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G7: un breve excursus sulle iniziative lanciate riguardo a Ucraina, Medio Oriente, Cina e Africa

Di Fabrizio Scarinci

FASANO (BRINDISI). Come ampiamente previsto, al G7 di Fasano la maggior parte dei riflettori si sono accesi sulle tematiche connesse al conflitto ucraino, a quello mediorientale, alla sempre maggiore assertività della Cina con riferimento alla regione dell’Indopacifico e al rapporto tra Occidente e continente africano; tema, quest’ultimo, notoriamente caro al governo italiano.

Il logo del G7 di quest’anno

Entrando più nel dettaglio, tra le decisioni più significative prese durante il summit, vi è, senz’altro, quella di elargire a Kiev un ulteriore prestito da 50 miliardi di dollari utilizzando denaro “russo”.

Stando a quanto si è avuto modo di apprendere, infatti, il prestito, che dovrebbe essere effettuato dai Paesi del G7 con delle quote verosimilmente basate sulla grandezza delle loro rispettive economie, verrebbe restituito mediante l’utilizzo degli interessi generati dagli asset russi congelati dall’Occidente.

Derivanti soprattutto dalle vendite di gas e petrolio effettuate negli scorsi decenni, tali asset, come spiegato al New York Times dal segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen, sarebbero in grado di generare diversi miliardi di dollari di entrate ogni anno, su cui, alla luce dell’attuale situazione, la Russia non avrebbe più alcun diritto legale pur essendo ancora ufficialmente proprietaria dei conti.

Il segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen

Inutile dire quanto questa mossa abbia scatenato la furia del Cremlino, dove essa è stata rapidamente bollata come un vero e proprio furto da non lasciare impunito.

Tra le voci di Mosca che si sarebbero fatte sentire di più nel corso degli ultimi giorni vi sarebbe, in particolare, quella della portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, secondo cui tale iniziativa (a suo parere del tutto illegale) rischierebbe di provocare uno sbilanciamento del sistema finanziario globale e devastanti crisi economiche.

Di segno decisamente opposto è stata, invece, le reazione del Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, che ha dichiarato di considerare in maniera molto positiva la decisione presa dal G7.

Nel contesto del summit pugliese, l’Amministrazione Biden ha anche cercato di rafforzare, in questo caso con dubbi risultati, la propria partnership con Kiev attraverso un accordo decennale in materia di sicurezza.

Il Presidente statunitense Joe Biden

Il governo ucraino, che durante il summit ha siglato un accordo molto simile anche con il Giappone, ha in realtà avuto modo, nel corso degli ultimi due anni, di stipulare trattati dello stesso tipo con circa una quindicina di Paesi, tra cui la stessa Italia.

Certo, almeno in teoria, il fatto che ora esista un accordo anche con gli USA dovrebbe fornire a Kiev maggiori garanzie sul suo futuro nel contesto euroatlantico.

Tuttavia, analizzando più da vicino i termini dell’intesa, ci si può facilmente rendere conto di come essa, similmente a quelle siglate tra Kiev e gli altri Paesi, non sia altro che un generico impegno politico a fornire per dieci anni armi, intelligence e altre forme di supporto in campo militare.

Un impegno che, tra l’altro, non affatto scontato che duri nel tempo, anche perché, non essendo prevista la ratifica da parte del Senato, il prossimo Presidente (che, come tutti sanno, potrebbe essere di nuovo Donald Trump) potrebbe ritirarsi dall’accordo in soli sei mesi mediante una semplice comunicazione diplomatica.

Tale mossa dovrebbe, quindi, essere vista soprattutto come un segnale (anch’esso piuttosto generico) all’indirizzo di Mosca sul fatto che gli USA non intendano abbandonare Kiev, ne accettare (almeno per il momento) una sua eventuale “neutralizzazione”.

Un segnale che difficilmente farà la differenza se non sarà accompagnato da altre misure, ma che, evidentemente, si è comunque ritenuto di dover inviare.

Il tema del conflitto ucraino ha, inoltre, portato il G7 ad affrontare anche le spinose questioni connesse alla competizione sistemica tra Occidente e Cina.

Un reparto di soldati cinesi in parata

I leader dei sette “grandi” hanno, infatti, ufficialmente chiesto a Pechino di esercitare pressioni sulla Russia affinché interrompa la sua aggressione militare, confermando la propria volontà di adottare sanzioni contro tutte le “entità” cinesi impegnate a sostenere materialmente la macchina da guerra di Mosca.

Nel comunicato finale del summit, si è quindi parlato anche dello scacchiere Indopacifico, con il G7 che ha ribadito il proprio sostegno alla stabilità di Taiwan e invocato una “risoluzione pacifica delle questioni relative alle due sponde dello Stretto”.

Anche in ragione di ciò è stata, quindi, confermata l’opposizione alle attività coercitive e intimidatorie condotte della Repubblica Popolare nel Mar Cinese Meridionale.

A livello economico, invece, quantunque i sette abbiano ribadito la propria volontà di costruire relazioni stabili con Pechino, non avrebbero rinunciato a porre l’accento sugli attriti esistenti con Pechino in materia di concorrenza sleale.

Molto trattate durante il summit anche le tematiche inerenti il conflitto mediorientale, riguardo alle quali il G7 sembrerebbe aver raggiunto una posizione unitaria incentrata sul sostegno all’ultima proposta di pace statunitense e, più in generale, al principio dei due popoli-due Stati.

Venendo, infine, al rapporto tra Occidente e Africa, il governo italiano guidato da Giorgia Meloni ha certamente registrato un importante successo nel far inserire il Piano Mattei tra i principali pilastri della strategia del G7 nel continente africano.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo discorso conclusivo

Pur essendo protagonista di una crescita che potrebbe, col tempo, emanciparla dalla povertà, l’Africa è, infatti, oggetto di numerose preoccupazioni da parte europea e non solo.

A suscitare tali preoccupazioni sia i vari problemi connessi al fenomeno migratorio, che in Italia conosciamo fin troppo bene, sia la penetrazione di carattere economico, politico e militare di competitor quali Russia e Cina, che potrebbe, col tempo, costituire una grave minaccia non solo per i nostri interessi ma anche per la nostra sicurezza.

Per tale ragione, come ribadito durante il summit, all’Occidente e ai suoi alleati si impone oggi l’elaborazione di una strategia condivisa e multidimensionale per il continente africano che sia in grado di superare per efficacia quelle messe in campo da Mosca e Pechino.

Un obiettivo certamente non facile, anche considerando il notevole ritardo accumulato, su cui, tuttavia, si sta forse iniziando a lavorare in modo più deciso che in passato.

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