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Lettera aperta al Ministro della Difesa

Sig. Ministro, ho seguito con interesse le sue interviste ed i suoi comunicati stampa e mi sento in dovere, da soldato che ha servito per 40 anni il proprio Paese in Patria ed all’estero, di fare alcune osservazioni e darLe anche dei “suggerimenti”. Avrei preferito poterLa incontrare, ma incontrare i vertici della Difesa e più difficile che riuscire ad ottenere un incontro con il Presidente Trump alla Casa Bianca. Vengo al dunque:

1. Ricongiungimento del personale militare con le famiglie di origine: non concordo su questa sua “ventilata” iniziativa. La professione del soldato è atipica (non risponde agli stessi canoni/criteri che regolano le altre professioni) e tale atipicità deve rimanere, compreso il rischio di essere trasferiti lontani dalla propria terra, dai propri affetti. Il ricongiungimento con la famiglia di origine ha senso solo in caso di comprovate problematiche di natura personale e/o familiare, misura di salvaguardia già in essere, peraltro applicata in misura estensiva. Nessuno è obbligato ad intraprendere questa carriera, chi lo fa deve essere altamente motivato, deve sentirsi soldato nel sangue e consapevole dei rischi a cui va incontro, tra cui anche quello della vita oltre ai trasferimenti d’autorità. Ma proprio nella consapevolezza ed accettazione di questi rischi sta l’essenza della vita militare, la sua atipicità. Altrimenti è meglio orientarsi a fare altri mestieri, con tutto il rispetto per gli altri mestieri.

2. Sindacati: non concordo sul dar vita a dei sindacati in divisa. Ci manca solo questo. E’ vero che l’attuale sistema di rappresentanza è inutile, improduttivo e da luogo solo a spreco di tempo e risorse. In verità non ho mai capito perché i vertici militari si siano sempre ostinati a mantenerlo in vita. Va abolito e subito, basterebbe fare un sondaggio tra il personale in servizio per averne conferma. Peggio ancora sarebbe però trasformare le attuali rappresentanze in veri e propri sindacati. Sarebbe un corpo mortale al sistema di comando/controllo su cui si fonda questa affascinante ed atipica professione. La vita militare ha delle dinamiche e dei tempi diversi rispetto al mondo “civile”, poco conosciute, anche per colpa nostra, al di fuori del contesto militare. Nella macchina militare poco si concilia la presenza di possibili elementi di disturbo, come spesso sono i sindacati, soprattutto se politicizzati… Immagini durante la preparazione di una missione/operazione….. , arriva un sindacalista qualsiasi a rivendicare chi sa quali pretese…. e manda in fumo tutto… Assolutamente no, la vita militare si poggia su ordini e disciplina. Questa macchina, che tra i suoi compiti contempla anche gli scontri armati, mal si presta agli inevitabili rallentamenti o disturbi di varia natura prodotti da sindacalisti, anche se in divisa. E poi nel 2018 appare fuori luogo andare a ripescare i sindacati quando nel mondo “civile” si pensa di abolirli, visto i risultati. Salvo che non si studi un modo nuovo e rivoluzionario rispetto al far sindacato oggi. In sintesi, non servono né le rappresentanze attuali, né tantomeno i sindacati come oggi sono concepiti. Sono sufficienti dei buoni comandanti, come nella vita civile basterebbe avere dei bravi dirigenti (selezionati secondo il merito) che abbiano veramente a cuore i propri collaboratori e, pur con mano ferma, che sappiano venire incontro alle loro esigenze. La macchina militare, come il sistema Paese, deve essere snella e trasparente. Per verificare che nei luoghi di lavoro non ci siano delle strane derive, sarebbe sufficiente inviare delle ispezioni da Roma con personale interforze tratto dall’ausiliaria.

