opera l’associazione di promozione sociale finita nell’inchiesta che la Procura della Repubblica di Agrigento ha affidato ai finanzieri del locale Comando Provinciale.

Sono stati proprio gli investigatori delle fiamme gialle a scoprire come – nel milione e 300mila euro di finanziamenti pubblici ottenuti per le rette di accoglienza – gli indagati avessero messo in piedi un sistema frodatorio basato su spese mai sostenute ed illecitamente fatturate agli Enti preposti all’erogazione dei contributi, nonché sulle fittizie presenze di migranti all’interno delle varie strutture di accoglienza gestite dall’associazione.

Stemma Comando Regionale Sicilia – GDF

Secondo quanto dimostrato nel corso delle indagini, i responsabili della stessa associazione – nel corso di diversi anni – avevano sistematicamente compilato, sottoscritto e presentato false documentazioni relative alle presenze di persone richiedenti asilo, con annesse false rendicontazioni di spese gonfiate “ad hoc”, omettendo inoltre di comunicare i migranti che nel frattempo non risiedevano più presso le strutture associative, il tutto chiaramente finalizzato ad intascare quanto più denaro possibile a spese della comunità.

I citati provvedimenti cautelari emessi dall’Autorità Giudiziaria sono stati richiesti al fine di impedire ulteriori condotte truffaldine da parte degli indagati, per i quali è stata altresì disposta l’inibizione a contrattare con la Pubblica Amministrazione oltre all’obbligo di presentazione presso gli Uffici di P.G.

I beni finiti sotto sequestro, tra i quali compaiono decine di conti correnti e rapporti bancari riconducibili agli indagati, otto immobili e due lussuose ville, oltre ad altri beni mobili, rappresentano il profitto del reato ottenuto dai responsabili attraverso le loro ripetute condotte criminose e che, in caso di condanna definitiva, saranno acquisti al patrimonio dello Stato per compensare il danno economico sin qui patito dall’Erario.

 

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