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Flusso migratorio. Come intervenire operativamente e strategicamente

Il flusso migratorio è un fenomeno le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Per quanto riguarda i flussi attuali, oltre ad una preponderante motivazione economica, si assiste al manifestarsi di un’altra, ancor più drammatica causa, di natura conflittuale (politica, religiosa, etnica) che spesso sfocia in guerre, dal vicino Medio Oriente alla ancor più vicina Africa, solo per citare alcune delle macro aree geograficamente e strategicamente di nostro interesse.

L’atteggiamento statale in Europa nei confronti di questi flussi ha avuto dinamiche/atteggiamenti differenti negli ultimi 50 anni. Agli inizi degli anni 60, grazie alla espansione economica/industriale, questi movimenti costituivano linfa vitale per le industrie del centro-nord Europa e lo spostamento avveniva in una cornice di “legalità”. La crisi economica e l’elevata disoccupazione degli ultimi 10 anni che attanaglia non pochi paesi europei, tra cui l’Italia, ha trasformato questi movimenti, ritenuti in passato più o meno regolari, in spostamenti di masse del tutto incontrollati e per lo più irregolari/clandestini/illegali.

Quello che sta avvenendo, se non disciplinato in tempi ragionevoli, rischia di minare la nostra cultura civica, le nostre millenarie tradizioni e, più in generale, la sicurezza del nostro Paese. Altro rischio è quello di creare una nuova forma di schiavitù e di manodopera, a bassi costi, per la criminalità organizzata. Così facendo non si aiuta neanche chi scappa dalle guerre e chi ha pieno diritto a trovare accoglienza da noi.

La posizione geografica dell’Italia, la storica presenza nel nostro Paese di varie organizzazioni criminali, l’imbarazzante silenzio dell’Unione Europea impongono oggi delle scelte di campo forti/coraggiose da parte dei nostri governanti. Come intervenire?

E’ da premettere che il soccorso delle imbarcazioni in difficoltà che si trovano all’interno delle acque territoriali libiche è di competenza della Guardia Costiera libica, a cui di recente il governo italiano ha anche donato delle navi per potenziare questa specifica attività di ricerca, soccorso e recupero di “naufraghi”. Competenze note anche alla silente UE ed alle tante anime “critiche” nel nostro Paese la cui unica arma che conoscono è quella delle chiacchiere. Nel caso specifico, per essere più chiaro, a tutti coloro che remano contro il nostro Ministro dell’Interno per falso buonismo, per una astratta ideologia o peggio ancora solo per partito preso.

Detto questo, che non è un particolare da poco, ritengo che il flusso migratorio, nel suo complesso e per quanto di nostra (italiana) competenza, può essere disciplinato, a livello operativo, intervenendo su quattro fronti:

  1. lotta senza quartiere agli scafisti, a questi criminali che trafficano esseri umani. Utilizzando droni, incursori, servizi segreti e tanto altro ancora;
  2. chiusura dei porti nazionali alle ONG sino a quando tutte le altre nazioni (a cominciare dai “cugini” francesi) non abbiano aperto i porti loro;
  3. revisione immediata di tutto il sistema di accoglienza/identificazione dei migranti che sbarcano sulle nostre coste. Questi centri di accoglienza devono essere “militarizzati”, gestiti cioè dallo Stato con personale sia militare che civile. In particolare, utilizzando personale militare con alle spalle esperienze in missioni di pace/calamità naturali. Si potrebbe finalmente far ricorso, a costo zero per lo Stato, al personale in ausiliaria o al personale precario delle Forze Armate italiane opportunamente integrato dalle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana e da personale civile in possesso di specifiche qualifiche. Questo assetto, che di militare avrebbe solo l’organizzazione funzionale/operativa, peraltro più volte testato dalle Forze Armate in occasione di calamità naturali e nelle missioni di pace, garantirebbe più efficienza ed efficacia al sistema accoglienza. Renderebbe soprattutto più umana la permanenza dei migranti, spesso abbandonati a loro stessi, creando per quelli regolari le condizioni iniziali (lezioni di lingua italiana, sui costumi e sulle nostre tradizioni) per iniziare sin da subito quel percorso di integrazione nel nostro Paese. Un centro di accoglienza ”militarizzato” avrebbe anche l’effetto, per nulla trascurabile, di deterrenza e di ostacolo al business illegale/criminale che ruota attorno ai migranti. Spero che la parola militarizzare non offenda qualche bel pensante, perché non vuol dire assolutamente creare condizioni di vita di caserma, ma solo dar vita ad un sistema di accoglienza più umano ed efficiente;
  4. massiccia campagna mediatica a cura del governo tesa a spiegare ai cittadini italiani il piano del governo per fronteggiare questa complessa situazione, facendo magari leva sulle TV di Stato. Ugualmente una massiccia campagna mediatica nei paesi di origine dei flussi migratori, dove invece le popolazioni locali ricevono, secondo testimonianze, volantini in cui vengono esortate le partenze verso l’Europa.

