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Mi avete rotto il ca…lcio: fermate la giostra, voglio scendere. Tra divieti e folli decisioni, questo calcio non mi appartiene più.

Mi avete rotto il ca…lcio! Tessera del tifoso, restrizioni fantasiose e chi più ne ha più ne metta. No, mi spiace. Fermate la carovana, stavolta voglio scendere.
Sì, perchè il calcio di oggi non ha più quel sapore romantico della partita di domenica pomeriggio. Del mangiare in fretta e furia perchè lo stadio aspetta. Non ha più quel fascino irresistibile che ti fa contare le ore, i minuti e i secondi che dividono il tuo ritorno su quei “maledetti” gradoni per seguire i tuoi colori. Non è più quella calamita che ti lega indissolubilmente alla tua squadra, tanto da farti macinare chilometri per seguirla in ogni dove.
All’indomani dell’ennesimo divieto cui è stata destinataria la tifoseria biancorossa (nel caso di specie, il diniego del CASMS per la trasferta di Latina), riemergono in un sol colpo tutte le  crepe del “sistema calcio italiano”. Un sistema che, diciamocelo, fa acqua da tutte le parti: La TDT (tessera del tifoso) è sempre più strumento di repressione e non di prevenzione, lo stadio una sempre più lontana e remota chimera, la passione (elemento cardine del calcio) sempre più scucita dai cuori dei tanti supporters.
Che spettacolo è senza la presenza di ambedue le tifoserie? Come si può nutrire il tifoso, se lo si lascia davanti alla tv con la sciarpa al collo, come un leone in gabbia? E che non mi si venga a dire che tutte queste, assurde, restrizioni avvicinano le famiglie e i bambini allo stadio! Non è di certo questo il problema: rendere lo stadio una seconda casa per il tifoso deve essere necessariamente sinonimo di sicurezza. E il tema sicurezza non lo si affronta, di certo, lasciando la “materia prima” a casa. E poi, scherziamo? Sfottò, colore e folklore sono, da sempre, parte integrante del giuoco del calcio e uno dei motivi, se non “il” motivo principale, per il quale tutti, dai più giovani ai più anziani, non riusciremmo a fare a meno.
E invece, no. C’è chi preferisce vedere quegli spalti semi-vuoti. C’è chi preferisce tagliare la testa al toro e consumare un’infinità di inchiostro su carte, che col calcio e lo sport hanno nulla a che fare.
Lo chiamano ordine pubblico, ma è solo confusione intellettuale. La confusione di chi non ha ben capito cosa rappresenti il calcio per noi.
Ma tant’è, tanto non capiranno…

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Written by Alberto Stasi

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