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La tragedia Germanwings e la paura di volare

Nei giorni che seguirono l’attentato alle Torri Gemelle, una paura prepotentemente si fece virale.
Le immagini del terribile attentato, probabilmente il primo trasmesso ‘live‘ dalle Tv, colpirono la serenità degli inermi spettatori incollati agli schermi. Per giunta l’attacco veniva commesso nel cuore degli Stati Uniti, una solida democrazia occidentale estranea a scenari di terrore o di guerra nelle proprie strade, motivo per cui l’evento aggredendo la nostra quotidianità rendeva vulnerabile ogni singola città.
Le Tv sgomitando furono costrette a trasmettere l’orrore sobbarcandosi da sole tutto l’onere del lavoro, i social network non avevano ancora ricevuto i natali.
La cassa di risonanza mediatica funzionò alla grande, ogni angolo del pianeta fu raggiunto dalla notizia e tutti scoprirono una paura. Una paura collettiva.
Così, dopo l’11 settembre dell’anno 2001, una nuova fobia ha scalato la classifica dei timori collettivi. Ovvero la paura di volare.
Oggi, dopo anni, la tragedia del volo Germanwings ha reso quell’angoscia di nuovo attuale.
Infatti sei italiani su dieci hanno paura di volare, lo rende noto l’Eurodap, Associazione europea disturbi da attacchi di panico, citando un sondaggio online condotto su 800 persone tra i 18 e 65 anni: “Finché i media parleranno dell’Airbus precipitato la paura di volare sarà crescente. Poi si placherà. Il 60% degli italiani, purtroppo anche giovani tra i 18 e i 25 anni, arriva a scegliere la vacanza condizionato dall’ansia. I mezzi di trasporto sono quelli che danno maggiore preoccupazione. L’aereo spaventa più di treno e nave”.
Ci toccherà, dunque, fare i conti con una preoccupazione condizionata da differenti fattori e non soltanto, alla luce di quanto accaduto sulle Alpi francesi, dal timore che il pilota a cui affidiamo il nostro destino sia affetto da potenziali deliri.

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