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IL CASO DELLA NAVE “MARE JONIO” : CHI DEVE DIFENDERE LA SOVRANITÀ E IL PRESTIGIO INTERNAZIONALE DELLO STATO?

Di Alexandre Berthier

Lampedusa (Agrigento). Valori come la dignità delle persone e, ancor più, del prestigio internazionale dello Stato vanno difesi ad ogni costo, sempre e comunque. Almeno così sembrerebbe essere stato fino alla caduta del Muro di Berlino. Appare invece oggi irreale, oltre che incomprensibile, che uno Stato, il suo Governo, il suo Parlamento, la sua Magistratura possano accettare passivamente una continuata e gravissima azione di dileggio della sovranità statuale ad opera di pseudo organizzazioni umanitarie che con prepotenza inusitata minacciano e ricattano le autorità preposte alla difesa del nostro Paese!

Non solo, si è giunti addirittura a vedere pezzi dello Stato che si schierano invece dalla parte di chi aggredisce lo Stato, lo minaccia e lo ricatta. Le vicende relative ai tentativi di qualche governo nazionale che tenta invano di opporsi ad una invasione di migranti clandestini – non epocale, ma verosimilmente programmata ed organizzata – appartengono alla cronaca più recente. Siamo arrivati anche a tollerare che qualcuno potesse incriminare un ministro dell’Interno per sequestro di persona di migranti che non avevano alcun titolo per vantare un inesistente diritto allo sbarco, come peraltro dichiarato nella circostanza anche dalla CEDU.

Non si comprende più a questo punto a chi competa difendere la sovranità ed il prestigio internazionale della Repubblica Italiana. A fronte di un ministro dell’Interno che si batte in questa direzione registriamo purtroppo atteggiamenti e prese di posizione assolutamente differenti e spesso equivoci di altre primarie componenti dello Stato.

A nulla rileva il fatto che invece importanti paesi membri dell’Unione Europea difendano la loro sovranità dalla minaccia dell’invasione di migranti clandestini, in modo fermo e irremovibile; così la Francia, la Spagna, l’Austria, l’Olanda, ecc.

È una gravissima colpa quella di una Italia che non afferma con forza il suo diritto a difendere la sua sovranità, provvedendo a tacitare chi la critica senza ragione e dichiarando al contempo con forza e veemenza il suo punto di vista. Siamo di fatto un Paese abituato a subire le opinioni altrui, così come spesso ad esempio subiamo passivamente pressioni indebite di esponenti della Commissione europea o le pronunce della CEDU, dimenticando che tutto ciò che è diritto sovranazionale non ha mai carattere cogente, bensì pattizio. Insomma, dimentichiamo spesso che il diritto internazionale non ci dovrebbe fare troppa paura. Come troppo spesso dimentichiamo che il Governo, i Ministri, gli organi dello Stato hanno dei poteri che devono solo essere esercitati.

Così la Polizia giudiziaria può arrestare in flagranza, nei casi previsti, chi viola la legge senza dover richiedere l’autorizzazione dei magistrati; così il Ministro della Giustizia può intervenire su iniziative di magistrati che “ictu oculi” non appaiono né giustificate né opportune; così il Capo dello Stato può intervenire nei confronti delle cariche costituzionali che assumono posizioni o iniziative che appaiano anche esse “ictu oculi” non “super partes”. L’iniziativa della ONG di Luca Casarini con la sua barca “Mare Jonio” appare, più dei casi analoghi del passato, ancora una volta una provocazione inammissibile, inaccettabile, intollerabile.

La nave Mare Jonio

Cedere a questo ricatto ci renderebbe gli zimbelli del mondo. Una commediola da quattro soldi, evidentemente tesa a far cadere un Governo che osa opporsi – ma solo in parte – alla politica dell’accoglienza incontrollata tanto cara a chi la ha perseguita ed affermata lungamente, nonostante sia invisa alla stragrande maggioranza degli italiani.

La partenza da Palermo, annunciata ai quattro venti con la conclamata volontà di andare a salvare (finti) naufraghi nel Mediterraneo, l’aver impedito ai libici di effettuare il salvataggio di migranti su un gommone, l’aver scelto di dirigersi su Lampedusa, che rientra nella giurisdizione della Procura della Repubblica di Agrigento, il rifiuto di obbedire al divieto di ingresso nelle acque territoriali, esigerebbero una risposta durissima dello Stato nei confronti di un equipaggio sicuramente responsabile, come ipotesi minima, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che in presenza di aggravanti prevede sino a 15 anni di reclusione!!! Quindi competerebbe alla Polizia giudiziaria (in questo caso Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto) procedere in flagranza con l’arresto del comandante e di tutto l’equipaggio e il sequestro dell’imbarcazione nonché procedere nei confronti dei responsabili della ONG richiedendone la custodia cautelare per evitare di reiterare il reato.
Ma uno Stato che in 73 anni di vita repubblicana ha cambiato ben 68 Governi difficilmente sarà in grado di dare un segnale così fermo. Sono già pronti in troppi ad opporsi…
Sono molto lontani i tempi in cui lo Stato era lo Stato, al di sopra di tutto e di tutti. Eppure per difenderne oggi il prestigio non servirebbe mica ricorrere al Generale Fiorenzo Bava Beccaris, basterebbe applicare leggi che sono l’Abc di ogni consesso civile.

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