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Terrorismo islamico, la DIGOS di Torino arresta un italo-marocchino. Faceva propaganda sul Web

Torino. L’operazione della DIGOS di Torino, oggi nel capoluogo piemontese, fatta in collaborazione con il Servizio per il contrasto dell´estremismo e del terrorismo esterno e le Questure di Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggio Emilia, ha portato all’arresto di un marocchino di 23 anni, Elmahdi Halili, naturalizzato italiano, per partecipazione all’ISIS.

Con lui, sono finiti nella rete degli investigatori altri stranieri ed italiani convertiti all’Islam i quali, secondo le indagini, appartenevano agli ambienti dell’estremismo del Nord Italia, i quali erano attivamente impegnati in una campagna di radicalizzazione e di proselitismo condotta soprattutto su Internet. Sono state eseguite perquisizioni domiciliari e personali.

Le indagini sono partite alla fine del 2015. Tre anni fa il giovane aveva patteggiamento con i giudici torinesi due anni di reclusione, con sospensione condizionale della stessa, per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, avendo redatto e pubblicato sul Web alcuni documenti di esaltazione dello Stato Islamico.

Nel corso dell’attività investigativa è stato evidenziato un crescente percorso di radicalizzazione dell’arrestato che, nonostante la condanna, aveva intensificato la sua attività di proselitismo e di indottrinamento attraverso il reperimento, la consultazione su diverse piattaforme multimediali di vario materiale di propaganda ed inneggiante al jihad prodotto dal DAESH.

Gli investigatori hanno sequestrato diversi filmati riproducenti le gesta dei mujaheddin in Siria ed Iraq, le cruente esecuzioni operate nei confronti di civili e militari e le rivendicazioni degli attentati di Parigi e Bruxelles.

Proprio in occasione della diffusione della notizia della morte di Al Adnani (30 agosto 2016), l’uomo aveva creato e pubblicato su una piattaforma social ad accesso pubblico tre playlist con i messaggi più famosi del defunto portavoce dello Stato Islamico, tra cui quello diffuso nel settembre 2014 che impartiva l’ordine di scatenare la campagna del terrore in Europa che ha portato alle stragi compiute a partire dal gennaio 2015.

Halili era pure finito in un’inchiesta della Procura di Brescia e della DIGOS che lo avevano bloccato nel marzo del 2015 dopo che aveva pubblicato in rete un manuale islamico. Aveva patteggiato due anni di pena per apologia del terrorismo. L’inchiesta, denominata Balkan Connection, aveva portato alla scoperta di persone in grado di arruolare soldati per lo Stato islamico. Tra questi anche il foreign fighter bresciano Anas El Abboubi, arrestato, scarcerato dal Tribunale del Riesame e poi andato in Siria a combattere. Quest’ultimo sarebbe morto, ma non ci sono documenti ufficiali.

Inoltre. hanno sempre evidenziato le indagini della Polizia, il giovane per la sua attività di proselitismo traduceva in italiano il materiale jihadista acquisito su Internet in lingua araba o inglese. Grazie all’utilizzo dei social network era poi riuscito ad attrarre nella sua sfera di influenza altri navigatori, in particolare italiani convertiti all’Islam e giovani immigrati di seconda generazione.

L’arrestato aveva avuto anche contatti con due aspiranti foreign fighters arrestati nel 2016 in esecuzione di misure cautelari emesse dall’Autorità giudiziaria di Milano per associazione con finalità di terrorismo.

Nel periodo finale delle indagini, inoltre, le sue attività si erano in particolare focalizzate sulla rivista online Rumiyah, contenente le istruzioni operative per i guerriglieri del Califfato in Occidente su come effettuare attacchi terroristici utilizzando autocarri, autoveicoli o coltelli.

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