Per gestire meglio questa ed eventualmente altre situazioni complesse, sarebbe opportuno per il governo avvalersi di una sua sala/centrale operativa molto snella, interdisciplinare ed interministeriale da realizzare in linea prioritaria presso il palazzo che ospita la Presidenza del Consiglio dei Ministri oppure, a costo zero, avvalersi delle eccellenti strutture già esistenti presso il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile in Roma.

In ogni caso, la gestione dei flussi migratori è una delle sfide più importanti a cui l’Italia dovrà fare fronte.

I pericoli più immediati sono il diffondersi di sentimenti razzisti e xenofobi che puntando il dito contro i problemi dell’ordine pubblico e della disoccupazione, porteranno solo ad una revisione in senso restrittivo delle misure di accoglienza, senza invece porsi, a livello strategico, il problema di come risolvere a monte le cause dell’immigrazione e di come realizzare l’integrazione per chi arriva legalmente in Italia. Per ridurre il flusso a monte è necessario porre in essere un programma condiviso in ambito UE, mirato a sostenere economicamente quei Paesi da cui ha origine il fenomeno migratorio. Ancora più delicato è il tema della integrazione tra migranti e popolo italiano, tema su cui lavorare per evitare nel tempo brutte derive. Il processo di integrazione richiede una organizzazione strutturale ad hoc e si costruisce nel tempo. Ecco perché bisognerebbe iniziare sin da subito, e cioè dall’arrivo dei migranti in Italia, nei centri di accoglienza. Spesso si fa in fretta a dimenticare cosa è successo vicino casa nostra. Allora ci penso io a ricordare i recenti atti di terrorismo che si sono registrati in paesi a noi vicini come la Francia, il Belgio, l’Inghilterra, ed altri ancora, a causa anche di una non solida/completa integrazione tra Paese ospitante ed immigrati, anche da più generazioni. Mai si è voluto seriamente affrontare in Italia ed altrove il problema integrazione, ed intanto gli immigrati continuano ad arrivare.

Ma prima di ogni cosa il flusso va disciplinato e subito.

Gli italiani devono riconoscere il fatto di essere in piena zona immigrazione, al centro di una sfida inevitabile, necessaria ed improrogabile per il bene del Paese.

Bando a falsi moralismi e/o ad inutili forme di buonismo, spesso sterile, senza contenuti. Affinché il fenomeno non si trasformi in una vera emergenza si deve agire e non stare ad aspettare gli eventi. Bene il Ministro Salvini, ma bisogna fare di più. Serve unità nazionale. Bisogna remare tutti dalla stessa parte, dalla parte degli italiani. Ben vengano altre soluzioni, ma basta con le parole al vento, servono solo fatti/azioni concrete, serve amore per il nostro Paese ed umanità per chi legalmente arriva da noi…e cerca asilo politico/protezione. Tutto il resto è pura demagogia.

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Written by Calogero Antonio Iacolino

Laureato presso l’Università di Torino in Scienze Strategiche.
Due Master di secondo livello in studi avanzati sulla sicurezza internazionale ed in scienze strategiche presso le Università di Perugia e Torino.
Frequentato nel 2007-2008 il corso internazionale per dirigenti del settore pubblico (civile e militare) e privato presso l’Istituto Alti Studi della Difesa in Roma.
Esperto nel settore sicurezza, difesa, diritto internazionale, protezione civile, gestione dei Grandi Eventi e delle emergenze e gestione del personale. Ha lavorato in ambiente interministeriale, internazionale e NATO. Al Nord Italia 14 anni, Centro 14 , Sud 8, estero 4 (Libano, Kosovo, Ex Yugoslavia, Albania e Grecia).
Ha operato con/a favore di altre amministrazioni dello Stato (Presidenza della Repubblica e del Consiglio, Ministeri dell’Interno e degli Esteri, Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Prefetture).
Nel 2004/2006 Presidente del Gruppo di Lavoro sul concorso delle Forze Armate italiane alla Sicurezza/Difesa delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Nel 2007, elaborato, per il comparto Difesa, il Piano Antiterrorismo della Prefettura di Roma.
Nel 2008/2011 responsabile delle operazioni presso la NATO.
Nel 2012/2013 è stato nominato Presidente del Gruppo di Lavoro sulla riorganizzazione dell’area territoriale dell’Esercito.
Svolto ruoli di primissimo piano nella gestione a livello centrale delle principali operazioni fuori area in corso negli anni 1998 - 2011 in Albania, Bosnia, Kosovo, Timor Est, Iraq, Afganistan e nei concorsi alle popolazioni colpite da calamità naturali in e fuori Italia.
Ricevute 9 benemerenze e medaglia di bronzo dal Dipartimento Nazionale della Protezione Civile. Due elogi e sette encomi di cui due solenni: nel 2001, per un atto di valore in Albania e nel 2006, per la pianificazione del dispositivo di difesa/sicurezza delle Forze Armate Italiane alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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