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Violenza di genere: in un convegno a Roma organizzato dall’A.D.G.I. esaminate le situazioni nei Teatri operativi. Il ruolo delle Forze Armate italiane

Di Flavia De Michetti

Roma (nostro servizio). La violenza e le questioni di genere nei vari conflitti è stato il tema di un convegno, organizzato ieri  a Roma, dall’Associazione Donne Giuriste Italia (A.D.G.I).

Un’immagine del convegno organizzato dall’Associazione Donne Giuriste Italia (A.D.G.I)

Nei vari interventi è stato messo in evidenza l’impegno delle Forze Armate nella prevenzione e nel contrasto al sessismo e alla violenza di genere.

Quando si parla di Forze Armate ci si riferisce automaticamente a un ambiente maschile, che spesso non lascia spazio alla figura muliebre, in alcuni casi soggetta a comportamenti e linguaggi “da caserma”.

Eppure, negli ultimi tempi le cose sono fortemente cambiate, anche se c’è da fare ancora molto lavoro.

Nonostante i numerosi progressi si prevede che solo nel 2030 si avrà una totale inclusione e parità per la donna.

Il 20 ottobre 1999, in Italia (che arriva ultima rispetto agli altri Paesi della NATO) viene approvata la legge delega n. 380, “Per l’istituzione del servizio militare volontario femminile e per garantire pari opportunità tra uomo e donna, in tema di reclutamento, grado, specializzazioni e incarichi nelle Forze armate e nella Guardia di Finanza”.

Una delle donne in divisa impegnate per la sicurezza nelle nostre città (foto d’archivio)

Da quel momento, le cittadine italiane possono finalmente vestire le varie uniformi.

Fu un momento storico di importanza epocale. Da quel punto in poi si lavora anche per far sì che questo diventi normalità, sia in ambito nazionale che nelle Operazioni fuori area, sdoganando lo stereotipo secondo il quale  la forza fisica dell’uomo è l’elemento più importante per essere un buon elemento nelle Forze armate.

Al convegno è intervenuta il Tenente Colonnello Rosa Vinciguerra, capo Sezione “Politiche di genere” dello Stato Maggiore della Difesa (SMD) e gender advisor.

L’intervento del il Tenente Colonnello Rosa Vinciguerra, capo Sezione “Politiche di genere” dello Stato Maggiore della Difesa (SMD)

La Vinciguerra è una di quelle ufficiali entrata, in Forza Armata nel 2000, con il primo bando che usci all’epoca per il reclutamento femminile.

Nel corso del suo intervento, il Tenente Colonnello Vinciguerra ha parlato del ruolo dei Gender advisor impiegati nei Teatri operativi.

Il Gender advisor è il consulente del Comandante che durante lo sviluppo della missione analizza il contesto operativo attraverso la gender analysis, comprendendo le diverse esigenze di sicurezza dell’intera popolazione.

Corso Gender in Kosovo

Consiglia anche, in ogni fase, il modo migliore su come procedere, rispetto alle tematiche di genere.

Durante la sua esperienza il Tenente Colonnello Vinciguerra non ha incontrato particolari difficoltà nel suo ruolo di gender advisor, né in generale nelle sue operazioni.

Questo grazie alla preparazione nelle rispettive specificità di ogni componente.

La difficoltà risiede piuttosto in una missione di peace keeping.

In questo tipo di missione operano tante componenti, anche civili. E quando questa rete non viene costruita bene potrebbero nascere particolari difficoltà, rispetto all’azione che bisogna sviluppare per raggiungere l’obiettivo del mandato ricevuto.

Ai corsi per diventare gender advisor partecipano soprattutto uomini, caratterizzati da una forte motivazione e coinvolgimento.

Alle quattro Forze Armate viene richiesto di avere un carattere resiliente che  permetta loro di adattarsi ai diversi contesti, essere il più possibile oggettivi nelle analisi e distaccarsi dai pregiudizi, con i quali fondamentalmente viviamo.

Il Tenente Colonnello ha parlato, inoltre, che grazie all’entrata nelle Forze Armate del donne, è migliorata il servizio e l’approccio con il mondo civile.

Inoltre, grazie alle donne in uniforme è stato introdotta una dimensione di parità, di unicità e di esclusività, dal momento in cui esse riescono a raggiungere obiettivi che per altre sono negati o inconcepibili, restituendo una fiducia a quest’ultime nei confronti del loro futuro.

Nel corso del convegno si è parlato, inoltre, dell’importanza della partecipazione delle donne in uniforme nelle numerose missioni di pace.

In molti Teatri operativi, a peggiorare la situazione spesso vengono riportate violenze sulle donne.

Questo è stato il principale punto di riflessione del convegno.

Su questo tema è intervenuta l’avvocatessa Luciana Delfini.

“Negli ultimi anni – ha spiegato – l’intervento delle Nazioni Unite sulle donne è stato molto importante”.

La platea del convegno

Nei Teatri operativi è molto importante la presenza di figure femminili che si prendono cura di altre donne, bambini e anziani. La loro leadership deve assolutamente divenire la normalità.

Incisivo, ma allo stesso tempo commovente, è stato l’intervento dell’ospite presente in sala, l’avvocatessa e attivista afghana Sakinah H., accompagnata da sua figlia e da un interprete.

La legale ha vissuto, in prima persona, le gravi realtà afgane in guerra.

La sua casa è stata colpita da una bomba che fortunatamente non ha mietuto vittime.