3. Riforma pensionistica (progetto di legge dei deputati D’Uva e Molinari): Sig. Ministro credo che fare equità e giustizia sociale sia corretto ed improcrastinabile. Certo fa male sentire dalle stesse voci di chi ci governa, proprio in questi giorni, che sono stati fatti negli anni passati dei veri e propri regali a dei privati da parte dello Stato a danno dei cittadini italiani grazie a concessioni sin troppo benevole. Questo mi rattrista, ma mi fa anche riflettere. Possibile che si facciano accordi con privati o leggi che poi si dimostrano contrari agli interessi del Paese (concessioni varie) o dannose per molti cittadini (esodati). Per questo mi sento autorizzato, come comune cittadino, a dire la mia su questo progetto di legge, prima che sia troppo tardi. Questa proposta di riforma pensionistica, pur nobile e condivisibile nei principi, risulta nella stesura attuale un documento pasticciato nella forma e superficiale nei contenuti. Le leggi sono una cosa seria. Questo progetto presenta già sul nascere, ad un lettore qualsiasi, troppe criticità, anomalie e discriminazioni. Merita Sig. Ministro un serio approfondimento nelle sedi opportune, a cominciare dalle stanze del Dicastero della Difesa ed a salire nei tavoli di governo. Bisogna evitare che essa produca effetti discriminatori e più danni a cascata di quanti già oggi si possa prevedere. Questa proposta colpisce soprattutto le forze di polizia ed i militari che, come noto, hanno dei limiti d’età imposti dalle leggi dello Stato che, pur contro la loro volontà, li obbliga ad andare in pensione in età inferiore agli anni 67 e quindi soggetti alle penalizzazioni indicate nelle tabelle annesse al progetto in parola.

4. Ritorno alla leva obbligatoria in chiave moderna: questa è invece una mia proposta datata 23 giugno 2018 come da mio articolo pubblicato sulla redazione Yepper. Il sistema attuale di arruolamento presenta delle criticità, a causa di una serie di errori commessi negli anni 90 quando fu deciso dai politici e dai vertici militari di allora di far transitare in contemporanea nel personale effettivo un numero eccessivo di volontari della categoria truppa. Risultato, peraltro già allora prevedibile, che oggi abbiamo troppi militari di truppa “anziani” e non più idonei a svolgere incarichi operativi. A questa criticità c’è da aggiungere la sempre meno richiesta di domande di arruolamento nei volontari di truppa. Per queste ragioni, che non sono un dettaglio da poco, si rende necessario una revisione del sistema di arruolamento. Le strade possono essere tante e diverse dalla mia, ma bisogna individuarle e renderle presto operative. Io suggerisco di dar vita ad un sistema misto fatto da professionisti e leva. I professionisti (lo zoccolo duro. Con numeri ridotti rispetto ad oggi) verrebbero impiegati prioritariamente nelle missioni/operazioni ad alta intensità operativa dove è richiesta grande esperienza ed elevata preparazione professionale. Il personale di leva invece verrebbe impiegato nei restanti compiti che più avanti elenco. La leva, in estrema sintesi, consentirebbe di:

a. educare/formare i nostri giovani (donne ed uomini), riportarli alla realtà, ai valori, al rispetto, al sentimento/orgoglio di essere italiani. Credo che servire il proprio Paese dovrebbe anche essere un dovere ed un diritto di tutti, poveri e ricchi;

b. dare a molti giovani una retribuzione, pur se limitata nel tempo, che potrebbe essere pari al reddito di cittadinanza previsto nel contratto di governo. Per molti di loro significherebbe anche essere attivi ed al servizio del Paese, anziché starsene a casa. Si potrebbe inoltre studiare un modo per consentire a parte di questi giovani di leva di frequentare corsi/stage di formazione in previsione del loro successivo inserimento nel mondo del lavoro e ad altri la frequenza di corsi di orientamento universitario;

c. allargare gli attuali compiti della Difesa al servizio sociale, al controllo del territorio, al controllo dei centri di raccolta immigrati, alla sicurezza degli ospedali (in particolare dei pronto soccorso e delle guardie mediche), delle spiagge, delle scuole, agli interventi nelle calamità naturali o disastri di varia natura (protezione civile) e tantissimo altro ancora;

d. organizzare dei concorsi interni alla categoria volontari di truppa atti a selezionare il personale da inserire nelle varie categorie dei professionisti.

Formare e far crescere i nostri giovani non è mai né tempo né denaro sprecato e come investire in sicurezza, nella istruzione o nella ricerca. La ricaduta positiva si potrà apprezzare solo nel tempo. Oggi la società è in crisi di valori e la leva può essere uno dei volani per riportare un pò tutti al reale.

