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Il fascino dei cattivi: dal piccolo al grande schermo il boom dei villains

Continuavano a chiamarlo Jeeg Robot

Continuavano a chiamarlo Jeeg Robot
Immaginate un film dove non esistono “i buoni”, o meglio sono proprio “i cattivi” ad apparire tali ai nostri occhi. Già prima di Sucide Squad, pellicola americana incentrata appunto sulle gesta di una banda di villains (reclutati da chi molto probabilmente è il vero furfante), si è frequentemente innescato, per qualche complesso meccanismo della psiche umana, un processo che ci porta ad adorare -o quantomeno ammirare- chi “non dovremmo”.
Spesso questo è un aspetto voluto dagli sceneggiatori e dai registi, altre volte invece semplicemente è qualcosa che accade: si finisce per nutrire un sincero interesse per il cattivo e, una volta terminato il film o l’episodio in questione, ci ritroviamo senza nemmeno accorgercene, a fantasticare sul personaggio “meno pulito” e sulle sue discutibili opere. Forse affascinati dalle ragioni che lo portano a compiere tali azioni, ci focalizziamo più su di lui che sulla figura principale, sebbene introdotta molto prima nella narrazione. Quasi ci scordiamo dell’altro: il protagonista in un attimo diventa antagonista.
Suicide Squad

Le serie tv che (ci) dividono

Tra uno dei casi più recenti che mi sovviene alla memoria, potrei citare Negan in The Walking Dead; lui che con la sua Lucille è sbucato in un lampo a prendere a mazzate tutto e tutti. Anche i nostri sentimenti. Eppure, quasi ci passa di mente di scena in scena Rick e il resto del gruppo. Proprio il nostro personaggio principale, l’elemento cardine della serie, viene offuscato da questo sadico sorridente manipolatore. In realtà, in un contesto come quello di The Walking Dead il concetto di buono e cattivo è molto labile, i confini non sono più netti, le regole sono saltate e sovente il buon senso si rivela fatale. Prevale bruscamente lo spirito di sopravvivenza e nulla, o quasi, ha più senso. Basti pensare che gli zombie/vaganti rappresentino a questo punto il male minore.
Rick e Negan
Rispetto a quel meraviglioso mondo verdeggiante di Lost, molte serie tv si sono evolute in una prospettiva che trascura decisamente ciò che è giusto e ciò che non lo è. Gli altri possiamo anche essere noi. Non ci sono più due pedine nelle mani dello sfortunato Locke, né due figure o due persone a rappresentare bene e male. Non c’è il bianco associato alla bontà o il nero di rimando accostato alle tenebre, a ciò che è oscuro. Senza fumo nero o luce candida le cose paradossalmente appaiono ancor più prive di sfumature. Il seppia, il grigio e “ciò che va fatto” padroneggiano sul resto. A dispetto di quello che siamo abituati a credere, a dispetto della nostra educazione e del nostro senso civico.
Non sarà così per tutti, ma quanti di voi si sono ritrovate/i a preferire quel ragazzaccio di Dylan McKay a Brandon-faccia-d’angelo-Walsh? O a tifare per Spike il sanguinario vampiro invece che per il pentito Angel; a sostenere Sawyer (anche in versione James Ford e Jim LaFleur) a dispetto del buon Jack Shepard? O il demone Cole piuttosto dell’angelo bianco Leo di Streghe? Per non parlarle del confronto Ricky Cunningham/Fonzie. Anche Negan è giunto con il suo prorompente carisma ad offuscare Rick, che in effetti possiede a sua volta un discreto livello di azioni discutibili, ma come si diceva prima, si deve considerare il contesto. Il leader dei “Salvatori”, il cui nome è tutto un programma (tanto ingannevole tale da far impallidire Trump, il che non sarebbe necessariamente un male, dato il colorito), ha ottenuto in men che non si dica tantissimi estimatori, quasi al pari del suo rivale più temibile. Molte volte è proprio il carisma che frega. Altre invece, è quel guizzo di bontà intravisto anche nel più perfido dei personaggi. Altre ancora, semplicemente ci piace ciò che ci diverte.
Locke bianco e nero

Dal piccolo al grande schermo

E i cattivi, divertono. Affascinano. Ammaliano. Lo capisce anche Sandy in Grease! Quest’ottica ci consente di tornare al discorso relativo al grande schermo e alla squadra di criminali composta dal sicario con la mira infallibile Deadshot, dal gangster infiammabile El Diablo, dall’ex psichiatra Harley Quinn (letteralmente impazzita per il Joker), dal mercenario Slipknot, dallo svaligiatore Capitan Boomerang e dal metà-uomo metà-alligatore Killer Croc. Un team di supercattivi con in comune un passato criminale e momenti difficili, i quali rappresentano quasi sempre il fattore scatenante che li ha poi portati a intraprendere la strada meno raccomandabile, a discapito della famigerata e straconsigliata retta via.
Sarà che è una scelta ormai troppo mainstream, sarà che gli autori sono molto abili a farci prendere le parti, nostro malgrado, sarà un mix di molteplici fattori, ma parecchi di noi sono qui a stilare una lista immaginaria, più lunga di quanto si credesse, di villains moderni e non da preferire ai buoni. In questi giorni in cui su SkyCinema impazza la Tarantino Mania, per la quale sono molto grata nonostante i dvd in mio possesso, ho potuto constatare gli effetti di una full immersion firmata dal maestro Quentin. I suoi dialoghi, il suo modo di riempire ogni spazio in ogni singola scena, i suoi folli espedienti narrativi e i suoi bizzarri riferimenti visivi e le musiche da lui scelte, fanno sì che non ci importi mai chi sia il buono o chi il cattivo: semplicemente, adoriamo ciò che vediamo. La genialità tarantiniana poi, scontato dirlo, se ne frega della bontà e della cattiveria, anche perché qualsiasi pseudo onesto personaggio da lui esaltato, o prima o dopo si rivela essere un assassino in grado di compiere azioni per le quali, non potrà più rientrare nella categoria degli individui “perbene”.
Personaggi Tarantino

