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È giusto sospendere un poliziotto per un post Facebook?

Se riusciamo ad accantonare, per un piccolo arco temporale, emotività e proclami da campagna elettorale allora, con razionalità, possiamo porci un quesito: è giusto avviare un procedimento di sospensione di un poliziotto a causa di un post pubblicato sul social network Facebook?
Il poliziotto, in questione, si chiama Fabio Tortosa, non ha commesso alcun reato. Non ha intascato milionarie mazzette per appalti pubblici, non ha riciclato denaro attraverso finte cooperative facendo rientrare dall’estero capitali sporchi, non è un terrorista affiliato ad ISIS che arde vivi giovani cristiani.
Di quale colpa indicibile si sarebbe macchiato, dunque? Ha pubblicato un post sul social network Facebook in cui, in riferimento alle vicende della scuola Diaz avvenute durante il G8 di Genova, ha scritto “Io sono uno degli 80 del VII Nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte“.
Per carità , una precisazione è doverosa, non è mia intenzione in alcun modo sposare teorie giustificazioniste ed occultare la brutalità della “macelleria messicana” per quanto accaduto in quella ‘oscura’ notte alla Diaz, colpe accertate e già punite dalla magistratura. Assolutamente no.
Qui mi chiedo, invece, se sia giusto sospendere un servitore dello Stato soltanto per aver espresso un proprio pensiero. Pensiero per cui, poi, Tortosa si è anche scusato: “alla Diaz c’è stata tortura, ma non da noi del VII nucleo. Da parte di chi c’è stata? Vorrei saperlo anch’io. Con il senno di poi, non riscriverei quel post visto che stupidamente non avevo tenuto conto del fatto che per l’opinione pubblica avrebbe potuto avere un peso eccessivo“.
Ma soltanto qualche mese fa il mondo intero, gli stessi ‘perbenisti‘ che oggi accusano Tortosa, non gridavano a gran voce “Je suis Charlie“? Eppure, scriveva qualcuno, i vignettisti blasfemi avevano offeso l’Islam. Oggi, invece, con un gran balzo alcuni si fiondano nella parte opposta della barricata e così per Tortosa non c’è libertà di espressione.
Così come per il poliziotto Tortosa, destinatario di un’azione disciplinare, non dimentichiamo il celebre scrittore Erri De Luca, rinviato a giudizio per istigazione a delinquere dopo aver pronunciato al giornale Huffington Post le parole “la Tav va sabotata“.
Entrambi autori di una frase di forte impatto mediatico e di grande eco nell’opinione pubblica. Entrambi “puniti” per aver espresso una idea radicata alla propria ideologia, convinzione, pensiero.
La libertà di manifestazione del pensiero, sancita dalla Costituzione che recita “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione“. Quella tanto agognata libertà di espressione spesso viene beffata o utilizzata a proprio uso e consumo, per amici e nemici.
Concludo con un interrogativo: quali provvedimenti dovremmo adottare nei confronti di quei “signori” che gridano, scrivono, urlano “10, 100, 1000 Nassirya”?
Ad voi la risposta!

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