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Omicidio del Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega: Procura della Repubblica di Roma e Arma illustrano alla stampa tutte le fasi che hanno portato all’omicidio. La verità sarà stabilita in sede processuale

Di Giusy Criscuolo 

Roma. “E’ caduto un servitore dello Stato è caduto nell’adempimento del suo dovere. Un dovere duro, ma essenziale e determinante per garantire l’esistenza dello Stato, cioè quello di assicurare il rispetto della legge sempre e comunque”.

Il Vice Brigadiere dei Carabinieri, Mario Cerciello Rega ucciso a Roma

Così il Procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino ha espresso, questa mattina aprendo la conferenza stampa nella sede del Comando provinciale di Roma dei Carabinieri, la vicinanza alla famiglia e la viva partecipazione al lutto per l’omicidio del Vice Brigadiere Mario Rega Cerciello.

Un momento della conferenza stampa

“E’ caduto un uomo al quale va la nostra riconoscenza – ha aggiunto – il nostro rispetto e che amava il suo lavoro. Uno dei tanti che in silenzio a prezzo di grandi sacrifici era orgoglioso della divisa che indossava ed entusiasta del lavoro che quotidianamente svolgeva. Quello che rimane è l’esempio che ci deve guidare”.

All’incontro con i giornalisti per spiegare come si sono svolti i fatti che hanno portato al delitto del sottufficiale dell’Arma, in servizio nella Stazione di Piazza Farnese, nella Capitale, oltre al Procuratore Prestipino anche l’altro Procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, il comandante provinciale dei Carabinieri di Roma, Generale di Brigata Francesco Gargaro e il Colonnello Daloia.

Il magistrato ha poi illustrato alla stampa tutte le fasi del terribile fatto di sangue che ha sconvolto tutto il Paese.

“Sin dalle prime ore del delitto – ha detto – si è lavorato senza sosta raggiungendo un importantissimo risultato a meno di 24 ore dalla commissione del fatto. Sin da subito sono state assicurate le tracce del reato, sono state individuate e sentite le persone che avevano notizie utili da riferire. E sono stati individuati gli indiziati che hanno commesso il delitto e sono stati interrogati dai magistrati nel rispetto della legge”.

La Procura della Repubblica, sono ancora parole di Prestipino, ha ritenuto “di avere raccolto un quadro di gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati e nella sussistenza di tutti i presupposti di legge ha disposto il loro fermo. Questo provvedimento è stato poi convalidato dal Giudice delle indagini preliminari competente che ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere per entrambi gli indagati”.

Il Procuratore Aggiunto Prestipino, ha chiarito che in una fase iniziale delle indagini, l’ufficio a cui è a capo, ha fatto la scelta di interrogare gli indagati e di farlo direttamente.

Sono stati interrogati dai magistrati della Procura della Repubblica, dal Procuratore aggiunto e dal sostituto di turno, alla presenza dei difensori e dell’interprete di cui si è resa necessaria la presenza. Il tutto si è svolto previa lettura di tutti gli avvisi di garanzia previsti dalla legge. Gli interrogatori sono stati anche registrati.

Le indagini sono ancora in corso di svolgimento, alcuni aspetti della vicenda dovranno ancora essere approfonditi, ma ad oggi è possibile tracciare le linee di quanto accaduto.

L’intervento del Generale Francesco Gargaro ha cercato di fugare molti dei dubbi che in questi giorni hanno interessato sia la stampa che l’opinione pubblica, dubbi sorti in questi due giorni di indagini.

Queste le parole del comandante provinciale dei Carabinieri della Capitale: “Vorrei esprimere il disappunto e il dispiacere mio e di tutti i Carabinieri di Roma per le ombre e i presunti misteri che sono stati sollevati e diffusi in merito a questa vicenda in questi giorni. Laddove una ricostruzione attenta e scrupolosa che riguarda tutte le fasi che riguardano l’intervento dei Carabinieri ha dimostrato la correttezza e la regolarità di questi interventi.”

Quasi tutti i giorni si verificano, ha aggiunto il Generale, interventi per i cosiddetti “cavalli di ritorno” che possono riguardare, borselli, zaini, autovetture. E tutti gli interventi, ha assicurato Gargaro, vengono adottati nelle stesse modalità e nel rispetto delle regole.

E spiegando perché si fanno questi servizi in borghese il Generale ha detto che si risponde “ad una ricorrente richiesta di sicurezza che arriva dai cittadini del quartiere al pari di altri quartieri. Nei fine settimana si è deciso di adottare dei moduli di intervento collaudati. Sia noi sia le altre Forze di Polizia nei quartieri di Trastevere caratterizzati dalla cosiddetta movida”.