Lo chiamavano Jeeg Robot, lo Zingaro e Sucide Squad

Magari l’errore si trova proprio lì nel voler etichettare o suddividere in categorie le persone e quindi anche i personaggi. Il classico procedimento della fabula con protagonista, sventura, antagonista etc. è ormai superato o ritenuto banale. Soffermiamoci a riflettere circa un prodotto di casa nostra che è riuscito a rompere qualsiasi schema: “Lo chiamavano Jeeg Robot” ha segnato qualcosa di veramente grande e di unico nel nostro “Bel” Paese. Una scommessa nella quale, per fortuna, Gabriele Mainetti ha creduto fino alla fine, convincendo anche i più scettici. Io stessa non sapevo cosa aspettarmi da una pellicola del genere, poiché i preconcetti dominano più di quel che noi stessi vogliamo ammettere. Non è forse vero che “dai, un film di supereroi o simili in Italia non si può sentire, figurati vedere!”? Invece si può, eccome se si può. Tutto scorre che è un piacere per 1 ora e 58 minuti. Claudio Santamaria, svestiti i panni criminali ed eleganti del dandi ha indossato alla perfezione quelli di un disadatto che vive a Tor Bella Monaca e si ritrova con dei super poteri.
Enzo Ceccotti e Lo Zingaro
Enzo Ceccotti li sfrutta per rubare uno sportello bancomat (intero) o assaltare un portavalori, prima di riscoprire alcuni sentimenti più che sopiti. È vero, poi si redime, aiuta il prossimo. Ma arriva a farlo nella maniera più anticonvenzionale possibile, soprattutto per merito di Alessia, ovvero una notevole Ilenia Pastorelli, altra scommessa vinta da Mainetti. Poi c’è ovviamente lui, Luca Marinelli. Fabio, lo Zingaro, un mitomane assetato di fama, che dir si voglia. L’unico capace di autodistruggersi tra una canzone di Anna Oxa e una di Loredana Bertè. Con una vita sociale lievemente più sana e attiva di quella del solitario Ceccotti, lo Zingaro più poliedrico della periferia romana cattura l’attenzione dello spettatore, grazie a Marinelli che, dopo un più che profetico e azzeccato “Non essere cattivo”, buca lo schermo. Se non fosse che sono due personaggi uno più disinserito, atipico e interessante dell’altro, non faticheremmo a schierarci da un’unica parte. Ma entrambi ci conquistano.
Questo forse perché nessuno dei due è prettamente cattivo, né può essere definito completamente buono, nemmeno il nostro strambo eroe. Sono quel che sono. E piacciono. Ma lo Zingaro con la sua performance in paillettes rosse ha una marcia in più: è squilibrato e carismatico al punto giusto da vederlo ben inserito nel contesto di Suicide Squad, proprio come suggerito da questo video di Alessandro Cristanziano e Headshot Studio, “Continuavano a chiamarlo Jeeg Robot” e continua a farci riflettere.
Lo Zingaro non avrebbe neppure nulla da invidiare al Joker di Leto, anzi; sarebbe fantastica una scena con entrambi i villains nella quale, l’ormai disumanizzato Fabio si rivolge al folle “collega” con una magnifica autocitazione: “Co ‘sti poteri se potemo pure divertì insieme. Ma t’o immagini? Du fiji de ‘na super-m******a come noi? E allora sì che se famo rispettà da tutti! Da la gente, da le televisioni, da lo Stato! […] Pensa se je famo scoppia’ quarcosa de speciale, che ne so, tipo er Parlamento o l’Olimpico durante Roma-Lazio! Famo er botto più grosso de tutti i botti, de tutti i bengala, de tutti i derby, de tutta la storia der calcio italiano! E allora sì che ce trasmettono a reti unificate!”. Magari, omettendo la parte relativa al Parlamento e soprattutto, quella inerente al derby: si sa, su certi argomenti non si scherza nella Capitale. E poi, un uomo coi super poteri, sulla quarantina, originario di Porta Metronia già c’è!
Tornando seri, il Joker, che a riprova della teoria più attuale che mai del“fascino dei villains”, ha fatto curiosamente sognare moltissime persone per via del suo amore contorto e morboso con Harley Quinn, dovrà trovare un compromesso o perlomeno un sistema per trattenere le sue risa isteriche: lo Zingaro non è il pagliaccio di nessuno!
Lo Zingaro e Joker

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Written by Veronica Sgaramella

Nata a Roma nel Luglio 1990, laureata in Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione presso La Sapienza. Coordinatrice, redattrice e inviata di Yepper Magazine, precedentemente redattrice per Vocegiallorossa, poi collaboratrice e speaker @ 1927 On Air - la storia continua, in onda su Centro Suono Sport. Opinionista periodica sportiva a Gold TV. Ora co-conduttrice di Frequenze Giallorosse (ReteneTVision). SocialMente attiva, amo leggere, viaggiare e immortalare attimi.

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