Sakinah è stata presa come primo bersaglio dai Talebani in quanto attivista, ma soprattutto in quanto donna.

Donne afghane

Sakinah racconta di aver vissuto la prima epoca in cui i Talebani avevano preso il potere.

Ricorda, non senza turbamento, la cena consumatasi davanti ai suoi occhi di una donna alla quale furono tagliate le mani perché aveva dello smalto sulle unghie.

Quello in cui vivevano gli afgani, ha riportato alla memoria l’avvocatessa, era un vero e proprio Inferno.

Ma quando la popolazione ha sentito che arrivavano gli americani hanno capito che si stava presentando loro una luce che li avrebbe portati fuori dal tunnel,

Grazie alla presenza delle Forze Armate americane, infatti, le donne potevano uscire di casa, esprimersi, studiare.

Anche gli uomini subivano violenze, come il divieto di tagliare la barba.

Anche in Afghanistan erano presenti organizzazioni contro la violenza sulle donne.

Ad Herat (città natale di Sakinah) era stato costruito il primo Centro commerciale per le donne, le stesse che collaboravano con gli americani.

Il rapporto era diventato talmente stretto che i soldati USA partecipavano a cene, pranzi ed ad eventi in generale.

Le donne afgane avevano raggiunto importanti traguardi in tutti i campi.

M, in un battito di ciglia tutto è andato perso.

Sono ripiombate in quell’Inferno, il cui buio le opprime ancora.

Sakinah ha raccontato come quello che riportano i media italiani sia solo l’1% di ciò che realmente accade.

Con la presenza delle Forze armate occidentali era proibito vendere i bambini, costringere al matrimonio una donna.

Il caso delle spose bambine in Afghanistan e Pakistan

Ora tutto è cambiato. I genitori sono costretti a vendere i loro figli per mancanza di cibo.

I Talebani avevano annunciato di garantire l’immunità delle donne e dei cittadini in generale, ma così non è accaduto.

La situazione ha aggiunto Sakinah commossa, è fuori controllo.

Ogni giorno avvengono rastrellamenti casa per casa. E in uno di questi, una sua cara amica è stata portata via e di lei ancora non si hanno notizie e chissà semmai si avranno

L’ambasciatrice Laura Mirachian, nel suo intervento, ha parlato della Bosnia.

Nel 1994, in questo Paese, avvennero numerosi stupri di guerra,.

Un modo per umiliare la donna e cercare di indebolire un intero popolo.

Tutto questo è stato raccontato, alla diplomatica, da componenti di un Movimento denominato “Donne in nero” (questo colore a testimoniare i tanti lutti).

Le violenze non sono risultato di un’organizzazione patriarcale, ma vere e proprie tattiche di guerra.

L’ambasciatore Fabrizio Lobasso ha definito più vigliacco degli stupri di guerra le mine antiuomo.

In Turchia le donne sono ancora oggetto di continui attacchi.

Il Presidente Erdoğan ha denunciato la Convenzione di Istanbul. Per il cui rispetto manifestano le donne turche.

Il Presidente turco Erdogan

Anche in Cina sono nati movimenti di protesta dopo il caso della tennista Peng Shuai.

Stuprata da un alto funzionario del Partito Comunista, l’ex vice premier Zhang Gaoli, dopo averlo accusato è sparita.

Altre proteste si sono avute negli USA. In alcuni Stati, infatti, si stanno riesaminando le leggi sull’aborto.

È importante dunque capire dove si trova il problema, sociale, religioso o politico.

In realtà, non abbiamo ancora una risposta precisa, perché ancora nessuno si è soffermato sull’analisi profonda della situazione.

Nel corso del suo intervento dell’avvocatessa internazionale antiviolenza e consigliere giuridico delle Forze Armate, Cristina Perozzi ha evidenziato come “a cultura umanitaria che diffondiamo per il mondo sia “quella che incide sui territori dove andiamo, così come l’attivista Sakinah ha confermato nei i suoi racconti”.

La Perozzi ha testimoniato come ovunque la presenza delle Forze Armate italiane dia un “quid pluris” diverso rispetto all’apporto che possono dare militari di altri Paesi dal punto di vista di una cultura umanitaria.

Lo Statuto di Roma (firmato nel 1998, entrato in vigore nel 2002) ha sancito la punibilità di crimini come gli stupri di guerra, è intriso della cultura italiana.

Oggi i crimini sono “trasversali”, caratterizzati da una disumanità che toglie la possibilità di incidere da un punto di vista internazionale e penale.

Come sappiamo la Corte Penale Internazionale ha funzione accessoria rispetto ai Tribunali nazionali, tant’è vero che fino ad ora si è occupata prevalentemente di crimini commessi in Africa, perché le strutture dei Paesi africani ancora non erano capaci di sostenere le attività di accertamento giudiziario.

In Africa le donne sono ancora costrette ad una vita molto difficileIn questi conflitti togliere capacità e resilienza alla donna significa fare un “Democidio” (termine coniato dal politologo statunitense Rudolph Joseph Rummel) ed incidere in maniera definitiva sull’equilibrio sociale di una determinata etnia.

Per questo motivo, le donne sono un “target” non solo quando sono adulte colpite ed umiliare dagli stupri di guerra e per funzioni riproduttive  (come nei conflitti degli ann ’90 nei Paesi dell’ex Jugoslavia) ma anche quando sono bambine (reclutate come i loro coetanei maschi per indossare un’uniforme e mandati a combattere, private di un’istruzione scolastica e destinate alla schiavitù sessuale).

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