Gli altri giorni, invece, i militari dell’Arma appunto per rispondere a queste esigenze di sicurezza, svolgono servizi sia in divisa sia in borghese, per contrastare ciò che viene lamentato come spaccio di stupefacenti e reati contro il patrimonio.

“In questo contesto – ha proseguito il comandante provinciale – si inquadra il servizio della stazione di Piazza Farnese. Questi servizi non possono sempre essere garantiti dagli stessi reparti, quindi impieghiamo più reparti per lo svolgimento di questa attività”

“Premesso che non è biasimabile – ha proseguito – ma apprezzabile che dei Carabinieri liberi dal servizio si preoccupino di individuare spacciatori nel loro territorio o comunque in territori limitrofi. Uno può essere anche libero dal servizio, ma è comunque un Carabiniere”.

Ed ecco cosa è avvenuto quella notte, secondo quanto spiegato nel corso della conferenza stampa.

I due Carabinieri liberi dal servizio hanno notato dei movimenti sospetti, di una persona di mezza età in bicicletta accompagnato da due ragazzi senza sapere chi fossero. Hanno provato a seguirli, ma a Trastevere, è facile perdere di vista qualcuno, vista l’intricata e fitta rete urbana che la contraddistingue.

Perdendoli di vista, sono arrivati in una strada, dove la loro attenzione è stata rivolta prevalentemente ad una persona china tra due autovetture a raccogliere qualcosa e attorniata da altre persone che sono state avvicinate, successivamente, da altri Carabinieri.

La persona china è stata fermata e gli è stato chiesto cosa possedesse in quel momento e cosa avesse trovato. L’interessato, che poi si è scoperto essere uno dei due ragazzi americani, Christian Gabriel Natale Hjorth, ha dichiarato di avere del Bentalan.

Nel momento in cui il Carabiniere si stava avvicinando per capire cosa realmente stesse accadendo, il ragazzo è fuggito. Hanno provato a rincorrerlo per un certo periodo, ma poi hanno dovuto desistere per la pericolosità di rincorrerlo in mezzo alla strada piena di macchine in movimento.

Si sono quindi spostati in Piazza Mastai dove avevano visto inizialmente i tre. Hanno pensato di trovare la persona che era scappata insieme all’altro ragazzo che era stato visto nella stessa piazza. Nel frattempo hanno chiesto l’intervento della pattuglia della loro stessa stazione con a bordo il Vice Brigadiere Cerciello Rega e il Carabiniere Varriale.

I due, secondo quanto riferitoci, giunti sul posto intorno alle ore 1.10 circa, dopo aver prelevato lo stupefacente hanno identificato (l’identificazione risulta nell’ordine di servizio), Sergio Brugiatelli che si trovava lì. Lo stesso sembrerebbe aver subito denunciato il furto dello zainetto.

Da qui, come avviene per tutti i milioni di casi di furto che accadono ogni giorno è stato indicato a Brugiatelli, di recarsi, il prima possibile, presso una caserma per denunciare il furto subito.

E qui finisce la prima parte dell’intervento.

Secondo la ricostruzione dei fatti, un’ora dopo è arrivata la chiamata al 112 a sua volta girata dal centro unico di risposta. In questa telefonata, Brugiatelli afferma di aver ricevuto una richiesta estorsiva per riavere indietro lo zainetto che gli era stato precedentemente rubato.

L’operatore di centrale durante la chiamata ha chiesto, per scrupolo, se gli estorsori fossero presenti. Alla domanda è seguita una negazione. A questo punto, appurando che la situazione era in sicurezza è stata inviata una pattuglia dei Carabinieri in uniforme. Diversamente, è stato sempre comunicato oggi nel corso dell’incontro con i giornalisti, se ci fosse stata la presenza dei due estorsori, sarebbe intervenuta una pattuglia costituita da militari in abiti civili, per evitare fughe repentine.

Questa pattuglia è intervenuta valutando che effettivamente c’erano stati dei contatti telefonici, attraverso i quali si era fissato un appuntamento. Alla luce di questi nuovi avvicendamenti, la centrale operativa ha ritenuto opportuno inviare una pattuglia in abiti civili.

Cerciello Rega e Varriale risultavano essere i più vicini. Giunti sul posto hanno effettuato un’ulteriore telefonata (che il Vice Brigadiere ha registrato con il suo telefono e acquisita per gli atti) per fissare i dettagli dell’appuntamento (al telefono ha parlato il Brugiatelli).

