Arrivano le prime foto della mostra I Peccati dello scultore fiammingo Johan Creten che inaugurerà a Villa Medici il prossimo 26 marzo e che rimarrà in allestimento sino al prossimo giugno 2020.
Un insieme di 50 opere in bronzo ceramica e resina che dialogheranno con alcune opere storiche di artisti e incisori come Luca Van Leyden, Hans Baldung, Jacques Callot e Barthel Beham.
Il peccato non sarà poi in fondo la forma stanca della purezza? Non indica forse la nostra condizione di uomini estremamente fallibili? Il peccato non è forse, per riprendere le parole di Victor Hugo, una meravigliosa gravitazione?
Colin Lemoine, storico dell’arte
In occasione della mostra sarà realizzato un catalogo con testi di Colin Lemoine e Nicolas Bourriaud, accompagnati dalle fotografie di Gerrit Schreurs.
Johan Creten scultore fiammingo originario di Sint-Truiden, si forma alle Accademie di Gant e Parigi. Durante il soggiorno nella capitale francese, dove studia come pittore, scopre la ceramica e ne fa il proprio mezzo di espressione artistica. Il lavoro di Creten è stato strumentale nell’innalzare la ceramica ai livelli più alti dell’arte.
Questo secondo alcuni studiosi e secondo il Direttore della fabbrica di porcellana di Sèvres lo rende, assieme a Thomas Schütte e Lucio Fontana, uno dei precursori dell’uso della ceramica nell’arte contemporanea. Nel panorama concettuale e minimalista degli anni ’80 infatti, la creta era considerata un materiale più umile. Creten la vede, invece, come la terra madre che lega il sacro al profano e da questo incontro nascono nuove forme d’arte. I suoi lavori, spesso inquietanti a causa delle loro forme difficili e contorte, esplorano temi quali la sessualità, l’ingiustizia sociale e la condizione di estraneità, servendosi della bellezza come di un rigenerante, capace di significare le questioni più difficili della nostra esistenza.
Creten continua sperimentare, inserendo la ceramica all’interno di dipinti, utilizzando nuovi smalti e materiali, come ad esempio il bronzo, ma soprattutto lasciandosi ispirare sia dall’eredità culturale delle native Fiandre che dalle varie esperienze raccolte nel mondo. Creten considera infatti questa sua estrema
mobilità un pilastro della propria pratica artistica: uno strumento che gli permette di parlare delle difficoltà del mondo contemporaneo.
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