5. Revisione del sistema di valutazione/avanzamento: questa mia proposta nasce da una mia esperienza personale. Ho infatti sempre detto che non doveva capitare ad altri quello che ho vissuto sulla mia pelle. Il sistema attuale di valutazione/avanzamento è assolutamente superato, per nulla democratico e poco trasparente. Le commissioni di avanzamento hanno potere discrezionale/illimitato. In altre parole, possono fare quello che vogliono senza neanche rispondere degli eventuali errori commessi in sede di valutazione. In sintesi, non è un sistema meritocratico. Anzi è un sistema che rischia, pur se in buona fede, di produrre cordate e favorire gli amici. Bisogna intervenire e riformare in toto il sistema di valutazione/avanzamento, in particolare nei gradi di vertice, inserendo tra le novità, a garanzia della trasparenza, anche dei membri esterni al comparto Difesa tra i componenti della commissione di avanzamento;

6. Forze Armate europee: questo punto, in verità, più che una proposta è un “richiamo” da veicolare all’UE. Si dia realmente vita a delle Forze Armate europee condivise. Una Europa unita passa anche da una Difesa condivisa, sempre che si voglia continuare a stare dentro l’UE, oggi sempre più un corpo senza anima. Da tempo questa condivisione di forze è solo un progetto in fase embrionale. Si fanno solo tanti proclami, si sentono tante chiacchiere e si assiste a tanti inutili incontri con spreco di tempo e denaro. In sintesi, bisogna sollecitare i paesi europei a creare un pacchetto di forze di livello ordinativo adeguato e prontamente spendibile (almeno a livello Corpo di Armata/Unità complessa) in grado di operare a favore dell’UE, all’interno del territorio europeo, confini ed acque territoriali compresi, con compiti di controllo degli immigrati, traffico di droga, armi, esseri umani ed altro ancora.

Credo che su questi temi e più in generale sul futuro delle Forze Armate ci si dovrebbe confrontare coinvolgendo personale in ausiliaria ed anche attori esterni al comparto difesa. Bisogna aprirsi alle sfide dei tempi…ed al confronto.

Il mondo cambia, cambiano le esigenze di un Paese, perché non possono cambiare anche le Forze Armate… Bisogna dar vita a delle Forze Armate a servizio del popolo/della collettività oltre che a difesa del Paese. Che sia ben chiaro, qualsiasi cambiamento non dovrà però mai intaccare quelli che sono i principi su cui da sempre si fondano le Forze Armate: atipicità, spirito di corpo ed assoluta fedeltà alla Patria, valori che sono l’essenza stessa dell’essere soldati sempre a servizio del Paese..

“Una democrazia è tale solo se c’è un sano confronto delle idee, altrimenti è pura demagogia”.

Grazie dell’attenzione…

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Written by Calogero Antonio Iacolino

Laureato presso l’Università di Torino in Scienze Strategiche.
Due Master di secondo livello in studi avanzati sulla sicurezza internazionale ed in scienze strategiche presso le Università di Perugia e Torino.
Frequentato nel 2007-2008 il corso internazionale per dirigenti del settore pubblico (civile e militare) e privato presso l’Istituto Alti Studi della Difesa in Roma.
Esperto nel settore sicurezza, difesa, diritto internazionale, protezione civile, gestione dei Grandi Eventi e delle emergenze e gestione del personale. Ha lavorato in ambiente interministeriale, internazionale e NATO. Al Nord Italia 14 anni, Centro 14 , Sud 8, estero 4 (Libano, Kosovo, Ex Yugoslavia, Albania e Grecia).
Ha operato con/a favore di altre amministrazioni dello Stato (Presidenza della Repubblica e del Consiglio, Ministeri dell’Interno e degli Esteri, Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Prefetture).
Nel 2004/2006 Presidente del Gruppo di Lavoro sul concorso delle Forze Armate italiane alla Sicurezza/Difesa delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Nel 2007, elaborato, per il comparto Difesa, il Piano Antiterrorismo della Prefettura di Roma.
Nel 2008/2011 responsabile delle operazioni presso la NATO.
Nel 2012/2013 è stato nominato Presidente del Gruppo di Lavoro sulla riorganizzazione dell’area territoriale dell’Esercito.
Svolto ruoli di primissimo piano nella gestione a livello centrale delle principali operazioni fuori area in corso negli anni 1998 - 2011 in Albania, Bosnia, Kosovo, Timor Est, Iraq, Afganistan e nei concorsi alle popolazioni colpite da calamità naturali in e fuori Italia.
Ricevute 9 benemerenze e medaglia di bronzo dal Dipartimento Nazionale della Protezione Civile. Due elogi e sette encomi di cui due solenni: nel 2001, per un atto di valore in Albania e nel 2006, per la pianificazione del dispositivo di difesa/sicurezza delle Forze Armate Italiane alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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