Ciò fatto si sono spostati insieme all’interessato sul luogo dell’appuntamento, lasciando in situazione protetta lo spacciatore accanto all’autovettura con cui si erano avvicinati al luogo dello “scambio” e si sono diretti verso il luogo dell’incontro.

Giunti all’altezza della farmacia di Via Pietro Cossa, nel quartiere di Prati, si sono imbattuti nei due ragazzi americani, entrambi incappucciati.

Nel momento in cui si sono qualificati come Carabinieri sono stati immediatamente aggrediti dai due. Si è trattato di pochi attimi dove il Carabiniere Varriale è stato sopraffatto e gettato a terra. In quei pochi secondi dalla caduta il Varriale si è girato verso il Brigadiere Cerciello, sentendolo urlare. Ed ha assistito all’immediata fuga dell’altro ragazzo.

Intorno, grazie al tracciamento radio delle macchine, si trovavano 3/4 pattuglie nei paraggi, che non dovevano essere visibili per non pregiudicare l’operazione in atto. Pattuglie che sono poi immediatamente intervenute pochi secondi dopo l’allarme lanciato dal Carabiniere Varriale alla centrale operativa.

Questo il sunto del fatto. Ma seguono alcuni chiarimenti che hanno bisogno di essere sottolineati.

Sempre dalla conferenza stampa è emerso che l’arma in dotazione ai Carabinieri non è stata utilizzata perché non c’è stata la possibilità di utilizzare le armi. Non c’è stato il tempo di reagire.

Lo stesso Carabiniere Varriale che poteva reagire, non poteva sparare ad una persona in fuga, altrimenti avrebbe rischiato di essere indagato anche lui per un reato grave.

La priorità di Varriale è stata quella di soccorrere il collega. Spari in aria a scopo intimidatorio non sono previsti in nessuna normativa. Il Vice Brigadiere è stato preso alla sprovvista, perché non ha visto l’arma.

L’arma di Cerciello Rega è stata trovata all’interno del suo armadietto. “Perché non l’avesse con lui? Lo sa solo lui. Certo è che aveva con se le manette”, ha risposto ai giornalisti il comandante dei Carabinieri di Roma.

Il raffronto delle immagini è stato possibile attraverso le telecamere di Trastevere, sia lungo la via di fuga degli indagati, sia a quelle vicine all’ albergo.

Confrontando queste immagini gli inquirenti sono stati in grado di arrivare all’identificazione dei due ragazzi americani. Ma come detto dal Generale Gargaro “le telecamere di videosorveglianza vicino al luogo in cui si è verificato l’omicidio del Vice Brigadiere non erano funzionati e purtroppo non hanno ripreso la situazione”.

L’arma del delitto fotografata e mostrata ai giornalisti dagli inquirenti

Sulla notizia che è circolata in questi giorni e che  avanzava l’ipotesi della presenza di alcuni maghrebini, Gargaro ha spiegato che  “l’indicazione della loro presenza ci è stata data subito dopo il fatto dal Brugiatelli, il quale ha detto che si trattava di due persone di carnagione scura. Verosimilmente di origine nordafricana o maghrebina. Lo ha detto perché avendo visto che si era creato un caso attorno a questa vicenda, aveva paura a rivelare che conosceva gli stessi autori della rapina”.

Non voleva, insomma, essere associato al fatto.

Sulla fatidica domanda che chiedeva come mai la moglie lo avesse chiamato per dirgli: “Non andare, resta a casa” il Generale ha risposto: “Su quello che ha detto la vedova a noi non risulta nulla”.

Il giovane presunto omicida americano, non chiarisce come mai abbia portato dagli States il coltello che avrebbe ucciso Mario Ciercello Rega. E alla richiesta del perché lo avesse portato con se durante l’incontro fissato, ha risposto che aveva paura che succedesse qualcosa.

Nella domanda di Report Difesa al Procuratore Aggiunto Michele Prestipino su Finnegan Lee Elder, (uno dei due giovani americani che ha dichiarato di essersi difeso perché si è sentito preso alle spalle), abbiamo fatto notare che il giovane non si è “difeso” soltanto con uno due colpi per poi divincolarsi. Infatti secondo l’autopsia sono state inferte 11 coltellate, quindi c’è stato un accanimento. Come è giustificabile questo gesto?

Questa la risposta di Prestipino: “Sarà cura di chiederlo al processo. Possiamo convenire con la sua osservazione, che è un osservazione assolutamente logica”.

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