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Guardia di Finanza: eseguito a Catania un sequestro da 98 milioni di euro nei confronti di due imprenditori contigui al clan mafioso degli Scalisi

CATANIA. Ammonta a circa 98 milioni di euro il valore dei beni sequestrati oggi dai finanzieri del Comando Provinciale di Catania, con il supporto del Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata (SCICO) e con la collaborazione dei Comandi Provinciali di Mantova, Milano, Monza, Roma e Verona, nei confronti di due imprenditori – rispettivamente padre e figlio – ritenuti “socialmente pericolosi” in quanto contigui al clan Scalisi di Adrano (Catania), articolazione locale della nota famiglia mafiosa dei Laudani.

Il pesante provvedimento giudiziario, rientrante a pieno titolo nella materia dei sequestri antimafia, è stato emesso dal Tribunale etneo sulla scorta degli elementi probatori emersi a seguito delle operazioni “FOLLOW THE MONEY” e “BLACK BLEND”, entrambi condotte dai militari del Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF) di Catania.

Sequestro immobile di pregio

Proprio a seguito della prima operazione i due imprenditori (già tratti in arresto nel 2021) erano stati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché accusati di aver sistematicamente favorito il clan “Scalisi” fornendogli disponibilità finanziarie utili alla realizzazione dei loro business criminali, un “supporto” in cambio del quale avrebbero ricevuto protezione e agevolazione nell’espansione delle proprie attività imprenditoriali.

Una “mutua assistenza” dunque, per effetto della quale i due imprenditori in questione – inizialmente operanti nel settore della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano (Catania) – avrebbero progressivamente allargato il campo dei loro affari illeciti in altre aree del territorio nazionale, andando peraltro ad investire nel ricco settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi.

L’ampliamento delle attività ottenuto in tal modo, peraltro confermato dalla successiva operazione delle fiamme gialle catanesi, aveva dunque convinto la competente Autorità Giudiziaria ad emettere un decreto di sequestro preventivo delle società e disponibilità a riconducibili ai medesimi imprenditori, in quanto ritenuti responsabili dei reati di omessa e infedele dichiarazione dei redditi nonché di sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici.

Sempre stando a quanto dimostrato dagli investigatori, gli stessi imprenditori sarebbero inoltre stati i promotori e gli organizzatori di un gruppo criminale dedito all’illecita introduzione nel territorio dello Stato di ingenti quantitativi di prodotti energetici provenienti dall’estero (formalmente indirizzati a due depositi siti in provincia di Verona e Catania ma di fatto destinati ad altri depositi gestiti dagli indagati), nonché alla successiva cessione dei citati carburanti a favore di imprese di autotrasporto e distributori stradali operanti in territorio siculo.

Autopattuglie della GDF catanese

La competitività dei prezzi praticati, dovuta anche alle citate pratiche truffaldine, sarebbe inoltre stata assicurata dalla sistematica evasione – per decine di milioni di euro – delle imposte dovute sui prodotti energetici, in particolare dell’IVA, ricorrendo all’omissione oppure alla presentazione di dichiarazioni fiscali infedeli.

In base a tutto ciò la pericolosità sociale dei due è stata dunque delineata per intero, per questo si è proceduto all’esecuzione di specifici approfondimenti mirati a verificare la presenza delle condizioni previste dal Codice delle leggi antimafia; approfondimenti che il Nucleo PEF di Catania ha svolto in maniera capillare individuando beni e disponibilità direttamente o indirettamente riconducibili ai proposti (attività commerciali, società, fabbricati e terreni, denaro contante nonché gioielli e preziosi) per il suddetto valore che sfiora i 98 milioni di euro ritenuti frutto o reimpiego dei proventi illecitamente accumulati.

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